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FAQ
25 ottobre 2013

Trattenute indennità giudiziaria

Azioni legali in merito alle trattenute operate sull'indennità giudiziaria in caso di permesso ai sensi della legge n. 104 del 1992

Roma, 15 febbraio 2013

Spett.le
A.N.M.
Associazione Nazionale Magistrati

- Oggetto: sulla possibilità di intraprendere azioni legali in merito alle trattenute operate sull’indennità giudiziaria in caso di permesso ai sensi della legge n. 104 del 1992.

E’ stato chiesto di verificare se esistano i presupposti per intraprendere le più opportune iniziative legali per rivendicare la computabilità dell’indennità giudiziaria nel trattamento spettante ai magistrati che fruiscono dei premessi di cui alla legge n. 104 del 1992, anche alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale n. 223/2012.

1. Per formulare la valutazione richiesta, va preliminarmente osservato che la disciplina di legge vigente in materia si presta ad opposte soluzioni interpretative.
br> 2. Ed infatti, da un lato, la disciplina sui permessi di cui alla legge n. 104 del 1992 stabilisce che, per ogni permesso, “è dovuta un’indennità pari all’intero ammontare della retribuzione” (art. 33, comma 4, della legge n. 104 del 1992, poi trasfuso nell’art. 43, comma 1, del d. lgs. n. 151 del 2001).
br> Onde, in base a tale previsione, il trattamento spettante ai magistrati in caso di permesso sembrerebbe dover comprendere anche l’indennità giudiziaria, che forma parte integrante della loro “retribuzione” (sulla natura retributiva dell’indennità, si veda ex multis Cons. di Stato, Sez. IV, 30 luglio 1996, n. 923).

Peraltro, ove si consideri che, in caso di congedo straordinario per assistenza al disabile, il lavoratore ha diritto ad una indennità che è commisurata alle sole “voci fisse e continuative del trattamento economico” (art. 42, comma 5 ter, d. lgs. n. 151 del 2001), ne consegue che nell’ “intero ammontare della retribuzione” rientrano anche voci che non siano “fisse e continuative”, ma siano invece connesse a particolari modalità della prestazione lavorativa.

3. Dall’altro lato, però, la disciplina dell’indennità giudiziaria stabilisce che essa è dovuta “in relazione agli oneri” che i magistrati “incontrano nello svolgimento della loro attività” (art. 3 della legge n. 27 del 1981); il che sembrerebbe escluderne la spettanza laddove il servizio non venga effettivamente prestato, come in caso di permesso.

Tale collegamento tra l’indennità giudiziaria e l’effettivo espletamento del servizio è stato ribadito, in modo rigoroso, dalla costante giurisprudenza, soprattutto della Corte costituzionale, che in più occasioni ha affermato che la norma citata pone una “correlazione necessaria tra la corresponsione dell’indennità e il concreto esercizio delle funzioni” e che “l’insieme degli oneri, in relazione ai quali tale indennità è stata istituita, viene meno quando il servizio, per qualsiasi causa, non è concretamente prestato” (C. cost., sent. n. 407/1996; nello stesso senso, cfr. C. cost., ord. n. 106/1997; sent. n. 287/2006; ord. n. 290/2006; ord. n. 302/2006; ord. n. 137/2008; ord. n. 346/2008; nella giurisprudenza di merito, si veda , da ultimo, Tar Lazio, Sez. I, 17 febbraio 2010, n. 2301).

In base a tale principio, la Corte costituzionale ha, in più occasioni, ritenuto che la disciplina dell’indennità giudiziaria è conforme alla Costituzione anche laddove esclude la spettanza dell’indennità in caso di congedo per maternità e di congedo o aspettativa per malattia.

4. Va, tuttavia, osservato che l’art. 3 della legge n. 27 del 1981, dopo aver individuato la ratio dell’indennità giudiziaria, stabilisce che essa è corrisposta “in ratei mensili con esclusione dei periodi di congedo straordinario, di aspettativa per qualsiasi causa, di astensione facoltativa previsti dagli articoli 32 e 47, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (si tratta del congedo facoltativo per maternità: n.d.r.) e di sospensione dal servizio per qualsiasi causa”.

Onde, la previsione di specifici casi di “esclusione” impone di verificare se quei casi sono meramente esemplificativi delle ipotesi in cui l’indennità non è dovuta, ovvero se si tratta di esclusioni tassative, per poi stabilire, nel secondo caso, se tali esclusioni ricomprendano anche i permessi di cui alla legge n. 104 del 1992.

5. Sotto il primo profilo, può essere ragionevolmente sostenuto che le esclusioni indicate dalla norma hanno carattere tassativo.

Ed infatti, laddove il legislatore avesse inteso escludere l’indennità per ogni ipotesi di assenza dal servizio, avrebbe potuto dirlo chiaramente utilizzando altre espressioni.

Ed invece, le ipotesi di esclusione indicate dalla norma riguardano specifici e nominati istituti (il congedo, l’aspettativa, l’astensione facoltativa per maternità), che non avrebbe avuto senso indicare specificamente laddove si fosse voluto comprendervi ogni ipotesi di assenza dal servizio.

Né depongono in senso contrario le espressioni “aspettativa per qualsiasi causa” e “sospensione dal servizio per qualsiasi causa”, essendo evidente che l’inciso “per qualsiasi causa” si riferisce alle diverse “cause” che, per legge, possono dar luogo ad una “aspettativa” o ad una “sospensione dal servizio”.

