Di Giulia Merlo
Incontro franco, ma risposte concrete poche. Questo è il bilancio in sintesi dell'incontro tra il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e l'Associazione nazionale magistrati. Il momento è teso, con la riforma della separazione delle carriere alle porte, e la constatazione del vicepresidente dell'Anm, Marcello De Chiara, è netta: «Manca la volontà politica di incidere sui veri problemi della giustizia».
Vicepresidente, lei dice che con Nordio c'è però stata convergenza sui problemi del sistema, al netto delle vostre posizioni inconciliabili sulla separazione delle carriere.
«L'interlocuzione è stata franca e il ministro ha mostrato di voler intraprendere un confronto sui temi dell'efficienza della giustizia, il che è certamente positivo. Tuttavia, quel che mi ha colpito è stato il fatto che, pur riconoscendo la validità della nostra analisi dei problemi della giustizia, alla fine è mancata l'assunzione di impegni concreti. Su tutte le questioni fondamentali, ha risposto che attualmente mancano le risorse necessarie per gli interventi indispensabili per assicurare un servizio giustizia all'altezza delle aspettative dei cittadini.»
Per esempio?
«Nordio ha riconosciuto il dato della scopertura di organico sia di magistrati che del personale amministrativo, ma nei fatti ha dimostrato che manca una reale volontà di porvi rimedio in modo adeguato. Un esempio concreto è la stabilizzazione del personale dell'ufficio del processo, introdotto con il Pnrr. È vero che una parte del personale è stata stabilizzata ma si tratta di sole 3.000 unità a fronte delle 12mila attualmente impiegate, peraltro di personale già formato e che ha maturato una esperienza professionale che oggi è diventata irrinunciabile. Lo stesso si può dire per il sovraffollamento delle carceri: il ministro ha convenuto che la situazione è grave, ma ha anche addotto la non opportunità politica di adottare interventi immediati, nonostante la situazione rischi di ledere i diritti fondamentali dei detenuti.»
Insomma, nessun impegno concreto, nonostante il ministro dica il contrario. Perché parla nello specifico di assenza di volontà politica?
«L'argomentazione del ministro è che mancano le risorse. Il che però sembra solo in parte, visto che il governo sta puntando tutto su una riforma costituzionale che avrà dei costi di attuazione di non trascurabile entità. Si tratterà di creare un altro Csm e una Alta corte di giustizia con personale e strutture nuove, quindi si va incontro a uno sforzo finanziario importante. Ma su questo c’è la volontà di investire, mentre sulle questioni che poniamo noi la risposta è che manca la copertura economica. Ecco perché attribuisco un significato anche politico alla volontà del ministro: la scelta su dove investire è chiara.»
La giunta si è mostrata dialogante, mali governo vi attribuisce una eccessiva ideologizzazione contro la separazione delle carriere.
«È vero che la giunta attuale è il frutto di una sintesi di sensibilità diverse e certamente ha voluto fortemente un confronto con il governo. Questo però non può escludere la ferma volontà di continuare la campagna di sensibilizzazione dell'opinione pubblica rispetto ai rischi della separazione delle carriere. Certamente istituiremo un comitato referendario, come già deliberato nel dicembre scorso, avendo cura di rispettare il carattere non ideologico apolitico della nostra campagna. Lo immagino aperto all'adesione di soggetti esterni ma non di partiti politici. perché la campagna contro la riforma non assuma connotazioni politiche. Questo comitato deve avere una immagine di imparzialità.»
Il che è un tema rilevante. Al Csm è stata depositata da un laico di centrodestra una pratica per creare linee guida per gli interventi pubblici dei magistrati. Servirebbero?
«Di questo si è parlato molto anche dentro l'Associazione, ed è stata approvata una mozione, che opera un prudente bilanciamento tra contrapposti valori. Io penso che non si possa vietare o limitare la partecipazione a priori dei magistrati anche a iniziative politiche e partitiche, perché non necessariamente la partecipazione in sé è lesiva dell'immagine di imparzialità delle toghe. Fondamentale è piuttosto che il magistrato, non solo nell'esercizio delle funzioni, ma anche nel confronto con interlocutori esterni, si preoccupi di tutelare la sua immagine di imparzialità, manifestando le opinioni sempre con rigorosa continenza ed equilibrio. Una restrizione che limitasse la partecipazione sempre e comunque sarebbe lesiva del diritto di manifestazione del pensiero, essendo invece necessario che, anche in tali occasioni, il magistrato sappia conformare il suo comportamento in modo da non destare nel pubblico alcun sospetto di parzialità. Si tratta però di principi già affermati nella giurisprudenza di legittimità e costituzionale.»
La tesi opposta, prospettata da alcuni nel caso del pm Stefano Mugolino che partecipò a un dibattito No Ponte e criticò il dl Sicurezza, è che basta la sua presenza perché il magistrato comprometta il suo apparire imparziale.
«Il Csm ha archiviato la pratica contro Musolino, non sollevando alcun rilievo nei suoi confronti. Io sono convinto che la partecipazione possa sempre avvenire, in ogni sede, con modalità perfettamente compatibili con il nostro ruolo di magistrati. Anzi, è importante che il magistrato possa partecipare, ma che lo faccia sempre tutelando la sua immagine e quella della categoria, per esempio astenendosi dall'esternare le sue posizioni politiche.»
A proposito del dl Sicurezza, l’Anm ha espresso una posizione critica. Perché?
«Le nostre critiche riguardano il piano tecnico. Non condividiamo una politica giudiziaria che punta a introdurre nuove figure di reato, per condotte che non sono realmente offensive. Il diritto penale, invece, dovrebbe essere sempre extrema ratio visto anche che il governo dispone di un armamentario di strumenti sanzionatori che già può utilizzare. Mi sembra che sia una scelta che risponde alle aspettative di una parte dell'elettorato, ma che avrà conseguenze negative sul piano dell'efficienza, perché produrrà un incremento abnorme di procedimenti penali. La linea del governo sembra quella di usare lo strumento penale soprattutto in ottica populistica.»