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21 gennaio 2023

"I magistrati non dettano legge al Parlamento, dai media un controllo indispensabile"

L'intervista al presidente Santalucia sul quotidiano La Stampa


Giuseppe Santalucia - Presidente ANM

di Francesco Grignetti


ll presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, non avrebbe davvero voluto indossare i guantoni da boxe. Ma tant'è. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, suo ex collega, ci è andato giù pesante. E Santalucia replica a brutto muso: «Non riesco nemmeno a commentare. Non mi riconosco in quest'immagine di magistrati che dettano le soluzioni al Parlamento».


Eppure, presidente Santalucia, è quanto il ministro ha detto. Che si rischiava un Parlamento «supino» alla voce delle procure.


«Mi pare un lessico da combattimento giornalistico. Non mi appartiene. Noi magistrati chiediamo solo che si ascolti anche la nostra voce quando si affronta il tema della giustizia, visto che la pratichiamo tutti i giorni nelle aule. Lo diciamo con rispetto per le istituzioni. Invece vedo che si usano toni che rinverdiscono una stagione di conflittualità tra politica e giustizia che certo non fa bene al Paese».


Il Guardasigilli ha alzato troppo i toni?


«Credo che li abbia accentuati perché dentro la maggioranza stessa emergono posizioni diverse. Nel merito, sulle intercettazioni inizialmente sembrava voler ridimensionare lo strumento. E voci importanti della maggioranza hanno detto cose diverse».


Deluso da un ministro che è stato a lungo magistrato?


«Si vogliono innescare lotte che non hanno senso. Preferisco andare al merito delle questioni».


Ecco, parliamone. Il ministro ha sostenuto che la riforma Orlando-Bonafede non funziona, citando un processo del Veneto. In quel caso, sono finite sui giornali e in tv le parole del Governatore Luca Zaia, non indagato, contro il virologo Crisanti. E normale?


«Io non so, perché non conosco il processo, se quelle intercettazioni, che penso siano agli atti, sono irrilevanti o no. Se il ministro Nordio ne è così convinto, ha tutti gli strumenti per agire. C'è al ministero un ispettorato. Se c'è stato un errore, se la prenda con sé stesso».


Non mi ha risposto: normale o no?


«Guardi, mi rendo conto che questo è il nodo cruciale e non sfuggo alla domanda. Io non lo so se sono irrilevanti. E non lo può sapere nessuno, salvo chi deve giudicare. Perché è nel processo che si valuta, non in altre sedi. Non sui social. Altrimenti è la babele delle lingue e finisce che tutti si ergono a giudici, e chi veste la toga diventa colui che viola la legge e i diritti delle persone. Io non ci sto a far passare il processo per la piazza della gogna».


Dice il ministro: se ne fanno troppe e costano tanto.


«Non torno nemmeno sull'argomento che la mafia è soprattutto una criminalità economica. Ma vogliamo dire che per intercettare meno, togliamo i reati contro la Pubblica amministrazione?».


Resta il fatto che c'è stata una riforma sulle intercettazioni, peraltro degli anni tra il 2017 e il 2018 in cui lei era al ministero della Giustizia, e che l'attuale ministro la ritiene inadeguata.


«Premetto che le leggi le fa il Parlamento e io nel contingente ero solo il capo del Legislativo. Comunque quella riforma ha fissato un principio sulle intercettazioni: ciò che è rilevante dal punto di vista penale deve finire agli atti, ciò che è irrilevante deve restare segreto e va distrutto. Può naturalmente capitare che l'intercettazione di un terzo non indagato abbia rilievo per accertare un reato e finisca agli atti. Ma ribadisco: c'è una procedura di legge per stabilire che cosa è rilevante e cosa no. Un caso singolo, e di cui nemmeno sappiamo tutto, mi sembra un po' poco per affermare che la legge ha fallito».


In quel caso il Parlamento faticò non poco per trovare un punto di equilibrio tra diritti costituzionali diversi. Come la vedrebbe se la soluzione diventasse un divieto solo per i giornalisti?


«Dobbiamo sempre ricordare che il processo, con tutti i suoi atti, è pubblico perché così hanno voluto i costituenti. E un principio di democrazia. Guai a immaginare un processo segreto. I media esercitano un controllo indispensabile»



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