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29 novembre 2013

In ricordo di Alberto Giacomelli

Già Presidente di Sezione dello stesso Tribunale di Trapani, assassinato dalla criminalità organizzata.


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Alberto Giacomelli
(Trapani, 28 settembre 1919 - Trapani, 14 settembre 1988),
già presidente di sezione del Tribunale di Trapani, assassinato dalla mafia.


Quando viene ucciso, Alberto Giacomelli ha 69 anni e non esercita più le funzioni di magistrato; è in pensione da quindici mesi. È una mattina come tante, quella del 14 settembre 1988. L'ex magistrato esce alle 8 dalla casa di Logogrande a bordo della sua Fiat Panda. Attraversa la strada di campagna che costeggia vigneti e uliveti che si affacciano sul mare per poi immettersi sulla provinciale che conduce a Trapani. Probabilmente gli assassini lo costringono a fermarsi e a scendere dall'auto. Tre i colpi sparati, due dei quali colpiscono il giudice alla testa e all'addome causandone la morte.


Per gli investigatori, il suo caso è a lungo un rompicapo, un delitto senza movente. Giacomelli non è un “magistrato d'assalto”, non si è quasi mai occupato di vicende di mafia e conduce una vita tranquilla. In un primo processo, celebrato davanti alla Corte d'Assise di Trapani, per il fatto è condannata una banda di giovani “balordi”, accusati da un (falso) pentito di aver ucciso per vendetta. La “banda” sarà assolta in grado d'appello.


La svolta si verifica anni dopo, con le rivelazioni di un collaboratore di giustizia. Giacomelli, dice il collaboratore, è stato ucciso per “una questione di famiglia”. Come scrisse il giornalista del quotidiano trapanese La Sicilia, Rino Giacalone, non “famiglia” nel senso di Cosa Nostra, ma “famiglia di sangue”. Questa la nuova verità: il magistrato nel gennaio del 1985, nella sua qualità di Presidente della sezione per le misure di prevenzione del tribunale di Trapani, aveva confiscato l'abitazione di Gaetano Riina, fratello di Totò, applicando, tra i primi, la legge “Rognoni-La Torre”. Il 9 settembre del 1987 i Rima impugnarono il sequestro e Gaetano cercò di mantenere il possesso del bene facendosene nominare “affidatario”. Ma il tentativo fallì e l'anno successivo Giacomelli fu ucciso. Totò Rima è stato condannato in via definitiva all'ergastolo quale mandante dell'omicidio. A oggi non si conoscono i nomi dei killer.


Alberto Giacomelli è un magistrato all'antica. La passione per la professione gli è stata trasmessa dal padre, anch'egli giudice. Conseguita la laurea in giurisprudenza, nel 1946 assume le funzioni giudiziarie e viene destinato alla Procura della Repubblica di Trapani ove è Sostituto Procuratore fino al 1971, salvo che per i brevi periodi in cui è Pretore a Calatafimi e nella stessa Trapani. Viene poi trasferito al Tribunale di Trapani. Esercita funzioni di Giudice fino all'ottobre del 1978, quando assume quelle di Presidente di sezione ricoperte fino al suo pensionamento. Quando si ritira in campagna ad occuparsi delle terre di cui è proprietario, quasi tutti i trapanesi lo chiamano affettuosamente "U zu Bettu".


Il suo collega Pietro A. Sirena lo ricorda così: "Alberto era un uomo buono e mite, ed era allo stesso tempo un vero galantuomo, doti queste assai rare e senza le quali si potrà forse essere "giuristi", ma non si potrà amministrare vera "giustizia": compito del giudice non è quello di applicare meccanicamente le regole del diritto, ma soprattutto di mediare, da uomo onesto, le tensioni della società in cui vive".


La giornalista Serena Verrecchia dirà: "Il giudice Giacomelli era un uomo che non si aspettava di morire, un magistrato che non aveva sfidato a volto aperto Cosa nostra, ma un servitore dello Stato che quando il destino lo aveva posto dinanzi ad una prova di coraggio non si era tirato indietro. Non aveva badato ai nomi, Alberto Giacomelli. Aveva compiuto il suo dovere quando era stato chiamato a farlo e per questo fu ammazzato. Il suo non può restare un nome affisso al bordo di una strada, una storia caduta nell'oblio, ma deve diventare per tutti la testimonianza dell'aspetto brutale e vendicativo della mafia".


Nelle cronache di mafia, Alberto Giacomelli è abbastanza sconosciuto nell'Italia di oggi. Compare solo negli elenchi dei magistrati uccisi. Gli anniversari della morte sono ricordati da pochi. Al Palazzo di Giustizia della sua città nessuna targa lo commemora. L'ex Presidente del tribunale Alfredo Longa commenta amaramente: 'la sua uccisione fu tanto vigliacca quanto brutale. Oggi il rammarico più grande è l'oblio in cui è caduto l'omicidio quasi ci fossero vittime eccellenti ed altre meno".


Ora il consiglio comunale di Trapani ha voluto ricordare il magistrato ucciso dalla mafia intitolandogli una piazza nell'area adiacente il tribunale. Alla cerimonia, erano presenti i due figli del magistrato."Che questa piazza possa diventare un luogo di incontro e di solidarietà". Questo l'augurio espresso dal vescovo, monsignor Francesco Miccichè. «Giacomelli era un uomo che aveva il suo credo, quello della giustizia. Per ricordarne il sacrificio, il consiglio comunale di Trapani ha voluto intestare la piazzetta adiacente il tribunale, ricordarlo ai presenti per le sue qualità umane per aver instaurato con i suoi colleghi un clima familiare non curandosi delle gerarchie". (tratto dal volume “Nel loro segno” del Csm)



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