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17 aprile 2023

Santalucia: "Il ministro conosceva la questione. Troppo comodo adesso accusare i giudici"


17 apr - ANM- La Repubblica 630x350.png

di Conchita Sannino


«Prima chiediamo ai giudici di considerare il carcere come estrema possibilità. Poi accade l`evasione, che purtroppo è accaduta, e siamo pronti a dire che è colpa loro, che hanno sbagliato i giudici. Ma così non va».


In più, ragiona con Repubblica Giuseppe Santalucia, il presidente dell’Associazione nazionale  magistrati, emerge un paradosso dal caso Uss.


«Da quella parte politica non si accusano spesso i magistrati di ricorrere troppo alle catture, e alle celle dei penitenziari?».


Un velo di ironia. «Stavolta ci si accusa del contrario. Ma mi pare che, in ogni caso, il ministro della Giustizia conoscesse il caso, in tutti i suoi vari passaggi».


Presidente Santalucia, stiamo dicendo che sul caso di Artem Uss c'è uno scaricabarile da parte del ministro Nordio o della struttura di via Arenula?


«Metto i fatti in fila. Vedo un po' una caccia al colpevole. E noto una sottile contraddizione, ecco, mettiamola così».


Partiamo però dal dato: l`evasione dai domiciliari del facoltoso imprenditore russo, amico di Putin, per cui la Corte di Appello di Milano aveva concesso il 21 marzo l`estradizione negli Usa, è un caso grave, che espone l`Italia.


«Mi lasci premettere che io parlo senza conoscere nei dettagli questo caso, non ho letto le carte. Ma non posso non chiarire subito un punto: che lindagato sia italiano, russo o americano, non cambia. Il nostro sistema rispetta quelle regole...»


Nessuna eccezione, né condizionamenti di tipo geopolitico.


«Certo. Quindi anche per le estradizioni si applicano le norme sui provvedimenti restrittivi che sono, da noi, particolarmente stringenti. Ricordiamoci che nel nostro sistema, per volontà legislativa, la misura del carcere rappresenta sempre eccetto che per i reati molto gravi, quelli di mafia odi terrorismo l'extrema ratio. Perciò, possiamo applicarla quando diamo specifica motivazione che nessun'altra sia in grado di soddisfare quell'esigenza di restrizione: ad esempio a causa del pericolo di fuga, dell`inquinamento delle prove, odi un rischio alto di reiterazione».


Sta dicendo insomma che la Corte di Appello ha fatto ciò che doveva?


«Penso che abbia applicato la normativa in maniera corretta, dando peraltro i domiciliari con il braccialetto elettronico: misura parificata, ricordiamolo, a quella del carcere».


Concetto che in realtà anche il Guardasigilli ribadiva, rispondendo, lo scorso dicembre, alla missiva del Dipartimento americano.


«Sì appunto. Per questo la richiesta di accertamenti avviata dal ministero mi sembra davvero singolare».


Ricapitoliamo. Il ministro Nordio, il 19 ottobre, in sede di convalida dell`arresto, chiede ai magistrati milanesi il carcere per Artem Uss.


«Certamente il ministro aveva esercitato correttamente il suo potere di richiesta. Da quello che viene ricostruito, poi, tutto procede in maniera molto lineare. Durante una successiva udienza, di fronte alla richiesta di scarcerazione avanzata dalla difesa, i giudici della Corte di Appello valutano tutti gli elementi e decidono per gli arresti domiciliari resi più stringenti dal braccialetto elettronico».


Braccialetto che si rivelerà inutile. Intanto, però, lo stesso Ministero nella comunicazione del 6 dicembre scorso con gli Usa, poi trasmessa a Milano, chiarisce che quella misura garantisce al pari del carcere.


«Ecco, ripeto: è curioso che il ministro chieda chiarimenti su un procedimento a lui ben noto, su cui egli stesso riconosce di avere avuto diverse interlocuzioni con gli uffici» .


Facile scaricare ora sui magistrati?


«Si dice: il potere e la discrezionalità sono dei giudici. Vero. Ma quel potere viene esercitato osservando le regole, applicando le norme».


Nella relazione della Corte di Appello si fa riferimento anche allo strumento di cui il ministero disponeva: poteva impugnare quei domiciliari e non l'ha fatto?


«Qui entriamo in un campo estremamente tecnico. La Procura generale di Milano, che si era opposta ai domiciliari, ha già chiarito che avrebbe potuto chiedere un aggravamento solo di fronte alla violazione dei domiciliari, che non c`era stata. Lo stesso potrebbe valere per il ministero. Quindi io vedo su altri versanti la contraddizione».


Si riferisce agli scontri sugli arresti facili? «Beh sì. Le forze politiche ci rimproverano di fare troppo carcere e quando invece viene valutata l`altra opzione, meno restrittiva, verso cui la norma spinge e poi accade un "incidente", allora si indicano le toghe come responsabili. Ma bisogna uscire da questo circolo vizioso».


E come?


«Bisogna far capire all'opinione pubblica che le norme a garanzia possono avere un costo. Perché espongono ad un rischio, ma in mezzo c`è la libertà della persona».


Crede che il peso internazionale della vicenda possa pesare sull`esito dell`accertamento disposto da via Arenula?


«Non credo proprio. I giudici non hanno alcuna difficoltà a dare tutti i chiarimenti, come si è visto. Ma credo non ci siano margini per azioni disciplinari: non c`è stata alcuna negligenza, solo l'applicazione delle norme».



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