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La giustizia del futuro
non c'è futuro senza giustizia:
le proposte dell'anm per il paese
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L'efficienza del processo civile

L’inefficienza della giustizia civile compromette la corretta tutela e l’attuazione dei diritti, impedisce lo sviluppo dei mercati finanziari, distorce il mercato del credito e dei prodotti, inibisce la nascita d’imprese o ne compromette la crescita, rende poco attrattivi gli investimenti. Inoltre, la lentezza del processo civile, indebolendo la minaccia dell’applicazione di sanzioni tempestive, costituisce un incentivo a disattendere gli impegni contrattuali e a porre in essere comportamenti opportunistici da parte dei debitori e finisce per influenzare la qualità del credito, aumentando i costi d’intermediazione e determinando la richiesta di maggiori garanzie ai debitori. 



L’Associazione Nazionale Magistrati ha ripetutamente espresso il proprio parere favorevole per riforme del processo civile che, senza modificare radicalmente l’impianto attuale, ne superino i difetti e le lacune, consentendo di eliminare l’arretrato e di giungere a processi civili di durata ragionevole.



Alcune delle scelte fatte in questo ultimo scorcio di legislatura possono essere una base per una positiva riorganizzazione complessiva. In particolare, l’Anm ritiene opportuna l’adozione dei seguenti interventi:


1) Semplificazione dei riti. Ai provvedimenti già adottati di riduzione dei riti deve seguire un ulteriore intervento di maggior coraggio, che sostituisca i riti speciali residui non strettamente necessari in ragione della peculiarità della materia, in favore del procedimento sommario che, seppur perfettibile, non solo appare caratterizzato da una apprezzabile duttilità procedimentale, ma realizza anche un modello decisorio deformalizzato, che si dimostra efficace per la maggior parte dei procedimenti e che, però, consente opportunamente l’impugnazione per il giudice del gravame di carattere distrettuale.


2) Disincentivi contro l’abuso del processo. Il processo deve realizzare pienamente ed esclusivamente la funzione di accertamento e di tutela di diritti realmente controversi in un quadro di leale cooperazione tra le parti e non può essere utilizzato quale strumento di ritardo nella soddisfazione dei crediti o, all’opposto, come strumento di sleale aggravamento della condizione del debitore: in breve, non deve ridursi a strategia economica della parte che è in torto. Lo strumento dell’art. 96 c.p.c., la previsione delle astreintes per l’inadempimento dei soli obblighi di fare, l’aggravio di spese di contributo unificato per le impugnazioni inammissibili o improcedibili risolvono in misura parziale e non sistematica l’abuso del processo.


Possono essere introdotte le seguenti ulteriori misure:



  • interessi di tipo moratorio decorrenti ex lege dalla domanda giudiziale al soddisfo (parametrati, ad esempio, sugli interessi dovuti per i ritardi da transazioni commerciale di cui al d.lgs. n. 231/2002);

  • applicazione di sanzioni processuali in caso di resistenza in cause seriali per le quali vi sia un orientamento consolidato di legittimità;

  • ampliamento del novero delle pronunce di condanna per le quali siano applicabili le astreintes.


3) Smaltimento dell’arretrato. Ciascun Tribunale deve dotarsi del programma di smaltimento dell’arretrato, da coordinarsi necessariamente con la riorganizzazione degli uffici giudiziari e la scomparsa delle sezioni distaccate. Occorrono:



  • la centralizzazione tempestiva degli affari in vista dell’attuazione della legge, massima attenzione alle nuove piante organiche che consentano il recupero di risorse su base nazionale;

  • l’ampliamento dell’Ufficio del Giudice con compiti di smaltimento;

  • la valutazione, ai fini della conferma degli incarichi direttivi, del rispetto degli obiettivi di smaltimento.


4) Mediazione di qualità. Dopo la caducazione del decreto legislativo sulla mediazione da parte della Corte Costituzionale per eccesso di delega, non può essere perduta l’opportunità di una nuova introduzione più meditata delle forme di mediazione e di conciliazione, con costi minori per il cittadino e premialità nell’adesione alla proposta di mediazione o conciliazione. Occorrono regole deontologiche e di incompatibilità più rigorose, il rispetto di un principio di competenza e corrispondenza tra organismi di mediazione ed uffici giudiziari, una adeguata professionalità per i mediatori.


5) Disciplina delle impugnazioni. Appare necessario intervenire sulla disciplina del giudizio di appello con la riduzione dei motivi proponibili e l’abrogazione del cd. “filtro in appello” introdotto dal decreto legge 22 giugno 2012 n. 83, che rischia di determinare un lavoro aggiuntivo nel caso di declaratoria di ammissibilità dell’appello e, nel caso contrario, una deroga alla regola generale secondo cui il giudizio di cassazione ha per oggetto la sentenza di appello. Rispetto all’applicazione del “filtro” si ritiene preferibile la decisione degli appelli manifestamente infondati secondo la procedura dell’art. 281 sexies c.p.c., disposizione recentemente estesa all’appello.


6) Fase esecutiva. Il processo di esecuzione risente ancora della duplicazione di valutazioni e di gravose scissioni di fase cognitive e decisorie. Ad esempio, i giudizi di opposizione, almeno contro titoli esecutivi di carattere giudiziario, devono essere necessariamente e unitariamente svolti con le forme del rito sommario, prevedendo anche che la decisione sulla sospensiva non impugnata o sul reclamo possa essere modificata con la decisione finale solo in caso di integrazione del materiale istruttorio. 
Inoltre, il creditore che vanta un titolo esecutivo nei confronti del debitore incontra ingiustificate e spesso insuperabili difficoltà nell’accertamento dei beni posseduti dal debitore. Ciò comporta frequentemente una difesa ingiustificata nel processo e una rinuncia alla tutela dei diritti, con incremento del volume generale del contenzioso. Appare necessario che lo Stato, anche in vista di un’effettiva utilità dei titoli esecutivi di formazione europea, sotto il controllo dell’autorità giudiziaria agevoli il creditore nella ricerca dei beni da sottoporre a esecuzione rendendo inutile il tentativo di occultare gli stessi da parte del soccombente inadempiente. Ciò potrebbe avvenire mediante un apposito Ufficio Centralizzato di Esecuzione che, sotto il controllo del giudice dell’esecuzione, dia notizia dei beni e dei crediti dell’esecutato e proceda al pignoramento informatico delle somme giacenti presso le banche.


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