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13 settembre 2023

Anm Brescia in merito alle notizie stampa relative alla richiesta di assoluzione di un imputato bengalese dal delitto di maltrattamenti

I componenti della giunta esecutiva sezionale Anm di Brescia* prendono atto dell’ennesimo episodio di rappresentazione parziale e con modalità inadeguate, da parte degli organi di informazione, del contenuto di atti relativi a procedimenti giudiziari, peraltro attualmente in corso. Ancora una volta all’opinione pubblica è stata presentata una ricostruzione della realtà processuale privata della complessità che la caratterizza. Sugli organi di stampa locali e nazionali è stata diffusa la notizia secondo cui un sostituto procuratore di Brescia ha chiesto l’assoluzione di un imputato bengalese dall’accusa di maltrattamenti nei confronti dell’ex coniuge per mancanza dell’elemento soggettivo in quanto “i contegni di compressione delle liberà morali e materiali della persona offesa da parte dell’odierno imputato sono frutto dell’impianto culturale di origine e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge”.
Il virgolettato sopra riportato e divulgato dai media si inserisce nelle conclusioni scritte del pubblico ministero, che, se lette nella loro interezza, presentano un contenuto più articolato di quello generalmente proposto alla collettività: nonostante il tenore letterale della formula assolutoria richiesta e dell’argomentazione correlata ad essa sottesa, dalla lettura completa dell’atto in questione emerge che a fondamento della domanda di assoluzione il sostituto procuratore ha addotto principalmente la mancanza di prova del fatto tipico, e in particolare dell’abitualità della condotta, requisito previsto dalla legge perché il reato di maltrattamenti si configuri.
La ricostruzione parziale, semplicistica, del contenuto delle conclusioni del p.m. è stata per lo più veicolata con toni e titoli sensazionalistici: sollecitando essenzialmente la componente emotiva dell’opinione pubblica, la collettività è stata indotta a ravvisare in capo al sostituto procuratore che si sta occupando della vicenda un atteggiamento generalizzato di indulgenza verso i reati di maltrattamento sulle donne, che stride con il senso comune di giustizia e con i più elementari portati della cultura giuridica italiana.
Una simile rappresentazione della vicenda giudiziaria non solo ostacola il corretto esercizio del diritto di critica da parte dell’opinione pubblica - di per sé legittimo – ma costituisce terreno fertile per l’emersione di atteggiamenti delegittimanti ed esternazioni denigratorie, proferite senza adeguata contezza del contesto di riferimento e, spesso, purtroppo, anche senza un’adeguata consapevolezza della portata delle questioni tecnico-giuridiche evocate. Con queste modalità è stata gravemente minata innanzitutto la dignità umana e professionale del singolo magistrato coinvolto – di cui sono state offerte alla gogna mediatica generalità e immagine fotografica – e la cui cifra personale, culturale e professionale è stata indebitamente messa in discussione.
Le critiche rivolte al singolo magistrato si propagano al suo ufficio giudiziario di appartenenza e alla magistratura in generale. Ad esse si aggiungono le ormai consuete acritiche condanne provenienti dalla politica, che sempre più frequentemente invoca, quale rimedio per ogni male giudiziario (reale o presunto), ispezioni ministeriali negli uffici interessati e sanzioni disciplinari, a prescindere dalla sussistenza dei presupposti di legge, e ciò avviene ogni qualvolta le valutazioni compiute dai magistrati non coincidano con le aspettative dell’opinione pubblica prevalente, slegate dalla compiuta conoscenza dei fatti concreti e, spesso, dei termini delle questioni giuridiche implicate.
In un simile contesto, le reazioni conseguenti alla diffusione parziale e con modalità improprie di notizie giudiziarie interferiscono inevitabilmente e indebitamente con la serenità del collegio giudicante, cui compete la valutazione dei fatti di reato, ciò che rischia fortemente di minare la condizione di imparzialità del giudizio, presidio costituzionale di garanzia per l’intera collettività.
In conclusione, i componenti della giunta esecutiva sezionale A.N.M. di Brescia
stigmatizzano le condotte di quei mass media che hanno dimostrato di non prestare adeguata attenzione alla complessità delle vicende giudiziarie né alle conseguenze del loro agire su tutti i soggetti coinvolti, rappresentando in modo sommario la realtà processuale relativa a un processo in corso, con modalità lesive della dignità umana e professionale del magistrato che si occupa del singolo caso, ponendo a rischio la serenità del collegio giudicante;
auspicano maggiore prudenza e rispetto istituzionale nello stile comunicativo della politica, la quale dovrebbe essere consapevole del fatto che i processi si celebrano esclusivamente nelle aule giudiziarie sulla base della legge e che un corretto esercizio delle funzioni giudiziarie non deve subire condizionamenti esterni di alcuna sorta;
auspicano che i rapporti tra magistratura, organi di stampa e politica possano essere improntati a correttezza e reciproco rispetto, nella prospettiva della coesione e non della divisione sociale, nell’interesse delle istituzioni e della collettività.


I componenti della giunta esecutiva sezionale ANM Brescia*


* non ha preso parte all’ideazione né alla stesura del comunicato il membro della ges che fa parte del collegio del tribunale chiamato a pronunciarsi sulla vicenda giudiziaria in corso.



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