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5 giugno 2021

Santalucia (Anm): "Guardo con grande favore alla riforma Cartabia"

Il presidente dell'Anm intervistato dall’Huffington Post


Giuseppe Santalucia - Presidente ANM

Prescrizione, inappellabilità, Csm. Lunga chiacchierata sulla capacità di autorigenerarsi dopo il crollo della fiducia tra cittadini e magistrati. Referendum radicali-Lega? "Non necessario"


 

di Alessandro De Angelis 


 


Giuseppe Santalucia, presidente dell’Anm. Questa discussione sulla riforma si svolge in un contesto particolare, opposto rispetto all’ultimo ventennio. Dice la Cartabia “Qualcosa si è guastato nel rapporto tra magistratura e popolo, e occorre urgentemente ricostruirlo”. Qualcosa di molto profondo direi.
Sì, concordo sulla diagnosi che ha fatto la ministra. È entrato in crisi il rapporto di fiducia tra magistratura e collettività e va ripristinato in senso forte. Questa è la premessa di ogni ragionamento. E credo che, dopo e anche grazie agli scandali, questa consapevolezza sia assai diffusa all'interno della magistratura; si tratta di un dato positivo. La non sottovalutazione delle difficoltà oggettive per me è la precondizione di ogni ragionamento.

 

Il vostro rapporto di fiducia col paese è crollato: il caso Palamara, la vicenda Davigo sull’affaire Amara… A proposito, ce lo possiamo dire che in merito alla diffusione di verbali secretati sono stati più saggi i giornalisti che lo hanno ricevuto in forma anonima di Davigo?
Guardi, ho una regola a cui mi attengo scrupolosamente: a indagini in corso, non soprappongo le mie opinioni personali. Ci sono quattro procure che stanno svolgendo accertamenti e mi sembra doveroso che siano loro a dirci qualcosa.

 

Davigo è stato il simbolo di una certa idea di giustizia: la presunzione di colpevolezza. Non crede che sia necessaria un’autocritica?
È un po’ una semplificazione, che non rende ragione delle posizioni di Davigo. Però, in termini generali, noi dobbiamo sempre tener presente la forza cogente dei principi costituzionali, e tra questi anche della presunzione di non colpevolezza che  è  cardine del sistema.

 

Lasciamo stare Davigo. Noi siamo tra i primi paesi europei per carcerati non condannati in via definitiva. Ci sono stati 30mila risarcimenti in trent’anni, che fa di media tre al giorno. Si può parlare di abuso dell’istituito?
Sì, c’è stato un uso eccessivo però, al tempo stesso, non va dimenticato che la nostra realtà nazionale è caratterizzata, senza pari in Europa, dalla presenza delle mafie e del crimine organizzato. Il problema va affrontato a monte. Se diamo una risposta in termini di effettiività al principio della  durata ragionevole dei processi, molte disfunzioni processuali verranno meno. Quando i processi durano troppo, istituti che nascono per dare risposte a esigenze contingenti, come appunto quello delle misure cautelari in corso di giudizio, possono subire distorsioni.

 

Per affrontarlo a monte, è giusto anche superare la Bonafede e intervenire sulla prescrizione, o no?
Non c’è dubbio che occorra assicurare una ragionevole durata del processo e garantire il diritto dell’imputato di non essere indefinitamente sottoposto a giudizio;  in tal senso va rivisto l’impianto della legge Bonafede.  La commissione Lattanzi fa due proposte a mio giudizio entrambe meritevoli di discussione. Una è simile alla legge Orlando, l’altra consiste nell’inserire la prescrizione per fasi processuali, intervenendo  cioè sulla tempistica  del processo. Vedremo la ministra quale tra le due soluzioni sceglierà, ma è da condividere la finalità di fondo di entrambe.

 

In questo nuovo contesto, in cui è giusto, da tutte le parti, ammettere anche errori, se la sente di dire che la presunzione di innocenza, in questo paese, si è andata a farsi benedire tra trent’anni? Non pensa che la prima separazione delle carriere da fare, come diceva Violante, tra certe procure e certi giornali?
La presunzione di innocenza va rafforzata. C’è una direttiva europea che richiama tutti gli Stati in tal senso. Da noi è stata messa in discussione, più che dalle indagini, dalla proiezione mediatica dei processi e delle indagini. Il processo ha una sua fisiologia, che non può essere adattata alla rappresentazione mediatica. Ne va rispettata la struttura e la funzione,  senza per ciò ledere il diritto all’informazione, che va esercitato sui processi e sulle indagini.

 

È ancora un tabù per voi la separazione delle carriere?
Resto perplesso per due ragioni. Se si vuole separare il pm dalla giurisdizione, allora va per necessità collocato entro un contesto di responsabilità politica e questo sarebbe un rimedio peggio del male. Non credo si possa pensare ad un pubblico ministero come autorità indipendente fuori dell'alveo dell'ordine giudiziario. Secondo: il pm, inserito come è oggi nell'ordine giudiziario,  beneficia della possibilità di una proficua contaminazione con la cultura della prova e della giurisdizione; allontanarlo  significherebbe accentuarne il carattere investigativo, inquisitoriamente investigativo, e non sarebbe un bene. Il  progetto della separazione corre il rischio dell'eterogenesi dei fini, potendo creare pubblici ministeri eccessivamente forti e meno affidati a una cultura del giudizio e della prova.

