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23 agosto 2023

Magistrati in pensione contro la separazione delle carriere


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Siamo magistrati in pensione - civilisti e penalisti, giudici e pubblici ministeri – che sentono il bisogno di intervenire contro l’annunciata riforma della separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri.


I promotori di questa riforma sostengono che non vogliono attentare all'autonomia del pubblico ministero e che il mutamento ordinamentale sarebbe necessario per garantire la terzietà del giudice, che deve essere completamente separato dalle parti in causa per essere completamente imparziale.


Non vi è dubbio che il processo, come recita l’art. 111 della Costituzione, si deve svolgere nel contraddittorio delle parti, in condizione di parità; ma questo certamente già avviene anche oggi, con un pubblico ministero che proviene da un unico concorso per giudici e pubblici ministeri; che può passare da una carriera all’altra (ora con molte limitazioni, tant’è che il passaggio riguarda solo pochissimi casi); che viene promosso, trasferito e punito disciplinarmente da un unico Consiglio Superiore della Magistratura; che è il titolare di un’azione penale obbligatoria.


L’annunciata riforma stravolgerebbe l’attuale architettura Costituzionale che prevede, tra l’altro, non solo l’appartenenza di giudici e pubblici ministeri ad un unico ordine giudiziario, indipendente da ogni altro potere, con conseguente possibilità di passaggio da una carriera all’altra, ma anche un unico Consiglio Superiore della Magistratura che, con una maggioranza di eletti tra tutti i magistrati, si occupa degli appartenenti ad entrambe le carriere garantendo l’autonomia della magistratura.


Si dice che l’appartenenza ad un’unica carriera darebbe un vantaggio al P.M. rispetto al difensore dell’imputato, ma il sospetto che il giudice possa favorire coloro che provengono dal suo stesso concorso non ha alcun fondamento, perché i giudici guardano alla rispondenza agli atti e alla logica degli argomenti spesi dalle parti, e non certo alla posizione di chi li propone; se fosse fondato questo sospetto, anche il giudice dell’impugnazione non dovrebbe far parte della stessa carriera del giudice del precedente grado di giudizio.


Di fronte all'importanza della decisione da prendere, in qualsiasi causa, non conta assolutamente nulla l’appartenenza alla stessa.


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