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19 dicembre 2021

Il Comitato direttivo centrale su prospettive di riforma e qualità della giurisdizione

Nel prendere atto delle prime anticipazioni della Ministra della Giustizia sui prossimi emendamenti al d.d.l. di riforma dell’ordinamento giudiziario, l’Anm, pur in assenza di testo scritto sul quale confrontarsi, manifesta viva preoccupazione in ordine ad alcune annunciate modifiche ordinamentali.

Richiamando i precedenti deliberati del CDC del 23 maggio e del 7 novembre 2021, si esprime ferma contrarietà:

- all’idea di introdurre, in sede di valutazioni periodiche di professionalità, il sistema delle cd. pagelle con previsione di un giudizio di graduazione nel merito (sufficiente, discreto, buono e ottimo) con riferimento alle attitudini organizzative, perché esso accentuerebbe la gerarchizzazione degli uffici giudiziari dilatando il potere dei dirigenti che verrebbe esercitato con criteri la cui discrezionalità non sarebbe agevolmente verificabile;

- all’assenza di un espresso richiamo, nei propositi di riforma, della necessità di portare a compimento l’incarico direttivo e semi-direttivo nella sua interezza e fino alla scadenza del termine;

- alla attribuzione, ai fini del conferimento degli incarichi, di un ruolo assolutamente residuale al criterio dell’esperienza maturata nella giurisdizione;

- alla previsione di un maggior coinvolgimento dell’Avvocatura nelle decisioni dei Consigli giudiziari, mediante il riconoscimento del diritto di voto nelle delibere sulla valutazione di professionalità e in materia di conferimento degli incarichi direttivi e semi-direttivi, perché tale previsione potrebbe alterare il principio di “parità delle parti” nel processo e incidere sulla serenità e imparzialità della giurisdizione;

- all’aumento degli incarichi di coordinamento la cui nomina sarebbe sottratta al Consiglio Superiore della Magistratura, con possibile rischio di un potenziamento del ruolo verticistico dei Dirigenti degli uffici giudiziari.

L’affermazione di tali principi nasce dalla constatazione che la giurisdizione non è un’attività economica valutabile solo secondo criteri di produttività ed efficienza, ma rappresenta una funzione sovrana dello Stato, che ha ad oggetto i diritti delle persone.

Anche tenendo conto che i magistrati italiani sono tra i più produttivi in Europa, vanno respinte riforme ispirate a criteri esclusivamente produttivistici che determinerebbero un abbassamento del livello di qualità del lavoro giudiziario, con lo svilimento e lo scadimento della funzione.



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