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19 giugno 2021

La relazione del presidente Giuseppe Santalucia al CDC del 19 giugno 2021

Care colleghe e cari colleghi, 


ben ritrovati. 


1. Ancora una convocazione in modalità mista, nonostante il Regolamento di recente approvazione preveda, come regola generale, la modalità di riunione in presenza fisica di tutti i componenti. 


La libertà di circolazione e di movimento sull’intero territorio nazionale non ha ora limitazioni, ma permane una previsione di stato di emergenza, che mi ha indotto a non fare applicazione immediata delle previsioni regolamentari. 


Il mio auspicio è nel senso di un ritorno quanto prima possibile alla normalità, anche per le forme di partecipazione alla vita associativa.


2. Sento anzitutto di congratularmi con Giacomo Ebner e con gli altri componenti del Cdc che con lui hanno lavorato per l’organizzazione dell’evento di ieri in memoria di Rosario Livatino.


E un ringraziamento non meno sentito va al nostro staff di Segreteria, che con competenza e professionalità ha gestito ogni aspetto logistico.


Li ringrazio per l’impegno, per aver consentito all’Associazione nazionale magistrati di svolgere nel migliore dei modi la sua forse più autentica funzione, di attore culturalmente qualificato della riaffermazione dei valori della giurisdizione.


Ieri, per dirla con il prof. V. Mancuso, abbiamo avvertito, riflessi nel luminoso esempio di un grande magistrato, energie ed entusiasmo per risalire la china, forti della dedizione e della passione dei tanti che quotidianamente vivono la professione con dignità e onore, proprio come impone la Costituzione. 


Abbiamo dunque il compito di catalizzare le forze vitali che la Magistratura sa esprimere, per restituirci l’orgoglio della giurisdizione. 


3. La riunione odierna ha un ordine del giorno ricco e nutrito.


Alcuni temi provengono dalle precedenti riunioni, perché non si è avuto tempo e modo di trattarli con la sperata tempestività.


Tra questi segnalo all’attenzione del Comitato direttivo – ferma l’importanza di tutti gli altri – quello relativo alle Relazioni sul lavoro e sulle proposte delle Commissioni di studio. 


Del lavoro di molte Commissioni abbiamo discusso, con espressioni di voto e con l’approvazione finale nel corso della seduta di fine aprile; non abbiamo però avuto modo di discutere e di approfondire uno degli aspetti più delicati e complessi dell’intero progetto riformatore, quello legato al sistema elettorale della componente togata del Csm.


Come sappiamo, la Commissione Luciani ha concluso i suoi lavori, ha preso posizione per il sistema del “voto singolo trasferibile”: attendiamo di conoscere quali saranno le determinazioni della Ministra della giustizia, ma dovremmo già interrogarci su quale sia il sistema più adatto a fronteggiare i guasti che nel passato si sono prodotti.


4. Il sistema del “voto singolo trasferibile” non è una novità nel panorama delle proposte che negli anni si sono succedute.


Ne fece oggetto di studio la Commissione Balboni nel 1996, che individuò l’obiettivo della riforma nella riduzione della cd. fazionalizzazione dell’ordine dei magistrati e quindi del Csm mediante un allentamento del vincolo tra elettori, correnti ed eletti.


Scrisse così che il sistema del “voto singolo trasferibile” assicura il vantaggio di un elevato grado di proporzionalità senza il peso del dover assicurare prevalenza alla logica di lista e degli schieramenti, lasciando spazio ed opportunità “anche all’emergere e all’affermarsi di singole personalità”.


Successivamente, il “voto singolo trasferibile” è divenuto oggetto di vari disegni di legge.


Nel 1998 fu presentata alla Camera dei deputati la proposta a firma dell’on. Mantovano ed altri – AC4680 –.


Nel 2009 la proposta sul voto singolo trasferibile fu fatta dai senatori Centaro e Pera – AS n. 1800 –.


Da ultimo l’on. Costa ne ha fatto oggetto di un disegno di legge – AC 3017 -, delineando un nuovo sistema di elezione volto a ridimensionare il peso degli schieramenti correntizi e a privilegiare le personalità individuali dei singoli candidati, promuovendo una competizione basata sulla loro capacità di attrarre consensi trasversali – dalla Relazione illustrativa –.


Si tratta di un sistema senza liste, a vocazione proporzionale e con collegi territoriali plurinominali, che dovrebbe liberare l’elettore da possibili condizionamenti dei gruppi. 


Potremmo sin da oggi esprimerci, ferma l’esigenza di approfondimento nella Commissione di studio, almeno sulle linee generali di una revisione del modello elettorale, se maggioritario o proporzionale, a piccoli o a macro-collegi o, addirittura, a collegio unico, con unico o con doppio turno, ecc. ecc. 


5. In altri ambiti i lavori preparatori sono in uno stadio più avanzato. 


Sulla riforma del processo civile sono stati presentati, proprio qualche giorno fa, gli emendamenti governativi al ddl già incardinato al Senato – AS 1662 –, che meritano di essere studiati e valutati dalla nostra Commissione.


