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dei magistrati italiani. Tutela i valori costituzionali, l'indipendenza e l'autonomia della magistratura.
    


25 ottobre 2013

La relazione del Ministro della giustizia Annamaria Cancellieri

XXXI Congresso dell'Associazione Nazionale Magistrati


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Signor Presidente della Repubblica,
Autorità,
Signori Magistrati

Sono molto felice di partecipare a questo congresso e colgo con piacere l'occasione per ringraziare l’Associazione Nazionale Magistrati per l’impegno e la capacità con cui è riuscita a porsi, nel corso di tanti anni, come autorevole e prezioso interlocutore per il mondo della politica e delle istituzioni contribuendo ad animare ed arricchire il confronto e il dibattito su tutte le principali questioni in materia di giustizia.

Un’ autorevolezza che si fonda sulla forza delle competenze e su un patrimonio comune fatto di idee, valori e passione civile che scaturisce e viene alimentato dal quotidiano impegno della propria funzione a servizio del cittadino.

Credo di conoscere e riconoscere, per averne fatta analoga esperienza nella mia pregressa carriera da prefetto, l’intima e profonda forza che lega chi, come voi, condivide le asprezze di un mestiere fatto di "inquietudini e dubbi", per usare le parole di Sciascia, in quella costante e onnipresente tensione verso la ricerca della verità e della giustizia.



Per questo ritengo che occasioni come quella odierna non siano soltanto momenti di scambio fecondo di idee su temi istituzionali, ma costituiscano un’ opportunità  per ricomporre tensioni individuali, per riconoscersi nell’ impegno e nelle difficoltà reciproche, per ricondurre a una dimensione collettiva, sia pure per un breve spazio, il peso e la solitudine che accompagnano la difficile e complessa arte del giudicare.

"Difficile e immane impresa è quella di giudicare" .

Così Eschilo sintetizza, attraverso le parole del coro di fronte all’uccisione di Agamennone per mano di Clitemnestra, il dramma e il mistero della mente umana e l’immane compito di chi è chiamato a farsi carico del travaglio giudiziale.

Ed ancora, sia pure in tempi più recenti, un vostro collega, Dante Troisi, nel suo famoso racconto “Diario di un giudice”, scolpisce con crudo realismo  la complessità del lavoro di chi è chiamato a “scavare nella coscienza dell’imputato, lacerando allo stesso tempo la propria”.

Oggi, alle intrinseche difficoltà che da sempre accompagnano l’arte del giudicare, e faccio ovviamente riferimento anche alle delicatissime funzioni di chi è tenuto ad esercitare l’azione penale, se ne sono andate ad aggiungere nuove e non meno gravose.

Difficoltà legate alle oggettive criticità organizzative, strutturali e di mancanza di risorse finanziarie in cui versa l’amministrazione della giustizia, aggravate dalla generalizzata congiuntura economica che attraversa il Paese.

E’ sotto gli occhi di tutti il trend crescente di domanda che affligge i nostri Uffici giudiziari.

Nel corso dell’ultimo anno giudiziario si contano circa 5 milioni e mezzo di pendenze in campo civile e quasi 3 milioni e mezzo in quello penale.

Non è da meno la risposta offerta dalla magistratura italiana.

L’ultimo rapporto della Commissione europea per l’efficienza della giustizia colloca il nostro Paese tra i primi posti in termini di stretta produttività dei giudici.

Eppure il sistema nel suo complesso continua ad essere in una grave crisi di efficienza, funzionalità e inevitabilmente di credibilità. 

Io, come Ministro, sento forte l’impegno di mettervi nelle migliori condizioni perché possiate assolvere le vostre funzioni con la meritata pienezza e dignità; prima di tutto in un contesto organizzativo efficiente e adeguato alla qualità e alla quantità del lavoro che siete chiamati quotidianamente a svolgere.

In questa direzione contiamo di realizzare, nei prossimi mesi, con la collaborazione del C.S.M., la rimodulazione delle piante organiche dei magistrati in servizio presso gli Uffici giudiziari e di dare una risposta, sia pure non definitiva, alla gravissima carenza di personale amministrativo e contabile.

Una norma speciale dell’ultimo decreto legge in materia di razionalizzazione delle pubbliche amministrazioni prevede un’ampia possibilità di transito diretto presso il Ministero della Giustizia di personale in eccedenza in altre pubbliche amministrazioni, entro il dicembre 2014. E’ una finestra temporale importante che a breve ci consentirà di emanare i relativi bandi finalizzati a rafforzare le nostre dotazioni organiche soprattutto nelle sedi che soffrono delle maggiori scoperture.