 

La propone Salvini, che sostiene i referendum dei radicali. In passato una parte della magistratura più politicizzata l’ha sempre vista come una riforma che realizza “il disegno di Gelli, Craxi, Berlusconi”. Anche in questo caso ci vede un intento punitivo?
Non indago sui moventi, e registro che v'è un dato di emotività nell'approccio al tema della giustizia, forse in ragione dei recenti scandali. I proponenti dicono che sono uno stimolo alle riforme. Per me si tratta di stimoli inutili. Vedo un cantiere molto operoso sulla giustizia su molti temi, e non ravviso la necessità dei referendum nel momento in cui la ministra Cartabia sta dando esempio di solerzia riformista. In questo momento occorre  razionalità riformatrice, proprio perché è necessario ripristinare quel rapporto di fiducia di cui parlavamo. Freddezza e razionalità.

 

Finora, in relazione agli scandali, il Consiglio superiore non ha dato prova tutta questa prova di resipiscenza.
Un po’ sommario il giudizio. So che la disciplinare lavora a spron battuto.

 

Voglio dire, sembra un po’ poco. Quando avevo venti anni i miei coetanei volevano fare i magistrati perché avevano il mito di Di Pietro. Oggi sul libro di Palamara ci fanno un film…. Non pensa che ci sia di più del problema della legge elettorale del Csm? Quell’onnipotenza per cui qualcuno si è sentito legibus solutus, proprio come la politica che poi andò sotto processo?
Certamente quando ci sono problemi di questo tipo c’è sempre una questione culturale al fondo. E le riforme normative non sono una formula magica, capace di risolvere le situazioni dall'oggi al domani. Si è  verificato un  allentamento della tensione etica, a cui bisogna reagire rafforzando la consapevolezza diffusa del ruolo e della  funzione del magistrato nella società. Non possiamo affidarci soltanto alla legge e alle riforme, perché entra in gioco anche un processo di rafforzamento culturale dei profili di etica della professione. Lo so, quando si parla di risposta culturale, di riaffermare l'importanza di una più accentuata  sensibilità verso il modello costituzionale di magistrato sembra che si voglia dare una risposta vuota, una non risposta. E invece, bisogna aver tempo per stabilizzare il necessario cambiamento, aiutati dalla razionalità riformatrice, tenendo a mente che  il corpo intero della magistratura non è malato, la gran parte della magistratura è composta da professionisti che lavorano con serietà e dedizione al servizio.

 

Il problema è il meccanismo che alcuni Torquemada hanno creato. Se quello era il sistema, voi potevate non sapere? Questo è il fusibile. E oggi vi viene detto “con che autorità parlate?”’ voi che, ai tempi di Berlusconi andavate con la toga sulla spalla e la Costituzione sotto il braccio.
Ne usciamo dimostrando che la magistratura è capace di riappropriarsi della tensione etica di cui dicevo e di esercitare, con autorevolezza, quel ruolo di interlocutore avvertito sui temi della giustizia che in una società democratica le appartiene. Veda, io non rimpiango quei tempi della toga sulla spalla, e sono consapevole che correremmo il rischio di non essere compresi . Ma non affiderei il nostro punto di vista, di giuristi pratici che possono offrire un contributo tecnico e di esperienza professionale importante, al gesto simbolico. Ho più fiducia nel confronto razionale che nella suggestione dei simboli.

 

Cosa pensa delle riforme della Cartabia? Se ne può parlare?
Da quel che leggo, su processo civile e penale e sui lavori della commissione Luciani, le linee direttive della riforma sono condivisibili. Poi il dettaglio si vedrà. Ma esprimo un giudizio positivo.

 

Anche sull’inappellabilità delle sentenze di assoluzione, che evoca la riforma Pecorella?
Io attenderei di vedere quali aspetti della commissione Lattanzi saranno  recepiti negli emendamenti. Quello dell’inappellabilità è certo uno dei più innovativi. La mia opinione personale, non come Anm perché ancora non ci siamo confrontati, è che si può discutere anche di questo.  

 

E affidare al parlamento la possibilità di scegliere i criteri di priorità su cui indagare significa ledere il principio dell’obbligatorietà dell’azione legale?
I criteri di priorità sono cosa buona e giusta perché non sono un esercizio di discrezionalità: si procede prima per alcuni reati e dopo per  altri, fermo restando che si procede per tutti perché c’è l’obbligatorietà dell’azione penale. Detto questo, la tempistica dipende dalle risorse degli uffici. In un sistema ideale, con le risorse infinite, perseguiremmo tutti i reati contestualmente. Invece si deve scegliere: più che di esercizio della riserva di legge è un problema di gestione delle risorse.

 

Riforma Csm. L’idea è cambiare il sistema elettorale non introducendo il sorteggio neanche nelle forme temperate. Funziona questa proposta?
A Costituzione invariata è una risposta obbligata. La Costituzione parla di magistrati eletti. E' necessario però mettere a punto  un sistema elettorale che dia maggiore libertà di scelta dell’elettore, che consenta una maggiore offerta di candidature, e che assicuri l'allontanamento dal momento dell'espressione del voto dei  gruppi associativi.

 

Insomma, è la volta buona?
Guardo con grande favore alle riforme messe in campo dal ministro Cartabia, perché credo che possano risolvere  i nodi strutturali. E apprezzo il discorso sul recupero di efficienza del sistema. Condivido che un sistema più efficiente contribuisce ad accrescere la fiducia nell'Istituzione, ma occorre appunto mettere a mano alle riforme realmente utili e non ridurre la discussione, come a volte e in certi contesti accade, a un problema di laboriosità dei magistrati. Su questo piano la magistratura italiana non ha responsabilità, perché è tra le più laboriose d’Europa.

 



 

 



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