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6 novembre 2021

Relazione del presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia al Cdc del 6-7 novembre 2021

Carissime colleghe e colleghi, a tutti noi una buona e proficua giornata.

Poche parole di relazione introduttiva, per dare conto di quanto di significativo è accaduto nelle settimane scorse.


L’Associazione è stata protagonista di due importanti eventi.


1. Il 15 ottobre si è tenuto il Convegno di presentazione del nuovo assetto della Rivista “La Magistratura”, che ha segnato un successo per l’interesse che si sta coagulando intorno a questo nuovo e importante progetto.

Al di là della pur importante innovazione del sito web della Rivista, si è messo su un Comitato scientifico ricco e qualificatissimo, che concorrerà a dare alla nostra Rivista una nuova stagione di idee e di impegno culturale, in modo che possa rafforzare e riempire di senso l’azione associativa. 

L’iniziativa del 15 ottobre è stata gratificata dall’attenzione e dalle parole del Presidente della Repubblica che, come tutti sapete, ci ha inviato una lettera proprio in vista di quell’evento, con cui ha mostrato apprezzamento per l’opera che la Rivista, la sua direttrice e tutto il Comitato di Redazione, hanno messo in cantiere, di un Commentario della Magistratura alla Costituzione, affidato ad illustri giuristi anche non magistrati. 


Un segno tangibile della nostra fedeltà alla Costituzione, della nostra sensibilità ai valori costituzionali, del nostro totale e incondizionato affidamento a quei principi nel difficile compito che giornalmente ci attende.

Le parole del Presidente della Repubblica, a cui va la nostra gratitudine, ci sono di conforto e ci indicano la strada per il superamento di una difficile stagione dell’associazionismo giudiziario.

Quella strada stiamo cercando di perseguire con equilibrio e misura, con compostezza istituzionale e rispetto dei nostri interlocutori, con rinnovata consapevolezza del ruolo e della funzione di servizio in favore della collettività.

L’attenzione del Presidente della Repubblica ci ha quindi onorato e maggiormente richiamato ai doveri e alla responsabilità del ruolo, anche dell’Associazione, che interviene e si confronta nella scena pubblica non perdendo mai di vista la priorità dell’interesse collettivo come fine ultimo di ogni suo impegno.

2. Nella stessa giornata abbiamo organizzato, in uno con la presentazione della Rivista, un incontro sui temi referendari, affidando la parola ad illustri giuristi, di indiscussa autorevolezza. 

Non abbiamo dato la parola a magistrati, abbiamo fatto un passo indietro, dando spazio alla dottrina più autorevole, per un duplice ordine di ragioni.


Anzitutto perché la voce dell’Associazione si è già levata, ed è già stata di ferma critica se pure, ovviamente, di massimo rispetto per l’iniziativa referendaria. 

Mi riferisco al documento approvato dal Cdc il 20 giugno scorso, in cui si è manifestata forte preoccupazione per le modifiche che si vorrebbero in tema di responsabilità civile diretta dei magistrati e di separazione delle carriere, oltre che di custodia cautelare; e si è con chiarezza affermato che “l’eventuale approvazione dei quesiti referendari potrebbe comportare gravi ripercussioni sull’assetto costituzionale e sulle guarentigie di autonomia e indipendenza della magistratura, le quali costituiscono non privilegi di categoria ma garanzie irrinunciabili per tutti i cittadini”.

Poi perché, ormai lo abbiamo sperimentato, le nostre critiche su quel versante sono maliziosamente intese, da taluno, come espressione di interessi di corporazione; e allora abbiamo voluto evitare la trappola della sterile polemica che ha come unico effetto quello di spostare l’attenzione dall’oggetto della discussione alla rappresentazione di un antagonismo pregiudiziale per interessi di bottega.

L’idea di una Tavola rotonda sui temi referendari è sorta per dare attuazione a quanto deliberato dal Comitato direttivo che, con il documento che ho prima ricordato, ha impegnato l’Associazione a non sottrarsi “al doveroso compito di fornire il proprio contributo scientifico su tutte le questioni sollevate dai quesiti”.

L’aver messo insieme il dibattito sui referendum e la presentazione della nuova struttura della Rivista ha risposto ad una precisa opzione, che è quella di rinsaldare i legami con la comunità dei giuristi, di affidarsi anche nell’azione associativa alle ragioni del diritto – titolo unitario di entrambe le sessioni di quel convegno –.

