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17 gennaio 2024

“La paura di azioni disciplinari sacrifica il diritto a informare”

Il presidente Santalucia a Il Fatto Quotidiano


Giuseppe Santalucia - Presidente ANM

di Antonella Mascali

Giuseppe Santalucia, da presidente dell’Anm, cosa ne pensa delle verifiche degli ispettori ministeriali sulle comunicazioni dei procuratori che, ormai, possono solo emettere comunicati o indire conferenze stampa se le indagini sono di “interesse pubblico”?

Sin da subito, quando è stato approvato il decreto legislativo, l’Anm mise in evidenza il pericolo di un improprio sindacato disciplinare su una valutazione ampiamente discrezionale in merito all’interesse pubblico di una notizia relativa a indagini preliminari, che spetta esclusivamente a ciascun procuratore. Il controllo di tipo disciplinare su valutazioni ampiamente discrezionali fa sì che i procuratori, per non rischiare sul piano personale anche solo un accertamento preliminare dell'autorità disciplinare, preferiscano tacere, sacrificare il diritto all’informazione, in modo da sottrarsi a forme di controllo che, a mio giudizio, tendono ad atteggiarsi a momenti di invadenza discutibile, più che di fisiologico controllo.

Un’invasione di campo della politica in quello giurisdizionale…

Se si trasporta la valutazione sull’interesse pubblico per indire una conferenza stampa – formalmente di spettanza esclusiva dei procuratori della Repubblica – sul piano disciplinare, è chiaro che i veri detentori di quella valutazione non saranno più i magistrati, ossia i procuratori, ma gli organi disciplinari. In questo modo si altera lo stesso meccanismo pensato, costruito dal decreto legislativo che, ribadisco, attribuisce esclusivamente al procuratore stabilire quando vi è una rilevanza di una notizia relativa ad indagini in corso

Invece con le ispezioni c’è un controllo del governo?

Attraverso il controllo disciplinare entra in gioco il titolare dell’azione disciplinare, che è anzitutto il ministro della Giustizia. E invece il Ministro, stando al decreto legislativo, non avrebbe titolo a valutare l’interesse pubblico a dare informazioni sui procedimenti penali in corso.

Ieri, lei, la vicepresidente Alessandra Maddalena e il segretario Salvatore Casciaro siete stati ascoltati in commissione Giustizia della Camera sul decreto delegato relativo al fascicolo del magistrato, quello noto perché prevede le pagelle. Cosa preoccupa di più l’Anm?

Fin dai tempi della delega (governo Draghi, ministra Cartabia, ndr) ci preoccupavano le innovazioni sulla valutazione della professionalità dei magistrati incentrata sull’esito degli affari nei gradi successivi di giudizio. Questa legge è frutto di un grande fraintendimento in cui è incorso il legislatore, perché si pensa, errando, che la riforma di una sentenza nei gradi di impugnazione possa indicare che il magistrato che ha redatto quella sentenza non abbia una professionalità adeguata. Questo equivale a non comprendere i meccanismi processuali. Ma tant’è: il danno è stato fatto. Il decreto legislativo, però, avrebbe dovuto cogliere spunti consentiti dalla delega, per confinare la nozione di “grave anomalia” alle valutazioni dell’andamento statistico degli esiti degli affari nei gradi successivi.

Ci spieghi, perché la materia è tecnica

Per meglio intenderci: dati percentuali rilevanti di riforme in Appello e Cassazione possono essere spia che qualcosa non va nella professionalità del magistrato le cui sentenze sono riformate o cassate in gran numero, ma appunto se ci troviamo di fronte a dati statistici e che raggiungono percentuali significative. Invece, nello schema del decreto si parla di “grave anomalia” anche se c’è un solo provvedimento, oggetto di annullamento nei gradi successivi per “‘gravi ragioni”, una clausola vaga. In ogni caso non possono essere pochi provvedimenti la spia di caduta di professionalità ma occorre guardare alla interezza del lavoro del magistrato.



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