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7 marzo 2025

«Dalla premier nessuna apertura, solo accuse ai magistrati»

Il vicesegretario Celli al Manifesto


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di Mario Di Vito

Stefano Celli, sostituto procuratore a Rimini, esponente di Magistratura democratica e vicesegretario dell'Anm. Durante il vostro incontro a palazzo Chigi ha mai avuto l'impressione che il governo volesse aprire un dialogo sulla riforma della giustizia?
Prima dell'incontro c'è stato il tentativo di accreditare a Meloni la volontà di dialogare, con concessione di possibili modifiche gradite a quelle parti dei gruppi che ragionano e agiscono in chiave clientelare. Sorteggio temperato, magari con una platea di sorteggiati talmente ampia da consentire loro un ampio margine di manovra. Non si poteva escludere una scelta di questo genere, ma a parte le voci, non si sa bene messe in giro da chi, anche prima dello sciopero, non mi è parsa mai una proposta realmente sul tavolo.

Come vede questo futuro tavolo promesso dal governo?
Non credo che l'Anm possa accettare di partecipare a un tavolo per l'attuazione di una riforma ritenuta sbagliata e dannosa. Se invece si tratta di segnalare le criticità del sistema giustizia e indicare possibili soluzioni lo abbiamo fatto anche ieri (mercoledì, ndr) e manteniamo la disponibilità alla collaborazione.

Che atteggiamento ha avuto Meloni nei vostri confronti?
L'atteggiamento è stato sicuramente cordiale. È mancato, però, l'altro aggettivo che di solito accompagna il primo: "costruttivo". Ecco io confidavo in un'apertura, anche solo di massima, ad alcune nostre argomentazioni, una disponibilità di fondo al cambiamento. O, almeno, l'esposizione di ragioni tecniche, giuridiche, culturali che potessero indurci a rivedere il nostro punto di vista. Abbiamo invece ascoltato accuse a singoli magistrati, fuori fuoco rispetto ai temi che avremmo dovuto trattare. L'affermazione che le correnti, che come tutte le associazioni sono tutelate dalla Carta, non avrebbero copertura costituzionale a differenza dei partiti. Critiche superficiali alla sentenza della sezione disciplinare, uno degli organi più rigorosi nel panorama degli ordini professionali, unica che ha in seno un terzo di non magistrati. Argomenti veramente poveri.

Si è parlato anche di giudici che vanno in giro con l'Unità e il manifesto in tasca. A dirla tutta qualcuno di voi scrive anche su questo giornale. Come la mettiamo con l'imparzialità?
Tema ampio. Rispondo con una domanda e una riflessione. Il giudice che non tiene alcun giornale in tasca non vota alle elezioni? Smette di avere idee politiche, orientamenti culturali, preferenze di partiti? Il fatto di non conoscerle tranquillizza il cittadino, si dice, sull'imparzialità del giudice. Dubito che questa tranquillità sia ben riposta. Quali che siano le idee del giudice, questi deve motivare le sue decisioni. E in quel momento le parzialità vengono a galla, perché la motivazione basata sulle preferenze ideologiche, invece che sulle prove, semplicemente non regge.

Non trova che il muro contro muro che si è venuto a creare col governo contribuisca a tenere l'Anm compatta?
Proprio così. È stato il mio secondo pensiero, che mi ha fatto dimenticare la delusione causata non tanto dall'esito, ma proprio dal tipo di argomentazioni usate dai nostri interlocutori, anche i più tecnici.

Dopo lo sciopero della settimana scorsa quali altre iniziative dovrebbe mettere in campo l'Anm?
Dobbiamo far comprendere ai cittadini le conseguenze della riforma. Per questo abbiamo già deciso, fra l'altro, la formazione del Comitato per la difesa della costituzione, che sarà incaricato di organizzare iniziative per promuovere la conoscenza della riforma e delle sue implicazioni. È un punto cui il gruppo di Md tiene molto, perché la nostra è una storia di confronto con il punto di vista esterno, una storia di contaminazione e di messa in discussione continua del proprio ruolo. Abbiamo poi intenzione di coinvolgere le istituzioni europee preposte al monitoraggio dell'indipendenza e imparzialità della magistratura. Alcuni paesi hanno adottato leggi in chiaro contrasto con i principi di autonomia e indipendenza della magistratura e l'Europa ha saputo reagire. Del resto gli organi europei hanno sempre raccomandato di facilitare il passaggio da una funzione all'altra, scambio che innesta equilibrio nell'azione del pubblico ministero e concretezza in quella del giudice.



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