6. Quanto al secondo profilo, sembra ragionevole ritenere che i permessi di cui alla legge n. 104 del 1992 non rientrino nelle ipotesi testuali di esclusione indicate dall’art. 3 della legge n. 27 del 1981.

Ed infatti, quei permessi, da un lato, non rientrano certamente nelle ipotesi di astensione facoltativa di maternità e di “sospensione dal servizio”.

Dall’altro lato, non sembrano nemmeno riconducibili alle ipotesi di “congedo straordinario” e di “aspettativa per qualsiasi causa”; espressioni, queste, che sembrano riferirsi a specifici istituti (il congedo e l’aspettativa) che hanno una loro propria regolamentazione di legge (contenuta nel D.P.R. n. 3 del 1957 e in disposizioni successive che hanno introdotto ulteriori ipotesi di “congedo”, come, proprio in materia di assistenza ai disabili, l’art. 42, comma 5, del d. lgs. n. 151 del 2001), diversa da quella dei permessi.

7. Dalle considerazioni che precedono deriva che il trattamento del magistrato, in caso di permesso ex legge n. 104 del 1992, dovrebbe comprendere anche l’indennità giudiziaria.

A questa interpretazione, però, potrebbe essere obiettato di non tenere conto del fatto che l’indennità giudiziaria è, per legge, correlata agli “oneri” connessi allo “svolgimento” dell’attività del magistrato e che tale correlazione, come si è visto, è stata indicata come “necessaria” dalla giurisprudenza.

Senonché, tale obiezione potrebbe essere superata osservando, in primo luogo, che la suddetta giurisprudenza, da quanto consta, ha affermato il principio della “necessaria correlazione” sempre con riferimento a fattispecie in cui la spettanza dell’indennità era esclusa direttamente dalla legge (congedo di maternità o di malattia).

In secondo luogo, che il legislatore ben potrebbe aver ritenuto che non tutte le assenze dal servizio determinano una cesura nella continuità dell’attività del magistrato, tale da far venir meno, nel loro complesso, i particolari “oneri” cui è connessa l’indennità.

Tanto è vero che le ipotesi di esclusione previste dalla legge (congedo, aspettativa e sospensione dal servizio) riguardano casi in cui l’assenza dal servizio è, o può essere, di lunga durata. Mentre nel caso dei permessi di cui alla legge n. 104 del 1992 l’assenza ha una durata tendenzialmente limitata (di un giorno o di due ore nell’arco della giornata).

In terzo luogo, potrebbe comunque essere valorizzata la ratio della disciplina dei permessi in questione, che, nel garantire l’“intera retribuzione”, sembra voler escludere ogni pregiudizio retributivo ai lavoratori che usufruiscano dei permessi, nell’ottica di una piena tutela delle situazioni di disabilità, che risponde a valori costituzionalmente garantiti (in tal senso, cfr. Consiglio di Stato, parere n. 3389 del 9 novembre 2005).

8. Sul punto, non sembrano invece rilevare le considerazioni contenute nella recente sentenza n. 223 del 2012 della Corte costituzionale, che pure ha sottolineato come l’indennità giudiziaria si inserisca nel complesso delle disposizioni che disciplinano il trattamento economico dei magistrati in modo da garantirne l’autonomia e l’indipendenza. Ed infatti, in altre occasioni la stessa Corte costituzionale ha precisato che la trattenuta dell’indennità giudiziaria in determinati casi di assenza dal servizio previsti dalla legge (nella specie, si trattava del congedo obbligatorio di maternità) costituisce una mera “modalità di erogazione di una componente del trattamento economico dei magistrati”, che non può essere considerata lesiva delle “garanzie di quel trattamento in maniera tale da configurare un attentato all’indipendenza dei giudici” (C. cost., ordinanza n. 14 luglio 2006, n. 290).

9. Pertanto, in conclusione, vi sono argomenti ragionevolmente sostenibili per rivendicare la computabilità dell’indennità giudiziaria nel trattamento spettante al magistrato in caso di permesso ex legge n. 104 del 1992, posto che:

- per quei permessi, è prevista un’indennità pari alla “intera retribuzione”;

- quei permessi non rientrano nei casi, che sembrano tassativi, nei quali la legge esclude la spettanza dell’indennità giudiziaria;

- in ogni caso, può essere valorizzato il carattere “speciale” delle disposizioni di legge sui permessi di cui alla legge n. 104 del 1992, che sono finalizzati a garantire piena tutela alle situazioni di disabilità, anche attraverso il riconoscimento dell’intera retribuzione.

Ciò con l’avvertenza – forse ovvia ma comunque doverosa - che l’esito di un’eventuale azione giurisdizionale sarebbe incerto, sia perché mancano precedenti giurisprudenziali conformi alla soluzione prospettata; sia perché la tesi opposta non appare manifestamente irragionevole e troverebbe conforto nei principi affermati, sia pure in fattispecie diverse, dalla giurisprudenza.

Al riguardo, peraltro, potrebbe essere opportuno proporre una richiesta o diffida stragiudiziale, da parte di singoli magistrati, sia per esplorare una possibilità, seppur remota, di ottemperanza spontanea, sia per poter preventivamente valutare la “tenuta” degli argomenti eventualmente opposti nel caso di risposta negativa.

Resto a disposizione per qualsiasi ulteriore approfondimento.

Avv. Guido Rossi

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