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21 ottobre 2017

Relazione di Marcello Basilico, componente dell'Ufficio sindacale ANM

33º Congresso nazionale ANM


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Sicurezza, tutela della salute e risorse


La giustizia lasciata sola


Le ragioni d’un interpello


Non possiamo certo più definire isolati gli episodi di aggressione subiti dai magistrati e, più in generale, dagli operatori, all’interno dei luoghi in cui si somministra la giustizia. Essi destano indignazione, purtroppo non stupore, poiché è esperienza comune di quanto sia agevole per chiunque venire a contatto nei nostri Palazzi di giustizia, in modo incontrollato ed in ogni ora del giorno, con coloro che vi lavorano.


Per un altro verso, le risorse che i magistrati da anni chiedono per accrescere l’efficienza del loro servizio non si fermano al personale; riguardano anche e soprattutto i mezzi materiali, oggi limitati, obsoleti, spesso insufficienti ad assicurare la dignità della funzione giudiziaria nonché il rispetto da e verso i cittadini che vi si accostano.


L’inadeguatezza di mezzi e misure è perfino fonte d’imbarazzo quando, come sempre più spesso accade, le si confrontano con quelle di ambienti giudiziari stranieri, anche in Paesi tradizionalmente non considerati all’avanguardia. La comparazione dimostra che, laddove si vuole, si possono avere strutture all’altezza del servizio cui la magistratura è chiamata.


Di fronte a questa realtà, l’iniziativa di sottoporre a tutti i magistrati associati un questionario sulla tutela della salute e della sicurezza è stata una prima azione innovativa. Mai l’A.N.M. aveva chiamato a raccolta i magistrati su temi che attengono alla quotidianità del loro lavoro. L’obiettivo del C.D.C. e dell’ufficio sindacale era duplice: ottenere un quadro panoramico sullo stato delle misure adottate in materia nei nostri palazzi di giustizia; acquisire la cifra della percezione e della sensibilità dei magistrati sui problemi legati alla sicurezza nei loro luoghi di lavoro.


Sono le basi per avviare iniziative mirate a maggiore tutela della categoria.1


La partecipazione alla consultazione


Hanno compilato il questionario 2.998 magistrati, su 8.142 interpellati. E’ il 36,81% dei magistrati associati.


Si tratta d’un risultato notevole, se consideriamo gli esiti di consultazioni precedenti, il fatto che questa richiedeva un qualche impegno nella compilazione ed il tempo messo a disposizione dei colleghi per provvedervi.


I risponditori si sono così suddivisi:



  • 2128 giudicanti - 712 inquirenti - 87 giudici minorili - 71 magistrati di sorveglianza;

  • 1246 civilisti e 1752 penalisti (secondo la qualificazione data, quando necessaria, in base al criterio di prevalenza);

  • 2463 in primo grado - 416 in appello - 119 in cassazione;

  • 72 dirigenti (su 337 interpellati, dunque il 21,36%), ai quali erano diretti quesiti specifici aggiuntivi, e 2.926 non dirigenti (su 7.805, il 37,49%).


Naturalmente, essendo nella facoltà del singolo magistrato collaborare all’iniziativa, sono pervenute risposte distribuite in modo eterogeneo sia sul piano territoriale sia nell’ambito delle singole realtà lavorative. Merita comunque di essere segnalata una certa uniformità numerica nella distribuzione per regioni (dalle 17 del Molise, 44 Basilicata e 50 dell’Umbria alle 375 della Lombardia e 368 del Lazio, comprendente però anche la Cassazione) …


… per aree geografiche:



  • 1.047 nord Italia (Piemonte e Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Trentino e A. Adige, Friuli V.G. e Liguria)

  • 783 centro Italia (Emilia R., Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo e Molise);

  • 119 cassazione;

  • 1.057 sud Italia e isole (Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna).


Le percentuali di seguito riportate sono calcolate, quando non sia altrimenti precisato, sul numero complessivo dei risponditori.


La sicurezza


Particolare attualità e urgenza riveste la necessità di dotare le sedi degli uffici giudiziari delle misure necessarie a prevenire il rischio di accessi incontrollati e conseguenti aggressioni al personale di servizio o di atti comunque pericolosi per l’incolumità.


I controlli in accesso


Quasi un terzo dei magistrati (30,82%) lavora ancora in edifici privi d’ingresso riservato a loro ed al personale; ciò rende più difficile il controllo e la selezione degli accessi, malgrado la diffusa presenza di metal detector o di una vigilanza continuativa: soltanto il 14% ha risposto che il proprio palazzo di giustizia ne è del tutto privo. Peraltro quest’ultimo dato è solo apparentemente marginale se si considera che ben il 30,75% ha riferito che i sistemi di controllo, pur presenti, non sono funzionanti per l’intera giornata lavorativa [Fig. 1]; percentuale analoga di risposte riguarda l’assenza di controlli “effettivi” a (tutti) gli ingressi dei nostri edifici [Fig. 2].