Si sono già registrate le proteste dell’Avvocatura: l’Unione nazionale delle Camere civili ha preannunciato lo stato di agitazione, criticando sia il mantenimento del sistema delle preclusioni, introdotto con il disegno di legge Bonafede, e, seppure con minore intensità, la mancata previsione di incentivi economici per negoziazione assistita ed arbitrato. 


A giudizio dell’Avvocatura, le preclusioni finiranno con l’aumentare il numero dei processi e li renderanno più ingiusti e più lenti.


Ricordo ora che, sul versante del rito, gli emendamenti intervengono anzitutto sugli adempimenti della prima udienza di comparizione per una immediata definizione del tema della decisione e dei correlati mezzi di prova, con previsioni di decadenza per il convenuto da domande riconvenzionali ed eccezioni non rilevabili d’ufficio. 


Quanto alla fase di trattazione si prevede l’onere dell’attore di replica alla prima udienza alle difese del convenuto e l’articolazione dei mezzi di prova ad opera di entrambe le parti. 


Ulteriori modifiche attengono alla fase decisoria, con l’apposizione di termini perentori per la rimessione della causa in decisione e con una contrazione dei tempi di pronuncia e deposito delle sentenze; oltre che con la possibilità per il giudice del rigetto anticipato della domanda, sin dall’esito dell’udienza di comparizione, nel caso di manifesta infondatezza.


Le proposte di natura processuale – di cui ora ho menzionato soltanto alcuni aspetti – si accompagnano, come accennato e come è noto, al potenziamento della mediazione e al rafforzamento della soluzione organizzativa dell’ufficio per il processo. 


Due macro-aree di intervento, queste ultime, che avevano ricevuto in passato il favore dell’ANM.


6. Ha concluso i lavori anche la Commissione Lattanzi, istituita per la riforma del processo penale e del sistema sanzionatorio 


La Commissione Lattanzi, tra i molti spunti di riforma, ha proposto l’irrobustimento degli istituti che consentono di controllare la domanda di processo nel senso tracciato da una storica sentenza della Corte costituzionale – n. 88 del 1991 –, che individuò il limite implicito alla obbligatorietà dell’azione penale, razionalmente intesa, nel divieto di instaurare il processo, risorsa scarsa e preziosa, ove esso si appalesi oggettivamente superfluo.


Ha poi definito spazi più contenuti per la costituzione di parte civile; ha previsto la formazione e la conservazione digitale di atti e documenti processuali; ha semplificato il sistema delle notificazioni all’imputato non detenuto, anche con la previsione che la notificazione successiva alla prima, con l’eccezione per l’atto di citazione a giudizio, sia fatta con consegna di copia al difensore; ha esteso gli obblighi di registrazione audiovisiva in sede di assunzione della prova dichiarativa anche in vista di una agevolazione della riacquisizione della prova in caso di mutamento del giudice; ha rafforzato i filtri di archiviazione e udienza preliminare; ha potenziato l’appetibilità dei riti ad effetto premiale. 


Come ho già avuto modo di dire alla scorsa riunione del Comitato direttivo, le linee di fondo delle elaborazioni delle Commissioni ministeriali sembrano orientare le riforme in una direzione che potrebbe essere utilmente percorsa.


Questo non significa adesione incondizionata ai progetti, ma valutazione di praticabilità di un tracciato normativo che in più punti risponde ad alcune indicazioni che in passato la nostra Associazione aveva formulato.


Mi riferisco ai documenti con cui nel passato si è espresso favore per istituti come l’irrilevanza penale e la particolare tenuità del fatto, oggi rafforzati; per l’ampliamento dei casi di estinzione del reato per condotte riparatorie e dell’oblazione discrezionale; per il rafforzamento della giustizia riparativa; per lo snellimento del sistema delle notifiche; per la ristrutturazione dell’appello come impugnazione vincolata a motivi predeterminati; per l’introduzione di meccanismi di anticipata definizione delle questioni di competenza. 


Spetta ora alle nostre Commissioni di studio approfondire l’esame, e ciò potrà essere più utilmente fatto non appena si conosceranno le determinazioni della Ministra con la predisposizione degli emendamenti sia sulla riforma del processo penale che sulla riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm. 


7. La prospettiva riformatrice ha un orizzonte ancora più ampio, includendo anche la giustizia tributaria. 


Il Comitato Intermagistrature è stato ascoltato, a fine maggio, dalla Commissione interministeriale istituita per elaborare un progetto di riforma.


Le principali questioni poste nel corso dell’audizione sono legate alla proposta di creare per legge una sezione tributaria presso la Corte di cassazione e di consentire l’accesso a detta sezione dei magistrati tributari, che dovrebbero in prospettiva essere istituiti in ordine autonomo, con accesso concorsuale separato dalla magistratura ordinaria, gestito dall’organo di governo autonomo della magistratura tributaria. 


A quest’ultimo spetterebbe anche il compito di destinare una quota di magistrati tributari alla Corte di cassazione, specificamente all’apposita sezione. 


