Di Valentina Stella
Rocco Maruotti, Segretario generale dell’Anm, il caso della famiglia nel bosco ha riacceso le polemiche tra magistratura e politica. L’ennesimo atto in vista del referendum sulla separazione delle carriere?
Mi pare del tutto evidente che la strumentalizzazione che è stata fatta di questa vicenda si inquadri chiaramente nell’opera di delegittimazione della magistratura, funzionale a chi sta provando a trasformare la prossima consultazione referendaria in una sorta di ordalia sulla magistratura. Basti pensare, infatti, che in Italia il numero di bambini che vengono allontanati dalle famiglie è tra i più bassi in Europa (337 ogni 100.000 bambini, contro i 1180 della Francia, i 1080 della Germania e i 500 della Spagna). Questo però significa anche che provvedimenti di sospensione della responsabilità genitoriale, analoghi a quello adottato nei giorni scorsi dal Tribunale per i minorenni de L'Aquila, se ne registrano, nel nostro Paese, quasi uno al giorno. Eppure il ministro Salvini insorge solo adesso. Ma ciò che più preoccupa è che questa opera di delegittimazione ha innescato una campagna d'odio che sta producendo un vero e proprio linciaggio mediatico dei giudici che si sono occupati di questa vicenda. E questo è molto grave soprattutto per le ulteriori e più gravi conseguenze che questa situazione potrebbe determinare.
Altro tema di stringente attualità: l’accoglimento da parte dei gip delle richieste dei pm sembra dimostrare un appiattimento. Ma lei contesta i dati forniti da Nordio a Costa. Perché?
Al di là della sorprendente e inconsueta rapidità con cui è stata fornita la risposta, non contesto la veridicità di quei dati, ma la lettura scorretta e strumentale che ne è stata data dalle Camere penali. Quei numeri, infatti, non sono affatto l’espressione di un appiattimento acritico del gip sulle richieste del pm, ma trovano una chiara spiegazione alla luce delle regole processuali e nella logica progressione delle soglie probatorie previste dal codice di procedura penale. Basti pensare, ad esempio, che nella fase delle indagini preliminari, che si caratterizzano per la segretezza e per l’assenza di contraddittorio con l’indagato, il giudice decide sulle richieste del pubblico ministero sulla base della sola prospettazione fornita da quest’ultimo e potendosi accontentare dell’esistenza di “gravi indizi di reato o di colpevolezza”, e questo rende fisiologico un tasso più alto di accoglimento delle richieste della procura, rispetto a quello che si registra alla fine del dibattimento, nel quale la prova si forma nel contraddittorio tra le parti, e dove, non a caso, il tasso di accoglimento delle richieste di condanna avanzate dal pm, che presuppongono l’accertamento della responsabilità “al di là di ogni ragionevole dubbio”, scende al di sotto del 50%. Un dato diverso nella fase delle indagini preliminari sarebbe, invece, davvero preoccupante perché significherebbe che pm o gip non hanno un’adeguata cultura della prova.
Dopo gli scivoloni di Nicola Gratteri su Falcone e la sua reazioni verso alcuni giornalisti che gli chiedevano conto di questo, ritiene ancora che sia il giusto frontman per la vostra campagna?
Nicola Gratteri è uno dei magistrati più credibili e più ascoltati dai cittadini italiani. Interviene nel dibattito pubblico da uomo libero, quale è sempre stato, e sono certo che non si farà intimidire dagli attacchi pretestuosi che ha ricevuto nell’ultimo periodo dai sostenitori del Sì, che sono poca cosa rispetto ai gravi pericoli che affronta quotidianamente per il lavoro che svolge.
Non vi sentite abbandonati dalle forze di opposizione in questa campagna? Il Pd sembra sparito.
Abbiamo costituito un nostro Comitato aperto ai cittadini e non ai politici proprio per essere completamente autonomi e svincolati da chiunque altro, anche nel partecipare al dibattito referendario. Al momento, quello promosso dall’Anm mi risulta essere l’unico comitato per il No già costituito. Non so se ne arriveranno altri. In ogni caso noi andremo avanti per la nostra strada.
Continuate a ripetere in maniera incessante che il pm finirà sotto l’Esecutivo. Ma come fate a giudicare una norma per quello che non c’è?
Che questo sarà uno degli effetti della riforma lo hanno previsto, prima di noi, il sen. Marcello Pera e l’on. Andrea Delmastro, oltre alla stragrande maggioranza dei costituzionalisti. Alla stessa conclusione si arriva osservando quello che è successo in tutti i Paesi in cui è stata introdotta la separazione delle carriere. Ad ogni modo, se questa riforma verrà confermata dal referendum, per raggiungere un simile obiettivo, che in base alle più recenti dichiarazioni della premier Meloni e del sottosegretario Mantovano sembra già essere nelle intenzioni dell’attuale legislatore, non sarà necessario cambiare ulteriormente la Costituzione, ma basterà intervenire sulla legge ordinaria.
L’altra obiezione che fate è che il pm diventerà un super poliziotto. Anche se fosse, troverebbe un giudice più forte in grado di valutare le sue richieste.
Un pm staccato dal giudice subirà una metamorfosi, che lo allontanerà dalla cultura delle garanzie per avvicinarlo a quella del risultato, tipica delle forze di polizia, e come le forze di polizia dovrà dipendere da qualcuno. Ma la prospettiva più grave è che ad arginare la maggiore forza sul campo del pm non ci sarà un giudice più forte, bensì indebolito dall’assenza di un Csm autorevole e in grado di tutelarne fino in fondo l’autonomia e l’indipendenza dalle ingerenze della politica.
Giovanni Guzzetta ha detto: il sorteggio è legittimo perché il Csm non è un organo di rappresentanza politica. Perché lo temete così tanto? Vuole dire che l’unico sorteggiato adesso al Csm, il dottor Mirenda, sta lavorando male?
A mio giudizio il sorteggio è illegittimo perché è in contrasto con il pluralismo che ispira tutti gli organi di garanzia di rilevanza costituzionale come il Csm. Le elezioni servono a selezionare i migliori, il sorteggio no. Poi anche un sistema sbagliato può eccezionalmente produrre risultati buoni. Che questo sia il caso del consigliere Mirenda non sta a me dirlo.
Qual è l’obiezione più forte che si sente di muovere ai comitati per il Sì?
Ai sostenitori del Sì contesto il fatto che stanno illudendo i cittadini che questa riforma servirà a rendere la giustizia più efficiente e più giusta. Invece ai cittadini va spiegato che questa riforma indebolirà il Csm e quindi il giudice, rendendolo più permeabile alle pressioni della politica.