Fig. 1 Fig. 2


Sotto questi profili le risposte pervenute dai pubblici ministeri sono un poco più rassicuranti (il 21,48% ha dichiarato che la vigilanza non copre l’intera giornata; il 27,52% che i controlli non danno garanzie di effettività), mentre quelle dei giudici sono più preoccupate: secondo il 33,61% i controlli in accesso sono insicuri.


Il deficit di sorveglianza si lega alle carenze strutturali: il 54% dei magistrati lavora all’interno di edifici che ospitano solo parte degli uffici giudiziari del circondario, che sono distribuiti su più sedi nel territorio. La mancata concentrazione in un unico luogo rende evidentemente più oneroso economicamente e complesso dal punto di vista organizzativo l’allestimento di servizi di vigilanza efficiente. Ciò è disfunzionale anche per l’attività giudiziaria interna e comporta disagi specifici per i magistrati ed il personale amministrativo oltre che, com’è evidente, per avvocati ed utenza.


Nel 34,76% dei casi gli stabili che ospitano gli uffici giudiziari hanno oltre tre ingressi. Il controllo di goni varco risulta inevitabilmente più difficoltoso.


Negli spazi a risposta libera molti magistrati hanno lamentato la vetustà delle strutture. Sono diversi ancora gli uffici giudiziari ospitati in edifici condivisi con altri enti, non sempre pubblici, o destinati originariamente ad usi del tutto eterogenei (ad es., un cinema).


Questi dati, già da soli, dimostrano l’assenza d’una sorveglianza diffusa e uniforme e quanto dunque sia tutt’ora possibile ad estranei malintenzionati accedere in molti palazzi di giustizia. 


La protezione interna


Il 50,7% dei magistrati riferisce che nel proprio Palazzo di giustizia non c’è personale addetto all’ordine pubblico che vigili nei corridoi e all’esterno delle aule d’udienza [Fig. 3].



Fig. 3


La carenza delle misure di protezione personale all’interno degli uffici dei magistrati è quasi totale: l’88% dichiara di non disporre di strumenti per chiamate d’emergenza; l’86% non ha videocitofono o sistemi d’identificazione dei visitatori dall’interno della propria stanza; l’84% lavora in uffici privi di porte antisfondamento o, comunque, non agevolmente superabili.


E’ significativo il fatto che queste percentuali negative subiscano modifiche poco apprezzabili distinguendo i risponditori tra pubblici ministeri e giudicanti, tra magistrati del primo o del secondo grado. Se ne ricava la fotografia d’una scarsità di risorse uniforme, indifferente anche alle funzioni ed alla conseguente differenza di esposizione alle possibili intemperanze di estranei.


L’isolamento fisico del magistrato durante il servizio è plasticamente rappresentato dai risultati relativi allo svolgimento dell’udienza: il 72,78% riferisce che nell’udienza non c’è un ufficiale giudiziario o altro addetto alla chiamata dei testimoni [Fig. 4]; il 60,64% che anche nell’udienza pubblica manca abitualmente personale di vigilanza (per il 34,99% essa non è mai presente, neppure a richiesta) [Fig. 5].



Fig. 4 Fig. 5


Ma il risultato forse più impressionante riguarda il luogo di celebrazione dell’udienza: dato per premesso che quella civile si tiene quasi ovunque, con poche encomiabili eccezioni, nella stanza del giudice, situazione analoga si registra con frequenza allarmante pure per molte udienze pubbliche: stando al 24,28% dei risponditori, anch’esse vengono celebrate di fatto non in aula, ma in una stanza. La percentuale negativa raggiunta su questo quesito è ovviamente irrisoria per i giudici di appello (0,96%); diventa addirittura del 29,25% se si guarda ai soli giudicanti di primo grado. Va notato che il dato non è associabile ad altre e più diffuse carenze socio-territoriali: al nord, anzi, il numero di riscontri negativi per le udienze fuori dall’aula è crescente (29,92%).


La lettura incrociata dei dati porta alla luce l’esposizione a rischio costante del magistrato sul luogo di lavoro, in difetto di presidi di controllo e d’intervento nella sua stanza e di figure dissuasive durante la sua attività pubblica.


Oltre alla carenza di risorse e di misure, un elemento di riflessione è costituito dal mancato coinvolgimento di magistrati nell’attività di prevenzione. Con due sole eccezioni, la loro assenza nelle rappresentanze dei lavoratori è stata riferita da tutti i dirigenti.


La protezione della salute


L’88,82% dei magistrati dichiara di trascorrere davanti al videoterminale da 20 a 40 ore settimanali o più del proprio tempo lavorativo [Fig. 6].


