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12 maggio 2025

«Serve tenere alta la guardia sui fenomeni criminali»

Il presidente Parodi al Corriere della sera


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di Fulvio Fiano


Cesare Parodi, presidente dell'Associazione nazionale magistrati, con questa decisione la Consulta chiude definitivamente ogni discorso sul tema dell'abuso d'ufficio. È una affermazione corretta? 
«Questo passaggio era sicuramente centrale. Si è parlato a lungo di abrogazione del reato, poi di una sua revisione in realtà mai fatta. Ora abbiamo un punto fermo con la necessaria precisazione, tutt'altro che rituale, di cui bisognerà leggere le motivazioni per ragionare concretamente sulla decisione presa dalla Corte». 


La difesa di questo reato era una bandiera della magistratura. La vive come una sconfitta per voi?
«A fronte di una scelta generale, nell'ultimo periodo, di introdurre molte nuove fattispecie, il governo ha scelto di escludere un reato indagando sul quale sono spesso emerse più gravi ipotesi delittuose, anche in ambito economico. Una scelta oggi riconosciuta come legittima dalla Corte ma che non esclude la necessità di non abbassare la guardia su fenomeni diversi che restano, a tutt'oggi, penalmente rilevanti. Attendiamo con grande interesse le motivazioni della Corte anche per parametrare l'ambito nel quale nuove indagini potranno legittimamente e doverosamente trovare luogo». 


Lei è stato eletto a febbraio nella fase più calda delle nuove, recenti tensioni col governo, ma ha sempre sottolineato l'importanza di tenere aperto il dialogo tra le istituzioni. Come valuta la reazione del guardasigilli Nordio, che esulta perché ora cesseranno quelle che definisce «strumentalizzazioni»? 
«Un termine e una visione sbagliati, non c'era nessuna strumentalizzazione. Rivolgersi alla Consulta è anzi un atto tipico, lo strumento primario per dirimere questioni di compatibilità. E non mi pare che la Corte costituzionale abbia un problema di credibilità. Diverso sarebbe stato disapplicare la norma nei tribunali in attesa di questo pronunciamento. Semplicemente la magistratura ne ha preso atto, l'ha rispettata ma ha voluto verificare se fosse un atto fondato. I dubbi erano legittimi». 


La percentuale altissima di assoluzioni per l'abuso d'ufficio è uno dei temi su cui hanno battuto i sostenitori della abrogazione, parlando di burocrazia paralizzata dalla paura. Ma le indagini mostrano anche che l'abuso d'ufficio è stato spesso anche la spia di corruzioni o concussioni. Cosa succede ora?
«Il tema resta vivo. Ci sono spazi inesplorati per indagare sui reati rimasti e bisogna capire in che termini, al di là dell'abuso d'ufficio. C'è un ambito di liceità che non scompare ma viene tipizzato diversamente».


Il governo ha introdotto il «peculato per distrazione», è questa la strada per compensare la fattispecie abrogata? 
«Non è una questione di singole ipotesi del codice penale, quanto un discorso che deve essere più ampio. Mi auguro che il legislatore ragioni su un quadro di sistema e, ribadisco, in questo senso assumono ancora più valore le motivazioni della Consulta che leggeremo con grande attenzione per capire quale perimetro è stato delimitato per muoverci». 


 



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