Le diverse specifiche opzioni in merito alla disciplina sostanziale dei contratti e del mercato del lavoro, dei licenziamenti, delle prestazioni assistenziali e previdenziali, in generale del nuovo Welfare da fondare in attuazione della Costituzione e della normativa dell’Unione Europea sono di competenza esclusiva del Parlamento e della sua capacità di sintetizzare il confronto tra le forze politiche e sociali.
Al riguardo, è compito però dell’ANM sottolineare che ogni specifica soluzione data dal legislatore ai singoli problemi debba necessariamente tenere conto dei principi costituzionali, che pongono i diritti fondamentali del lavoratore come diritti non derogabili dai contratti di lavoro e i diritti sociali come vincoli ad ogni politica di distribuzione delle risorse. Allo stesso modo, le scelte legislative in tema di mercato del lavoro debbano tendere ad un aumento della “mobilità”, non imposta, ma che sia l’effetto di un aumento delle opportunità di lavoro.
Va aggiunto che quella del giudice del lavoro è spesso la sola via utile che si offre al lavoratore per ottenere una verifica di legalità sull’esercizio di poteri contrassegnati in genere da unilateralità e dispiegati nell’ambito di un contratto connotato da disparità che non hanno eguali in nessun altro rapporto giuridico.
Nel sistema costituzionale, dunque, una Giustizia del lavoro efficiente è imprescindibile e fondamentale strumento di attuazione del “compito” che l’art. 3 comma 2 della Costituzione assegna alle Istituzioni della Repubblica: ridurre le diseguaglianze, sulla via di una sempre maggiore partecipazione dei lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
In tale prospettiva, soprattutto nell’attuale fase di crisi economica che ha visto profondi cambiamenti del mercato del lavoro e della legislazione relativa ai diritti dei lavoratori, si coglie la necessità politicoistituzionale, nella prossima legislatura, di una nuova centralità della Giustizia del lavoro, di un suo rilancio in termini di efficienza, di tempestività, di qualità nella risposta giurisdizionale alle sempre più nuove domande che è prevedibile le verranno presentate.
Come per la Giustizia civile, le attuali inefficienze trovano la loro prima e fondamentale causa nell’enorme divario tra il contenzioso da affrontare e le insufficienti forze in campo, che, soprattutto nelle Corti di Appello, e nonostante gli sforzi dei magistrati (che rendono la loro produttività statisticamente tra le più elevate d’Europa), non consentono di definire i procedimenti in tempi accettabili.
1) Come per la Giustizia civile, il primo intervento da operare è la realizzazione di un piano di investimenti in risorse materiali e personali che discenda dalla convinzione che una giustizia civile e del lavoro efficiente è anche un fattore essenziale di sviluppo economico e di allargamento della democrazia sostanziale, e che se vi sono settori della vita pubblica dove le spese devono essere tagliate o ristrutturate ve ne sono altri in cui è necessario investire, e tra questi vi è la Giustizia del Lavoro.
I processi di innovazione in corso – con la previsione tra l’altro dell’obbligatorietà del Processo Civile Telematico a partire dal giugno 2014 – e la fase di attuazione della revisione delle circoscrizioni giudiziarie e delle relative piante organiche (che nel settore lavoro andranno potenziate, a partire da quelle delle Corti d’Appello) offrono l’occasione per far sì che tale necessario Piano di investimenti e di messa in operadi nuove risorse non vada a cadere su un apparato fermo (con gli scarsi frutti già visti in passato) ma vada a inserirsi, ottimizzandone gli effetti, in un processo di complessiva riorganizzazione dell’apparato giudiziario che anche nel settore del Lavoro tenga conto dei flussi e della natura del contenzioso e delle diverse esigenze dei Distretti, per consentire ai giudici del lavoro di affrontare il contenzioso potendorispettare gli attuali termini del rito di cui agli artt. 415 e ss cpc.
2) I necessari interventi sulle procedure dovranno partire dalla considerazione che il processo del lavoro del 1973 è rito che ha dato buona prova di sé, per tecnica normativa, chiarezza, concisione e che non appare opportuno diminuirne la centralità prevedendo “riti speciali” per singole tipologie di cause.
Si propongono quindi i seguenti interventi:
3) Rafforzare la tutela del lavoratore nella prospettiva dell’inderogabilità, da parte dei contratti, della normativa sostanziale fondamentale e di una tendenziale riduzione del precariato, dando infine nuovo vigore alla tutela della sicurezza e della salute sul posto di lavoro.