Ciò malgrado, il 54,39% non è mai stato sottoposto dall’Amministrazione a visita oculistica, il 26,36% non più d’una volta in carriera.


Fig. 6


Il 56,54% si dichiara privo in ufficio d’una lampada o d’una fonte luminosa che direzioni opportunamente il fascio di luce sulla scrivania.


Tutto ciò va ad aggravare la posizione d’una categoria che, forse anche per la natura intellettuale dell’attività, accusa deficit visivi diffusi: il 73,75% dei magistrati ha dichiarato di usare abitualmente occhiali o lenti per lavorare; la percentuale decolla al 90,91% tra i dirigenti degli uffici.


Il 51,54% ha riferito di accusare sempre o frequentemente sintomi di affaticamento corporeo alla fine della giornata lavorativa, tipici d’un lavoro prevalentemente sedentario. Il 39% lamenta che il sedile su cui lavorano abitualmente non sostiene la regione lombare; il 35% dispone tutt’ora d’una sedia non scorrevole e regolabile, men che meno, dunque, ergonomica.


Il 50,5% non sa a chi rivolgersi nell’ufficio per chiedere eventualmente un adeguamento della propria postazione di lavoro.


Non sorprende, dunque, che gran parte (41%) dei magistrati utilizzi anche strumenti di proprietà personale nell’attività d’ufficio.


Il campione di magistrati che hanno relazioni costanti o frequenti con soggetti a rischio di contagio da malattie infettive è sufficientemente probante (642 pari al 21,41% dei partecipanti). In 26 soltanto hanno riferito di potere utilizzare, in caso di necessità, dispositivi di protezione individuale. 


Le risorse materiali


La disponibilità di risorse materiali incide sui livelli di sicurezza e di tutela della salute, ma investe anche altre esigenze primarie: l’accessibilità dei servizi ai cittadini; l’adeguatezza delle strutture alla produttività richiesta; la dignità di chi lavora negli ambienti in cui si esercita la giurisdizione; il livello di coinvolgimento e soddisfazione di quanto operano nell’organizzazione amministrativa (parte rilevante del cd. benessere lavorativo sostenibile).


Sotto il primo profilo, appare grave e perfino anacronistico che nel 34,39% dei casi magistrati abbia dichiarato di lavorare in palazzi di giustizia privi di accesso dedicati ai disabili o inadeguati (la percentuale sale al 48,8% se si aggiunge chi ha risposto “sì, ma a richiesta”) [Fig. 7].


Nell’area sud-isole la percentuale negativa è addirittura del 43,9% (55,82% inserendo i dati dell’accessibilità a richiesta). Ciò significa che qui in un edificio su due il dipendente o l’utente affetto da handicap non possono accedere liberamente agli uffici giudiziari.



Fig. 7


L’impiego della tecnologia non è ottimale. Solo il 25,61% dei magistrati ritiene di avere una formazione adeguata alle procedure informatiche che sarebbero necessarie per il proprio lavoro. L’informazione è significativa, poiché proviene da un campione probabilmente più sensibile all’uso delle tecnologie ed ai temi organizzativi, avendo partecipato alla compilazione del questionario.


Il 54,4% ha dichiarato inoltre di non disporre di strumenti per assumere le prove in videoconferenza o di poterseli procurare con difficoltà.


Nel 38,5% dei casi gli impianti di riscaldamento attivi non rimangono accesi per l’intera giornata lavorativa.


Il 31,5% dei magistrati lavora senza avere sistemi di condizionamento estivo dell’aria nel proprio ufficio.


Il 37,86% ha dichiarato che la sostituzione dei filtri dei condizionatori non avviene con cadenza annuale.


A neutralizzare il margine di soggettività di queste risposte provvede un altro significativo elemento: quasi 1 magistrato su 4 ha riferito di provvedere a riscaldare o condizionare l’aria del proprio ufficio con mezzi propri.


Quest’ultimo dato si salda con quelli relativi alla pulizia dell’ambiente di lavoro: nel 48,28% dei casi la stanza del magistrato viene pulita con frequenza inferiore ad un giorno su due, addirittura nel 25,7% non più d’una volta a settimana. Sono stati ben 1.399, il 46,66%, coloro che hanno dichiarato di essersi trovati a dovere provvedere personalmente alla pulizia della stanza dopo un trasferimento, un intervento manutentivo comunque un evento relativo al servizio.


I riscontri sulla frequenza delle pulizie e le dotazioni dei servizi igienici sono stati in buona parte soddisfacenti. Tuttavia negli spazi a risposta libera decine di magistrati ne hanno lamentato l’inadeguatezza soprattutto strutturale. 


L’assistenza professionale al magistrato


1 magistrato su 4 (24,65%) riferisce di non avere mai assistenza in udienza; 1 su 3 (33,32%) l’ha in modo irregolare.


