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18 giugno 2021

Intervento del segretario Casciaro in memoria di Rosario Livatino


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In ricordo di Rosario Livatino (Aula Magna Corte di Cassazione, 18 giugno 2021)
Intervento del Segretario Generale ANM


Desidero ringraziare la Ministra Cartabia, il Vice Presidente Ermini, il Presidente Curzio e il Procuratore Generale Salvi e i vertici della Cassazione che hanno collaborato con l’ANM alla realizzazione dell’evento, le autorità presenti, gli illustri colleghi e relatori intervenuti oggi in questa Aula Magna per onorare il ricordo del beato Rosario Livatino, della sua testimonianza esemplare e del suo pensiero, quanto mai attuale.


La sua beatificazione interviene in un momento difficile per la magistratura italiana che vive con sofferenza la perdita di credibilità presso un’opinione pubblica che ha guardato con sconcerto alle vicende, alle deviazioni e agli intrighi di cui vi è stata ampia divulgazione sugli organi di stampa. Il mondo della magistratura è apparso non diverso da molti altri: non immune da egoismi e debolezze, e anzi popolato anch’esso da meschinità, opportunismi, bramosie di successo e di potere.


Ecco perché è quanto mai attuale la lezione di questo “giudice ragazzino”, una lezione di umiltà che è insieme consapevolezza della relatività delle cose terrene e della grandezza dei valori che ci innalzano.


L’umiltà -è il suo prezioso insegnamento- non svilisce ma eleva, e perciò dovrebbe essere tratto essenziale di ogni servitore dello Stato, perché chi “possiede questa rara virtù, si pone (come ebbe a dire Livatino parlando ai funerali del collega Elio Cucchiara) ben al di sopra di qualunque interlocutore”.


Cercare di fare il proprio dovere, costi quel che costi, con serietà e competenza, senza tirarsi indietro, questa è in fondo l’essenza della dignità umana.


Lui non arretrò: fu lasciato solo, senza precauzioni, quel 21 settembre 1990, mentre si recava in ufficio percorrendo come ogni giorno la “provinciale dei templi” al volante della sua utilitaria. Braccato lungo una scarpata e assassinato senza pietà.


Un uomo e un giudice giusto, semplice e mite, così viene descritto da chi ebbe la fortuna di conoscerlo e vederlo operare in quegli anni di lotta cruenta tra le fazioni di cosa nostra, perché si può anche in mezzo alle ingiustizie sentirsi giusto, forte e libero, sopportando nobilmente le avversità senza indulgere in lamentele o vani proclami.


Quale è l’eredità di Livatino?


Un monito rivolto alle coscienze dei magistrati di ogni tempo.


“Dare alla legge un’anima” ma non piegare la legge alle proprie convinzioni o ad estranee influenze, essere non operatori di diritto ma di giustizia, “rinunciare a ogni desiderio di incarichi e prebende” e improntare la propria condotta, come egli ebbe a precisare in una conferenza tenuta a Canicattì nel 1984, alla “trasparenza” anche fuori delle mura dell’ufficio, coltivando una “normalità” nelle relazioni personali e un’assoluta indisponibilità a “iniziative e affari consentiti ma rischiosi”.  Pur nel rispetto della “coscienza politica” e dei “modelli ideologici dell’uomo-giudice”, l’esortazione di Livatino è affinché la decisione nasca “da un processo motivazionale autonomo e completo, frutto di personale elaborazione” e non “come portato della auto-collocazione nell’area di questo o quel gruppo politico” o associativo, così da apparire “come in tutto o in parte dipendente da quella collocazione”.


Su queste e tante altre riflessioni ci siamo misurati oggi, e ci accorgiamo che sono i temi di sempre.


E’ il nostro patrimonio culturale ed etico, che dà quasi il senso e la percezione di una “comunanza di destino” perché gli esempi dei singoli si riverberano, talora positivamente talaltra negativamente (come abbiamo purtroppo imparato a nostre spese) sull’intera Istituzione, sulle migliaia di magistrati che lavorano negli uffici giudiziari.


Non a caso in questi giorni affronteremo, nel dibattito in seno agli organi centrali dell’Associazione Nazionale Magistrati, i temi delicati dell’etica e delle modalità di comunicazione dei magistrati nei rapporti con i mass media, che devono sempre essere improntati a misura e sobrietà, la stessa cui si ispirava nell’impegno quotidiano il collega Rosario Livatino al cui esempio cercheremo di conformare il nostro operato.


Salvatore Casciaro
Segretario generale dell'ANM



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