Come ci ha ricordato il Presidente della Repubblica, l’Associazione, “lungi dal coltivare corporativismo autoreferenziale”, deve “promuovere e sostenere il dialogo della Magistratura …con le istituzioni e con la società”.

È quello che, appunto, abbiamo e stiamo cercando di fare, ad ulteriore dimostrazione di quanto sia infondata la malevola accusa – costruita ad arte da quanti avversano l’associazionismo giudiziario con la ripresa di sentimenti che credevamo ormai sepolti in un lontano passato – che l’Associazione agisca per difendere interessi di Corpo e ostacoli pregiudizialmente qualunque riforma.

3. La tavola rotonda sui temi referendari ci ha consegnato, oltre che una meditata riflessione su alcuni dei quesiti, anche qualche spunto per approfondire, se vorremo, l’esame sul modo con cui si è nel tempo evoluta la figura del pubblico ministero.

Proprio parlando di separazione delle carriere, il prof. Fiandaca, nel suo articolato intervento, non ha risparmiato qualche parola di critica al modo con cui a volte si interpreta il ruolo. 

Critiche ingenerose? Sbagliate? Prive di fondamento?

Certo sono critiche espresse da un intellettuale robusto con lo sguardo attento al mondo della giustizia penale, tutt’altro che invettive pregiudiziali e dileggi gratuiti, come frequentemente ci capita di leggere su alcuni giornali.

Possiamo ignorarle o decidere di confrontarci con esse, portando dentro l’Associazione le voci di dissenso che siano, come ho appena detto, meditate, per non dare anche solo l’idea di arroccamenti e chiusure, essi sì segno di debolezza e di paura.

Credo allora che convegni di questo tipo, che ci facciano misurare con punti di vista esterni anche critici o duramente critici, dovrebbero costituire il programma della nostra azione.

4. Qualche settimana dopo La Ministra della Giustizia ha convocato la Giunta esecutiva, e ha ricevuto una sua delegazione per parlare della riforma del sistema elettorale del Csm.

Di quella delegazione io non ho fatto parte, per concorrenti impegni di lavoro; v’era però il Segretario generale che, pertanto, a breve ne riferirà con maggior dettaglio.

Seppure assente all’incontro, posso dire che la Gec, in piena fedeltà – come sempre – al suo ruolo, ha anzitutto precisato che una recente elaborazione interna sulle possibili soluzioni di riforma non si è formata, perché il Comitato direttivo centrale ha sì discusso, anche e soprattutto sulla base della relazione dell’apposita Commissione di studio, ma nulla ha deliberato.

La Gec ha quindi richiamato il deliberato del settembre 2020 dell’Assemblea generale – organo supremo deliberante dell’Associazione secondo l’articolo 13 dello Statuto –, che ha espresso “netta contrarietà a qualsiasi utilizzo del sistema del sorteggio….evidenziando l’importanza che il nuovo sistema, quale che sarà, possa assicurare: rappresentatività del pluralismo; rappresentanza di genere; piena libertà di scelta degli elettori tra un’ampia pluralità di candidati; qualità professionale e morale nonché autorevolezza dei candidati; contromisure per evitare la concentrazione di candidati ed eletti in pochi grandi centri; riconoscendo infine che tali obiettivi “sono certamente garantiti dall'adozione di un sistema che contenga componenti di proporzionalità”.

Ovviamente, la discussione non è stata in tal modo troncata.

Ci dirà di più il Segretario generale su come si è snodata; voglio però sottolineare che, come già io e il Segretario generale avevamo fatto in sede di audizione dinnanzi alla Commissione presieduta dal prof. Luciani, la Gec ha dato atto che all’interno del Cdc vi è una componente, seppure minoritaria, favorevole ad una soluzione incentrata sul sorteggio.

4.1. Altro aspetto che sottolineo è che la delegazione di Gec si è formata secondo le personali disponibilità del momento, ed è stata composta dai colleghi Casciaro, Maddalena, Di Palma, Bernardo.

Non è allora rispondente al vero quanto i componenti di questo Cdc eletti nella lista Articolo 101 hanno scritto nella loro lettera inviata alla Ministra per chiedere di essere ricevuti.