Con buona pace dell’ufficio del processo, nel 50,11% dei casi il magistrato non dispone d’un assistente di cancelleria che segua il suo lavoro in modo esclusivo o prevalente. Le percentuali peggiori sono al nord (56,77%) e al centro (53,15%), mentre al sud la sofferenza sembra leggermente inferiore (40,70%) [Fig. 8].


Il 48,55% dei magistrati ritiene che il personale di cancelleria con cui è a contatto abbia una formazione professionale complessiva ottima o buona (ma solo il 68,04% la ritiene comunque sufficiente). Se si passa alla formazione informatica specifica, però, le risponde positive scendono al 32,57 %.


Fig. 8 – L’assenza di personale dedicato al lavoro di un singolo giudice



Solo il 25,78% può avvalersi di magistrati onorari o, se p.m., di ufficiali di p.g. che collaborano alla definizione dei suoi procedimenti. Tra i giudicanti, sono solo il 17,24 a beneficiarne e, naturalmente, la percentuale è ristretta ai giudici di primo grado (dai quali è venuto infatti il 38,57% di risposte positive).


Sono più di 1 su 4 i magistrati che si dichiarano privi di collaboratori addetti ad inviare le comunicazioni od a fotocopiare atti. Tra i giudici questa percentuale sale al 38,94.


Il magistrato itinerante


Meno della metà dei magistrati che ha risposto al questionario (43,56%) ha l’ufficio entro un raggio di dieci chilometri dall’abitazione; quasi 1 su 6 (15,77%) abita ad oltre cinquanta chilometri dalla sede lavorativa, percentuale pressoché coincidente con quella di chi (14,11%) impiega oltre un’ora per raggiungerla, prevalentemente in autovettura (57,78%).


Nello spazio del questionario a risposta libera molti hanno lamentato l’assenza di parcheggi disponibili nei rispettivi palazzi di giustizia.


Ne emerge la figura d’un magistrato che per lavorare si muove molto e a fatica, a maggiore ragione se meno della metà (48,56%) non ha necessità di spostarsi nell’arco della giornata tra la propria ed altre sedi giudiziarie. La maggioranza dei magistrati è invece tenuta a farlo.


Tra i pubblici ministeri, in particolare, più di 1 su 5 (20,64%) deve spostarsi per servizio più volte a settimana, se non ogni giorno; l’impegno psicofisico è aggravato dal fatto che per oltre la metà di loro (51,26%) il luogo di lavoro è dislocato altrove rispetto ai locali che ospitano gli altri uffici giudiziari del circondario o del distretto in cui opera abitualmente.


Il mondo Cassazione


Le risposte pervenute dai consiglieri offrono uno spaccato significativo delle difficoltà di mezzi in cui si dibatte la Corte di cassazione nonostante l’impegno eccezionale che le viene richiesto in questi anni dal carico di lavoro numerico.


Si tratta come noto di un ufficio composto in larga misura da magistrati itineranti, provenienti da altre regioni d’Italia. Solo 1 su 3 (33,61%), tra quanti hanno risposto al questionario, ha dichiarato però di abitare ad oltre cinquanta chilometri dalla sede di lavoro, segno che la partecipazione all’iniziativa del questionario è venuta soprattutto da magistrati laziali.


Il 60,5% ha una stanza nel Palazzo di giustizia per lavorare, ma soltanto per il 19% la stanza è a loro totale disposizione. Nel 68,07% dei casi si tratta di stanze di superficie non superiore a 36 mq., nel 45,38% non supera i 25 mq. e nel 24,37% è inferiore a 16 mq., dimensioni invero modeste per dare spazio a più lavoratori.


Sebbene il 75% abbia dichiarato di stare al computer non meno di venti ore a settimana (ed il 54% oltre quaranta), 1 su 2 non è mai stato sottoposto a visita oculistica. Secondo il 29,4% l’illuminazione naturale del proprio ufficio è nulla o insufficiente.


Il 69% riferisce di non avere personale che segua direttamente il suo lavoro.


Secondo il 38,65% la dotazione di strumenti essenziali come carta o inchiostro della stampante è non più che sufficiente ed il 28,57% non sa a chi rivolgersi in ufficio per chiederne l’eventuale sostituzione.


L'Ufficio sindacale dell'ANM 


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1Ne è conseguita un’impostazione per quesiti a risposta multipla e predeterminata. Le domande richiedevano risposte fattuali, con margini ridotti di soggettività; le risposte possibili sono state pensate anche nella prospettiva d’un eventuale accorpamento per gruppi di quesiti omogenei in relazione ad alcune questioni più generali (ad es. 65% di risposte SI sulle domande relative all’impiego di dotazioni personali). Parte del questionario era infine a risposta libera, dedicata ad opinioni e suggerimenti dei colleghi.



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