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26 ottobre 2013

Il grido delle toghe: diritti per tutti, basta pensare a pochi

Fonte: l'Unità


Eutanasia, fecondazione assistita, famiglie di fatto, adozioni, inquinamento e diritto alle cure mediche, il caso Eluana ma anche quello Stamina, l'Ilva di Taranto e Thyssen Krupp di Torino. E poi i fallimenti delle aziende, i concordati tra le imprese, i minori, soprattutto i figli di immigrati che arrivano orfani dal mare. Si parla di tutto questo, oltre che di velocità del processo, revisione delle pene e dei reati, di corruzione e del sempre teso rapporto tra politica e magistratura nel XXXI congresso dell'Associazione nazionale magistrati dedicato, infatti, a Giustizia
e società. Rodolfo Sabelli, nella ben scandita relazione, cerca di cambiare rotta e di parlare al paese, a quell'italiano su quattro che ha a che fare con la giustizia. È il segno che l'Anm sta cercando di andare oltre il ventennio e il caso Berlusconi. «Non perché sia risolto - si spiega - ma perché aver parlato solo di lui in questi anni ci ha distolto da tutto il resto». Oltre, anche - biasimandoli - , i casi stile Antonio Ingroia, quelli che hanno creato «confusione tra funzione giudiziaria e attività politica» e di «inopportuna esposizione mediatica che hanno provocato divisioni e sconcerto». E nel farlo presentano alla politica una lunga lista di accuse, assenze, «ripensamenti ed errori».
Attenzione, non che nei congressi precedenti - l'Anm si riunisce ogni tre anni, l'ultima era stata nel 2010 nel pieno di scandali politici giudiziari che hanno svelato le mille facce della corruzione in politica e nella stessa magistratura - il sindacato dei magistrati abbia dimenticato gli «altri» temi della giustizia. Però, si sa, tutto dipende da dove si mette l'accento. Sabelli, inaugurando il congresso nell'auditorium a due passi da piazza di Spagna, lo ha messo prima sul resto. Tra gli applausi del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano seduto in prima fila. L'attenzione del primo presidente della Cassazione Giorgio Santacroce, quella del procuratore generale Gianfranco Ciani e del ministro Guardasigilli Anna Maria Cancellieri.
La giustizia degli altri, quindi, di tutti gli altri, che vuol dire «tutela dei diritti in una società in continua evoluzione». «Materie come il fine vita, la fecondazione assistita, la famiglia di fatto - ha sottolineato il presidente dell'Anm - sono diventate oggetto di casi giudiziari clamorosi e drammatici che hanno visto la magistratura affrontare impegni difficili in solitudine e in presenza di regole incomplete». È il primo di una lunga serie di rimproveri alla politica che «non ha regolato l'esercizio di quei diritti».
La ricetta per «abbattere l'arretrato nel civile» passa da cinque punti: l'ufficio del processo che aiuti il magistrato «nella fase di studio degli atti, nell'organizzazione dei ruoli, nelle attività preparatorie dei provvedimenti e dell'udienza»; le cosiddette «soluzioni conciliative» che prevengano l'insorgere della causa o ne consentano l'estinzione»; altri «disincentivi processuali» perché il processo diventi veramente il momento dell'accertamento e non per dilazione e ritardare. E ancora: ridurre «le impugnazioni» e agire invece sulla «fase dell'esecuzione» che deve essere centralizzata in un unico ufficio: «Lo stato deve agevolare il creditore nella ricerca dei beni del debitore da sottoporre ad esecuzione vanificando ogni tentativo di occultamento». Significa taglio di tempi e di burocrazia, dove si annida la corruzione. Più efficacia e credibilità. Parole che sono musica per gli investitori, soprattutto stranieri. In questa direzione sono state istituite le speciali sezioni nei tribunali «perle imprese» che però hanno bisogno di molto rodaggio.
Minori, soprattutto immigrati, famiglie sono l'altro settore su cui l'Anm chiede alla politica interventi specifici perchè, ancora una volta, «il giudice si trova spesso solo e senza i mezzi necessari di fronte a casi - come i provvedimenti di allentamento dei minori - che incidono in modo profondo nei vissuti dei bambini e degli adolescenti». E poi il carcere e il tema delle pene. Il messaggio anche in questo caso è chiaro: «In mancanza dei rimedi che anche il Capo dello Stato ha indicato nel suo messaggio alle Camere, gli strumenti d'emergenza dell'amnistia e dell'indulto si riducono a soluzioni effimere e provvisorie». Le cose da fare sono in evidenza: meno pene, meno carcere, più strutture penitenziarie, sanzioni diverse e riparative per la vittima. Che il Parlamento si sbrighi e faccia.
Poi il registro è dovuto tornare sui temi degli ultimi vent'anni in cui «il dibattito si è concentrato su pochi processi celebrati nei confronti di alcuni personaggi politici con corredo di polemiche, propaganda e denigrazioni varie nei confronti della magistratura». Sabelli è molto chiaro, «coraggioso» dicono alcuni suoi colleghi. «Le leggi e le riforme di questi anni - accusa - sono state piegate ad interessi di parte o a scopi di propaganda politica». I risultati sono stati «leggi ad personam, una riforma della prescrizione incongrua e dannosa, pacchetti di sicurezza e riforme dell'esecuzione penale dettati da una severità generica e da una concenzione simbolica del diritto penale». Poi Sabelli detta una lunga serie di stop: agli «attacchi scomposti alle sentenze» che sono «un grave pericolo per la democrazia». Stop al «clima di scontro» che ha avvelenato il paese e ha prodotto «solo riforme punitive e dannose». L'elenco è lungo e al primo posto c'è la legge sull'immigrazione e il reato di immigrazione clandestina «inutile e dannoso perché ingolfa gli uffici e fa sì che gli unici testimoni, i clandestini, diventino imputati».
Giù le mani poi, da «proposte di riforma costituzionale onnicomprensiva che non rispondono ad alcuno scopo di semplificazione ed efficienza e sono invece solo slogan che vorrebbero introdurre profonde alterazioni per condizionare l'autonomia e l'indipendenza della magistratura».
Parole che sono bestemmie per le orecchie di Berlusconi. E infatti, appena rotolano fuori dalla sala del congresso, il Pdl spaccato nella direzione politica, si riunisce subito nel solito coro di insulti e offese contro le odiate «toghe rosse».
Ma al congresso di rosso se ne vede molto poco.



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