So bene che nelle politiche necessarie ad assicurare il recupero di efficienza al sistema c’è una dimensione oggettiva, organizzativa e ordinamentale, che non può e non deve essere  ignorata.

Sono abituata a pensare, tuttavia, che anche su questo terreno ci sono impegni soggettivi e personali che non possiamo delegare ad altri se non a noi stessi.

Penso alla capacità di sapersi interrogare sulla validità ed attualità dei propri modelli lavorativi per mettere in campo piccoli, ma importanti, accorgimenti organizzativi e procedurali; alla capacità di costruire strumenti per misurare l’intensità del lavoro svolto comparandone gli effetti con i risultati attesi.

Anche su questo versante sono certa che l’Associazione non farà mancare la sua necessaria azione di stimolo alla riflessione e alla individuazione delle migliori soluzioni possibili.

E’ un’azione che dovrà necessariamente svilupparsi nella consapevolezza che vanno assumendo nuova forma e consistenza sensibilità esterne al mondo giudiziario con cui occorre confrontarsi.

Penso al moltiplicarsi degli spazi d’intervento e degli interessi meritevoli di tutela nonché all’affermarsi di un nuovo e più complesso sistema delle fonti e delle Corti sovranazionali.

Siete oramai impegnati in una operazione di ricomposizione, quasi demiurgica, del quadro complessivo di un ordinamento variegato e pluriforme.

A fronte di questo quadro e alla rapidità con cui i cambiamenti dell’assetto socio-economico intervengono a modificare l’ambito di operatività della norma, al giudice è richiesto un sovrappiù di impegno.

I tempi della politica, quelli del legislatore, non sempre coincidono con i tempi e le istanze del cambiamento della società nei suoi valori distintivi e nei nuovi diritti emergenti.

Ecco, allora, che quando il giudice si trova ad affrontare un insieme di circostanze basato su nuove condizioni di vita, ulteriori o diverse rispetto a quelle che erano assunte alla base della regola esistente, dovrà sormontare tali difficoltà facendo ricorso a quello che, come è stato definito dall’autorevole giurista Ahron Barak, è il ragionevole esercizio del suo potere discrezionale, volto ad attuare i valori costituzionali.

Nel delicato e complesso svolgimento del ruolo che oggi è richiesto al magistrato di svolgere, è perciò indispensabile che mai venga meno la certezza di poter contare sul pieno e incondizionato riconoscimento delle proprie garanzie di indipendenza e di autonomia. Garanzie che il Costituente ha voluto come forte baluardo contro i ritorni autoritari e le tentazioni di strumentalizzazione.

Indipendenza e autonomia, del giudice e del pubblico ministero, sono le precondizioni perché il vostro compito possa essere svolto al meglio, ma sono anche le condizioni su cui poggia l’architettura del nostro Stato di diritto.

Come Ministro della Giustizia, al pari del Consiglio Superiore della Magistratura, ne sono il garante ed il custode e sappiate che non verrò mai meno a questo compito.

Ne riaffermerò l’importanza ogniqualvolta si renderà necessario.

Sono convinta, però, che per preservare l’indipendenza e l’autonomia della magistratura non basterà il solo richiamo alle prerogative e ai principi stabiliti, una volta e per sempre, dal Costituente.

La legittimazione e la difesa del vostro statuto dovrà passare attraverso un processo di attualizzazione, una sfida al rinnovamento che sappia tradurre indipendenza e autonomia in funzione dei bisogni e delle concrete esigenze di giustizia.

Bisogna, cioè, non perdere mai di vista che si tratta di prerogative “funzionali”, serventi rispetto ad un precipuo scopo che, come ha sottolineato anche la Corte Costituzionale, è quello di costituire presidio indispensabile per la tutela dei diritti di ogni appartenente alla comunità. 

Dunque, indipendenza ed autonomia, da una parte; imparzialità nell’esercizio della funzione, dall’altra.

Ovviamente, quando penso alla imparzialità non mi riferisco ad una capacità di astrazione oggettiva e assoluta che è umanamente impossibile da realizzare.

Penso piuttosto a un equilibrio nella comparazione degli interessi, a una tensione morale e professionale costante e continua, a una predisposizione all’autocritica e alla moderazione.

E’ su questo versante che si gioca la vostra legittimazione democratica e la riaffermazione di un rapporto con la politica ed i cittadini fondato sulla fiducia ed il consenso.

Un consenso, si badi bene, che non può e non deve essere ricercato nella individualità e nella contingenza della singola vicenda giudiziaria, ma che si guadagna tutti i giorni sul campo, con la misura e il rigore dell’esercizio della propria complessiva attività giurisdizionale.

