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25 maggio 2021

«Nei Consigli giudiziari gli avvocati ci sono già, rischio interferenze se hanno diritto di voto»

Il segretario dell’ANM Salvatore Casciaro intervistato da “Il Dubbio”


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Durante l’ultimo Cdc dell’Anm è stata votata una mozione contraria a conferire agli avvocati il diritto di tribuna e di voto per le valutazioni professionali dei magistrati all’interno dei Consigli giudiziari. L’iniziativa nasce dal fatto che l’argomento è tornato nel dibattito, soprattutto dopo la proposta invece favorevole del Partito democratico. Il Segretario Generale dell’Anm, Salvatore Casciaro, invece nella sua relazione ha espresso «ferma contrarietà».


Segretario, può spiegare le ragioni?
Gli avvocati sono già parte integrante dei consigli giudiziari ed è prezioso il contributo tecnico che forniscono in tutte le attività di natura organizzativa e tabellare, per cui v’è una composizione “allargata” dell’organo. Il sistema consente agli avvocati di formulare segnalazioni sul singolo magistrato in valutazione, così da incidere sulle deliberazioni in tema di valutazione di professionalità. Il diritto di tribuna o addirittura il diritto di voto sulle valutazioni di professionalità nulla apporterebbe in termini di miglioramento del servizio giustizia, ma determinerebbe solo interferenze con l’indipendente esercizio della funzione giudiziaria.


Una presenza istituzionale, come il Presidente dell’Ordine degli Avvocati, all’interno del Consiglio Giudiziario  potrebbe far superare questa contrarietà?
Vede, non è questione di presenza istituzionale. È chiaro che qualsiasi componente eletto o nominato in seno al consiglio giudiziario eserciterebbe, in quanto tale, un ruolo istituzionale.


Si sostiene che l’autonomia del giudice possa essere compromessa dalla presenza dell’avvocato, qualora questo fosse sia difensore in un suo procedimento sia membro del Consiglio giudiziario. Ma lo stesso timore non dovrebbe valere anche per la presenza di un pubblico ministero? Un giudice potrebbe avallare il suo impianto per non rischiare di essere mal giudicato nel Consiglio?
Si tratta di situazioni diverse. Il sistema attualmente non prevede alcuna forma di incompatibilità tra la carica di membro laico del consiglio giudiziario e l’iscrizione all’albo professionale del distretto territoriale. Potrebbe quindi presentarsi dinanzi al giudice in valutazione di professionalità proprio l’avvocato che partecipa alla deliberazione sul suo avanzamento professionale ed è comprensibile la potenziale incidenza di tale aspetto sulla serenità di giudizio di quel giudice. Il raffronto col pubblico ministero mi pare improprio. Giudici e pubblici ministeri fanno parte entrambi dell’ordine giudiziario, definito dalla Carta come autonomo e indipendente da ogni altro potere. E poi non cadrei nell’equivoco di pensare sempre alla giustizia immaginando il processo penale: pensi all’avvocato civilista che partecipa alla dialettica processuale, anche aspra, con il collega del foro che cumula in sé la carica di membro laico del consiglio giudiziario. Non potrebbe quell’avvocato ragionevolmente nutrire legittima preoccupazione nell’apprendere che il giudice della causa sarà a breve sotto valutazione di professionalità?


Permettere agli avvocati di avere il diritto di voto non consentirebbe anche di stabilire la pariteticità considerato che i pubblici ministeri possono intervenire in merito alle azioni disciplinari nei confronti degli avvocati?
Gli ambiti vanno anche qui tenuti distinti: un conto è il piano del disciplinare, altro quello della valutazione di professionalità degli avvocati in relazione alla quale il sistema non prevede attualmente forme di partecipazione della magistratura. 


Come risponde a chi ritiene che la presenza dell’avvocatura nel Consiglio Giudiziario sarebbe una rappresentazione di trasparenza per la magistratura che soprattutto in questo momento ha bisogno di recuperare un rapporto di fiducia invece che di una nuova chiusura corporativa?
Rispondo molto semplicemente: il rapporto di fiducia va recuperato con la sfida dell’efficienza e delle riforme di sistema, non con interventi controproducenti che sottendono un sentimento di sfiducia nella capacità della magistratura di pervenire a scelte corrette nell’ambito dell’autonomia che le è istituzionalmente propria.


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