Non è vero che la Gec si sia recata (testuale dalla missiva dei componenti Cdc per lista Art. 101) “con quattro delegati esponenti delle altrettanto quattro note correnti...”.

In quella delegazione non vi è stata la presenza di componenti del gruppo di Area dg.

Non v’è nulla di strano o di anomalo in quel tipo di composizione, perché è – e dovrebbe essere – fuori discussione che, quale che sia il modo con cui una delegazione riesca a formarsi, sia comunque capace di essere la voce unitaria dell’Associazione.

E la Giunta, così come eventuali sue ristrette rappresentanze, sono istituzionalmente idonee ad essere rappresentative dell’Associazione.

Sembra una banalità, ma i tempi che viviamo impongono puntualizzazioni pedanti.

Aggiungo allora che la Gec non ha consentito la partecipazione a quella delegazione di componenti ad essa estranei, rappresentativi della cd. minoranza in Cdc, - gli eletti nella lista Articolo 101 –, nonostante le insistite richieste del collega Reale, che ha chiamato telefonicamente uno per uno i componenti della Giunta.

Seppure con non poche posizioni di contrario avviso, la Gec non ha aperto a membri della minoranza del Cdc non già per spirito antidemocratico e per il desiderio di comprimere, marginalizzare le posizioni di dissenso.

Tutt’altro!

Lo ha fatto, invero, in piena adesione alle regole della nostra democrazia interna, sì come consegnate dallo Statuto che affida al Presidente la rappresentanza dall’associazione e delinea la Giunta, e solo la Giunta, come “organo esecutivo permanente dell’Associazione”, con compiti di promozione e di attuazione delle deliberazioni del Cdc.

La forza rappresentativa della Giunta, nell’esplicazione del suo mandato esecutivo, non varia a seconda che, nelle singole occasioni, in essa siano rappresentati tutti i gruppi associativi presenti nel Cdc.

La sua rappresentatività non è massima se in essa figurano tutti i Gruppi, non è minima e malferma se si compone con membri appartenenti a un solo Gruppo.

La sua forza e autorevolezza derivano dall’aver ricevuto, tramite il voto, la fiducia del Comitato direttivo centrale, a cui essa risponde.

Non esistono composizioni variabili della Giunta in base alla importanza (e chi dovrebbe delibarla con forza vincolante?) degli argomenti da trattare o degli incontri istituzionali a cui prendere parte.

Se fosse così, la Giunta ne verrebbe solo in apparenza rafforzata, perché sarebbe l’attestazione di uno strutturale deficit di rappresentatività, nonostante la fiducia accordata dal Cdc.

Il richiamo all’assetto statutario è allora tutt’altro che un pretesto per tenere nell’angolo la minoranza.

Ricordo che appena un anno fa fu insistentemente richiesto alla componente della lista Articolo 101 di entrare in Giunta per condividere il peso e la fatica di questa non facile stagione dell’associazionismo.

Rifiutarono e probabilmente rifiuterebbero oggi se l’offerta venisse riproposta, cosa che personalmente farei subito, senza incertezze.

La scelta di non condividere la responsabilità di Giunta è una legittima scelta, di cui chi la compie si assume la responsabilità, e non può diventare, accampando falsi argomenti, lo strumento per indebolire il ruolo e la funzione degli organi statutari.

4.2. Ma non è tutto.

Non mi sorprende, e non deve sorprendere, che un gruppo associativo, gli Articolo 101 o altro (Area dg, Unicost, Mi, A&I) si muovano autonomamente, cerchino relazioni dirette con rappresentanti delle Istituzioni, portino avanti la loro azione.

L’associazionismo giudiziario è così strutturato, è il pluralismo che da molti e molti anni ci caratterizza e che fa dell’Associazione in cui tutti i gruppi si riconoscono un soggetto unitario ma pluralista.

Quel che invece trovo assai spiacevole, avvilente, è che un Gruppo, per negare l’evidenza di essere tale, giustifichi l’iniziativa di chiedere un incontro con la Ministra – mi riferisco ancora una volta alla lettera dei componenti del Cdc di Articolo 101 alla Ministra – con la spregiudicata affermazione che la Gec non è in grado di essere rappresentativa della Magistratura, siccome composta da soggetti che appartengono ai Gruppi associativi e come tale arroccata nel tentativo di difendere il cd. sistema delle correnti, formula utilizzata nell’accezione più spregiativa.