Nel corso dell’audizione il Comitato intermagistrature ha illustrato le probabili implicazioni di dubbia costituzionalità, sotto il duplice profilo della compatibilità con l’art. 102 per quel che attiene al divieto di istituzione di giudici speciali e con l’art. 106, che non contempla altre forme di accesso all’ufficio di consigliere della Corte che non siano la provenienza dalla magistratura ordinaria e il riconoscimento ad opera del Csm dei meriti insigni ad avvocati e professori universitari. 


Ha anche avanzato una sua proposta, incentrata sul mantenimento della giustizia tributaria come importante momento di incontro e di collaborazione tra le varie magistrature professionali nella prospettiva di una progressiva riduzione, fino alla sostanziale eliminazione, delle figure onorarie prive di una formazione giudiziale, e ciò per il soddisfacimento della condivisa esigenza di elevare la qualità della risposta di giustizia in un settore di indubbia rilevanza.


8. In questo contesto così ricco di progetti di innovazione si collocano le proposte referendarie.


Ne discuteremo a breve.


Al di là del merito dei singoli quesiti, credo che si colga agevolmente un dato, in contrasto con quanto dichiarato dai proponenti, almeno da quelli che sono espressione di Forze politiche che compongono la maggioranza di Governo.


Il fatto stesso che si porti avanti il tema referendario sembra esprimere un giudizio di sostanziale inadeguatezza dell’impianto riformatore messo su dal Governo; e fa intendere la volontà di chiamare il popolo ad una valutazione di gradimento della magistratura, quasi a voler formalizzare e cristallizzare i risultati dei vari sondaggi di opinione che danno in discesa l’apprezzamento della magistratura.


Il programma referendario può divenire allora lo strumento formidabile per mettere in ombra una modalità di approccio, fatta di impegno nel distinguere, nel selezionare il tipo e la struttura degli interventi di riforma, per saggiarne il rapporto di compatibilità costituzionale e non cancellare, in nome dell’idea che il sistema non sia redimibile, un assetto di regole costruito intorno ad alcuni principi che non dovrebbero mutare.


Rischia di prendere quota la propensione a valutare in termini di inadeguata timidezza, se non di inaccettabile gattopardismo, l’atteggiamento riformatore che non mostra i muscoli del radicalismo ideologizzante, che non si fa percepire come disposto ad abbattere vecchi steccati, che poi il più delle volte sono presidi di diretta connessione costituzionale. 


Credo che spetti all’ANM una ferma reazione a questo tipo di metodo: prima ancora dei contenuti, c’è una questione di cornice entro cui collocare l’azione riformatrice, e, come recita il nostro Statuto, è compito dell’ANM “dare opera affinché il carattere, le funzioni e le prerogative del potere giudiziario, rispetto agli altri poteri dello Stato, siano definiti e garantiti secondo le norme costituzionali”.


9. Abbiamo consapevolezza che il necessario cambiamento non può dipendere soltanto dalle riforme, ed anzi che esse sono un capitolo non centrale di un programma di recupero della fiducia nei confronti della magistratura e della giurisdizione. 


Molto è nelle nostre mani.


Non occorrono, su questo versante, grandi opere. 


Quel di cui si avverte il bisogno è la riaffermazione nel quotidiano del modello di magistrato che leggi e codice etico tratteggiano.


Noi ne siamo i soli possibili interpreti.


Nel ricordare la figura di Rosario Livatino abbiamo rinnovato la condivisione dei valori della serietà, dell’equilibrio e della responsabilità. 


Sappiamo quanto sia importante che i magistrati siano anche soltanto percepiti con questa lente, oggettivamente rassicurante, e non ci sfugge la forza deformante di un cattivo approccio con i mezzi di comunicazione, Stampa e TV.


La sobrietà ragionata ed informata, nei casi in cui è necessario parlare, serve a consolidare una percezione di affidabilità non solo dei singoli ma dell’intera magistratura.


Recenti e meno recenti episodi di cronaca hanno invece segnato la direzione contraria. 


Occorre dunque tenere alta l’attenzione sull’importanza della cautela e della compostezza comunicativa, specie in questi tempi in cui ogni errore rischia di essere amplificato e reso funzionale ad un canovaccio guidato dall’idea di fondo di una magistratura in irrimediabile crisi.


Anche di questo oggi parleremo.


10. Una discussione costruttiva su questi e gli altri temi all’ordine del giorno ci avvierà all’organizzazione del prossimo Congresso – altro punto di discussione che ereditiamo dalle precedenti riunioni –.


Confido che questo importante appuntamento, di cui dovremo definire tempi, sede e tema generale di dibattito, potrà essere il momento di conclusione delle pesanti difficoltà in cui versiamo.


Ne sapremo venir fuori – forti delle opportunità che soltanto i periodi di crisi sanno offrire – con rinnovata determinazione nella fedeltà al nostro ruolo costituzionale di garanzia dei diritti e delle libertà.


 



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