In questa prospettiva, sono convinta che dall’interno dell’associazione possa venire un contributo determinante al tema del ruolo e della responsabilità dei magistrati, in termini professionali ma anche dell’etica del servizio, nei confronti dello Stato e dei cittadini.

L’associazione, che è la naturale depositaria di un’etica complessa, come è quella di chi svolge funzioni giurisdizionali, è il soggetto più adeguato ad enuclearne ed aggiornarne i valori e a mettere in campo strumenti di misurazione e controllo del corretto rispetto dei suoi canoni. 

Ecco perché considererei un errore arroccarsi dietro posizioni preconcette, eludendo la sfida della partecipazione e dell’impegno corale su tutti i fronti dell’organizzazione giudiziaria. Nessuno escluso.

Credo, d’altra parte, che nessuna risposta soddisfacente, di ampio e lungo periodo, alle vostre legittime rivendicazioni, sul piano ordinamentale, organizzativo ed economico, potrà mai realisticamente arrivare se non in esito ad un rinnovato percorso di riforma della macchina giudiziaria più in generale.

L’ho detto in altre sedi e voglio ripeterlo ancora.

Non possiamo più permetterci arretramenti né tentennamenti sul terreno delle risposte che lo Stato deve ai cittadini.

La riforma della giustizia è senz’altro una delle più importanti tra queste.

Sono convinta che su questo terreno il cittadino aspetti azioni non più procrastinabili.

Penso alla riforma della geografia giudiziaria ed alle altre misure organizzative che sono state adottate.

Ma penso anche che sia giunto il momento di procedere a importanti, e direi coraggiose, riforme sistematiche, che eliminino una volta per tutte le storture e le farraginosità che impediscono alla macchina della giustizia di procedere speditamente.

E, dunque: innanzitutto il processo civile e penale. Vale a dire i meccanismi che consentono di attuare la tutela dei diritti e la garanzia delle libertà. Rivedendone l’architettura complessiva, con spirito laico e senza pregiudiziali ideologiche, ma sempre nel rigoroso rispetto dei principi costituzionali.

È su questo versante che intendo appuntare tutte le mie forze.

Non possiamo, tuttavia, più limitarci a proposte di mera interpolazione della legislazione, che spesso finiscono, come l’esperienza ha dimostrato, per avere effetti controproducenti sull’efficacia del sistema piuttosto che migliorarne la resa.

In questa prospettiva sono state insediate due commissioni di studio, che a breve consegneranno i risultati del loro lavoro, alle quali è stata richiesta un’ampia riflessione sul complessivo sistema processuale al fine di fornire risposte adeguate a superare le criticità del processo penale e di quello civile.

E’ mio intendimento, anche sulla scorta di questi approfondimenti, sollecitare l’approvazione di un provvedimento di delega che possa portare in tempi brevi alla attuazione delle riforme necessarie a ricondurre la macchina della giustizia agli standard qualitativi che il Paese e la comunità internazionale si aspettano.

Analogo straordinario sforzo riformatore dovrà investire il settore dell’esecuzione della pena e del sistema carcerario.

La recente condanna, da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha drammaticamente riproposto l’urgenza del tema e, come ha sollecitato il Presidente della Repubblica, l’urgenza di dare risposte, su vari piani, anche di carattere straordinario. 

E’ un tema che da anni vede impegnata in prima linea la magistratura di sorveglianza con a fianco il personale dell’amministrazione penitenziaria e del Corpo della polizia penitenziaria.

Anche in questo settore so bene che lo straordinario sforzo di questa parte dei vostri colleghi, come di tutti gli operatori che ruotano intorno al circuito carcerario, continuerà inevitabilmente ad essere frustrato se non interverranno modifiche strutturali sul piano normativo, organizzativo e trattamentale.

Occorre, prima di tutto, un ripensamento organico dei contenuti della pena e degli strumenti sanzionatori alternativi, che si muovano nell’ottica della responsabilizzazione del detenuto e della sua immediata risocializzazione, per tutti quei casi in cui la finalità rieducativa può essere più proficuamente perseguita senza il ricorso al carcere.

Ma occorre anche un maggiore coordinamento tra magistratura di cognizione e magistratura di sorveglianza, una più proficua compenetrazione di competenze ed una più intensa collaborazione.

Ecco, dunque, i temi che pongo all’attenzione di questa assemblea non come un catalogo di buone intenzioni ma come un programma su cui chiedo un impegno, che non sia solo propositivo, di idee o di confronto critico, ma sia soprattutto un concreto impegno da parte dell’Associazione e di ciascuno di voi.

Vi ringrazio.


Annamaria Cancellieri
Ministro della Giustizia



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