Espressioni di sostanziale sfiducia nella Giunta e nell’intera Associazione, che viene accusata, proprio dal suo interno e in preoccupante corrispondenza con il pensiero dei suoi più irriducibili detrattori, di essere strutturalmente inadeguata a proporsi come soggetto autorevole e pienamente legittimato a intervenire nelle discussioni pubbliche e istituzionali sui temi della giustizia.

5. E invece la realtà è tutt’altra, e la Magistratura e la giurisdizione hanno un forte bisogno che l’Associazione ci sia, e sia forte e credibile.

Stanno cambiando molte cose, e con particolare rapidità.

5.1. La riforma del processo penale è già legge, l’orologio dell’improcedibilità è già in azione, ed è tarato nell’applicazione di una parte della disciplina transitoria – per i processi i cui atti siano già pervenuti, al momento di entrata in vigore della legge, presso il giudice dell’impugnazione – sui tempi più brevi – di un anno per il giudizio di cassazione e di due anni per il giudizio di appello a far data dal 19 ottobre scorso –, che metteranno a dura prova gli uffici giudiziari in maggiore difficoltà organizzativa.

Non abbiamo notizie della costituzione del Comitato tecnico-scientifico per il monitoraggio sull’efficienza della giustizia penale, previsto dalla legge di riforma, e credo si possa tutti convenire nell’auspicarne la rapida costituzione, perché gli uffici giudiziari non possono essere lasciati soli nell’affrontare una riforma, per dire eufemisticamente, complicata.

5.2. Tra pochi giorni sarà in vigore il decreto legislativo sulla presunzione di innocenza.

Anche qui, entro una cornice di apprezzabile rafforzamento di alcuni presidi di garanzia, sono state compiute scelte discutibili.

Si è irragionevolmente irrigidita la comunicazione con la Stampa dei Procuratori della Repubblica, che potranno servirsi esclusivamente di “comunicati ufficiali” e, nei casi di particolare rilevanza pubblica, di “conferenze stampa”.

Regole che non renderanno un buon servizio, questo è il timore, all’esigenza di una corretta informazione su quanto accade nel processo durante la fase delicatissima delle indagini.

L’Associazione dovrà essere pronta a rilevare le distorsioni applicative che oggi da più parti si prefigurano e non lasciare che siano soltanto i Procuratori della Repubblica a tenere alta l’attenzione su questi temi assai sensibili per l’effettività dell’assetto democratico della giustizia penale, di cui un tassello importante è proprio il rapporto con la Stampa.

5.3. Non tarderà la riforma del processo civile, e su questo, penso, qualche parola la spenderà il Segretario generale.

5.4. E seguirà anche la riforma della giustizia tributaria, in sé buona cosa perché si tratta di un settore di contenzioso che va curato con maggiore impegno anche del Legislatore.

Da quanto si legge sui giornali, però, la riforma potrebbe incamminarsi su percorsi di assai dubbia compatibilità costituzionale.

V’è già un documento elaborato dalla Giunta dell’Associazione della Corte di cassazione, del 7 settembre scorso, di critica all’idea di dare vita ad una giurisdizione tributaria speciale e di istituire una sezione speciale della Corte di cassazione aperta a giudici non ordinari.

Il tema non è di poco conto: si tratta della tenuta, dell’effettività del divieto costituzionale di istituzione di giudici speciali, di cui all’art. 102, e della fedeltà al valore della unità della giurisdizione secondo il delicato equilibrio raggiunto dalla Costituzione.

Anche su questo terreno sarà buona cosa che l’Associazione faccia sentire la sua voce, per la delicatezza dei temi che ne sono implicati.

6. Insomma, l’impegno che il tempo presente richiede alla nostra Associazione è tanto, e i capitoli a cui ho fatto cenno non sono che dei riferimenti esemplificativi, per quanto di centrale importanza.

Sta a noi non perderci nelle inutili e defatiganti polemiche interne, che immiseriscono e indeboliscono, prima che i singoli attori delle schermaglie, la Magistratura tutta, al cui servizio l’Associazione deve operare nell’interesse collettivo.

Buon lavoro!


Giuseppe Santalucia
Presidente dell'ANM


 



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