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27 ottobre 2013

Anm: incandidabilità è questione etica Vietti frena le toghe

Fonte: il Sole 24Ore


Il fattore B. È questo che per vent'anni ha bloccato le vere riforme sulla giustizia, che ne ha prodotte di pessime e che le blocca ancora oggi, sebbene quel ventennio sembri alle spalle. Il fattore B ha condizionato il Pdl prima, e ora condiziona il Pd, è l'accusa che i due principali soci della maggioranza si scambiano. Le larghe intese non hanno cambiato scenario. E per la giustizia non si intravede un nuovo «orizzonte possibile». «Ancora oggi ci sono argomenti di cui non si può parlare, altrimenti si apre un conflitto non ricucibile di cui non vedo lo sbocco. La vicenda della decadenza di Berlusconi è esemplare», dice Anna Finocchiaro del Pd. «Mi sembra che oggi la questione sia ribaltata e che Berlusconi sia diventato un problema della sinistra: misure importanti per i cittadini chieste dal Capo dello Stato, come l'amnistia, non si fanno solo perché possono favorire Berlusconi. La decadenza dovrebbe essere un argomento neutro da approfondire, ma non se ne può parlare perché riguarda Berlusconi. Perciò il voto della Giunta è stato politico» replica Renato Schifani del Pdl.
Finocchiaro e Schifani duettano sul palco del XXXI Congresso nazionale dell'Anm, dedicato ieri ai rapporti tra giustizia e politica. Prima di loro, Ezia Maccora, ex esponente di punta del Csm e dell'Anm e ora Gip a Bergamo, aveva mandato un messaggio chiaro: «La politica si riappropri dei suoi compiti e delle sue responsabilità e inizi veramente la stagione della lucidità e razionalità legislativa, del rispetto dei principi di uno Stato di diritto, per dare speranza non ai magistrati ma al nostro Paese». Basta con la «vulgata dello scontro tra politica e magistratura» aveva esordito: i magistrati hanno solo svolto il loro compito, «ben sapendo che la giurisdizione non può essere esercitata tenendo conto delle "compatibilità" politiche e istituzionali. E non faranno alcun passo indietro». Piuttosto, la politica faccia un passo avanti, perché «da anni c'è stata un'assenza strutturale» di politica e senza una «politica forte, capace di orientare l'evoluzione della società, le tensioni sono solo destinate ad aumentare». «Dopo la stagione delle leggi ad personam, molti hanno sperato in un cambio di passo, ma le risposte sono state blande e spesso le leggi approvate hanno ulteriormente complicato la già stremata macchina giudiziaria, creando incertezze interpretative ed entrando in vigore senza i necessari studi di compatibilità» ha detto Maccora, con un esplicito riferimento alla legge sull'anticorruzione. Ora che il ministro della Giustizia Cancellieri «annuncia interventi strutturali e non solo buoni propositi», i magistrati non devono perdere quest'«occasione preziosa» per chiedere alla politica di tornare protagonista con riforme serie.
In serata, l'accusa di «debolezza» della politica arriva anche dal segretario dell'Anm Maurizio Carbone, che porta ad esempio proprio il decreto sull'incandidabilità per i condannati a pene superiori a due anni, «un principio di etica che non avrebbe avuto bisogno di una legge per essere affermato, perché poteva essere una regola degli stessi partiti. Quindi la legge è un segno di debolezza della politica, che costringe la magistratura a intervenire, come nel caso Ilva o per i temi bioetici, per supplire a inefficienze o omissioni di un altro potere dello Stato. Che invece di riconoscere il doveroso intervento dei magistrati, li attacca e li accusa di aver invaso il campo altrui». La stessa accusa, peraltro, ieri è arrivata anche dal vicepresidente del Csm Michele Vietti, che ha invitato i magistrati «a evitare la tentazione di sostituirsi alla legge e a sottrarsi alla logica del conflitto». La politica deve «fare il proprio mestiere: non prediche, ma riforme. La magistratura, dal canto suo, «deve avvertire l'esigenza indifferibile dell'autocorrezione, anche per evitare interventi esterni che colpirebbero la sua indipendenza».
Da costituzionalista qual è, Luigi Ferrajoli ricorda però che «la separazione dei poteri richiede un rafforzamento dell'indipendenza perché la giurisdizione è una funzione di controllo» e avverte: «La prima riforma che si dovrebbe fare è rifondare la legalità».



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