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7 luglio 2024

Documento sul Decreto 92-2024

Presentato al CDC del 6/7 luglio 2024

Associazione Nazionale Magistrati
Commissione 
Diritto Penitenziario


Gli interventi urgenti in materia penitenziaria


La commissione diritto penitenziario ha potuto esaminare il testo del decreto-legge n. 92 del 4 luglio 2024 che contiene, tra l’altro, “misure urgenti in materia penitenziaria”.
Il decreto è stato pubblicato lo stesso giorno in gazzetta ufficiale e dunque è già in vigore Il tempo a disposizione è stato davvero poco, ma nell’intento di offrire al CDC un documento che possa illustrare la portata delle modifiche e la loro incidenza sull’emergenza sovraffollamento, viene dunque redatto questo breve documento.


1. Le modifiche in tema di liberazione anticipata (articolo 5)


L’articolo 5 reca modifiche al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario:



  1. Si prevede che l’ordine di esecuzione indichi la pena da espiare già detratte le (future) detrazioni, sia quella che sarebbe da espiare senza le detrazioni. Così, ad esempio, la pena (espianda) di un anno diventerebbe una pena in concreto di nove mesi. È prescritto anche l’avviso che tali detrazioni non verranno applicate in caso il condannato non partecipi all’opera di rieducazione

  2. Non si comunicherà più l’ammissione, ma solo la revoca o la mancata concessione (articolo 54.2 OP); la ragione di tale modifica dovrebbe risiedere nel fatto che, essendo già determinato il periodo fin dall’ordine di esecuzione, non serve comunicare la concessione.

  3. Il procedimento per il riconoscimento della liberazione anticipata viene rimodulato, ma le modifiche non sembrano incidere in maniera significativa; si segnala l’obbligo per il magistrato di sorveglianza di accertare entro il novantesimo giorno antecedente il fine pena di accertare i presupposti per la concessione del beneficio, anche per i semestri antecedenti eventualmente non valutati, nonché il riconoscimento d’ufficio dei periodi fruibili, in caso di interferenza con la concessione di misure alternative o altri benefici e nell’ambito del procedimento relativo a tali misure e benefici.


2. Le modifiche in tema di colloqui telefonici (articolo 6)


L’articolo 6 contiene previsioni in merito ai colloqui telefonici, prevedendo modifiche, da adottare con dpr, al regolamento dell’ordinamento penitenziario al fine di:



  1. Aumentare il numero dei colloqui telefonici settimanali e mensili;

  2. Modificare l’articolo 61, inserendo il riferimento all’articolo 39, cosicché per i soggetti con famiglia per i quali è già prevista una deroga per i colloqui personali, sarà possibile derogare al limite anche per i colloqui telefonici Inoltre, fino all’emanazione del dpr di modifiche, il direttore potrà concedere tali colloqui telefonici da subito.


3. I detenuti soggetti al regime dell’articolo 41 bis (articolo 7)


Viene esplicitamente esclusa la possibilità di accedere ai programmi di giustizia riparativa, aggiungendo una lettera fbis, a quelle elencate dal comma 2 quater.


4. Le strutture residenziali per l’accoglienza e il reinserimento sociale dei detenuti (articolo 8).


Con questa norma si prevede l’istituzione di un “elenco” delle strutture residenziali “idonee all’accoglienza e al reinserimento sociale” dei detenuti. Si tratta di norma programmatica, perché la concreta individuazione delle regole è rimandata a decreti ministeriali, che dovranno occuparsi anche del “recupero delle spese per la permanenza nelle strutture”, oltre a individuare i criteri per esentare privi di domicilio idoneo e in condizioni socio-economiche non sufficienti per provvedere al proprio sostentamento. Vengono poi indicati i requisiti “minimi”, oltre all’idoneità “residenziale”, e cioè la predisposizione di servizi di assistenza, qualificazione professionale, assistenza a soggetti con disagio psichico o con dipendenze. Le strutture sono considerate luogo di privata dimora, quindi a tutti gli effetti utilizzabili per eseguire gli arresti domiciliari (cautelari)


***


Il decreto contiene anche altre norme riguardanti il carcere, ma si tratta di disposizioni relative a un’assunzione straordinaria (1.000 unità) di personale di polizia penitenziaria, di dirigenti, e altre norme su scorrimento graduatoria e periodi di formazione (contratti, verosimilmente per recuperare in un tempo minore forze da immettere nel circuito della vigilanza.


***


Alcune osservazioni.
Pur non essendo esplicitamente affermato dal testo, si comprende, anche per le comunicazioni istituzionali che l’hanno accompagnato, che il decreto legge si prefigge (anche) lo scopo di dare una risposta al problema del sovraffollamento, oltre che alla carenza di organico che determina, fra l’altro, carenze trattamentali e ritardo nelle risposte nonché nel cogliere le situazioni di disagio che spesso conducono a gesti autolesionistici anche estremi.
Sembra che l’investimento maggiore, nell’immediatezza, riguardi proprio quest’ultimo aspetto, mentre sotto il profilo del sovraffollamento unico intervento che si propone di diminuirne l’impatto sembra essere quello disciplinato dall’articolo 8, che potrà però spiegare i suoi effetti, sulla cui portata è al momento impossibile esprimersi, tra molti mesi.


La liberazione anticipata.
La nuova disciplina è sostanzialmente di carattere procedimentale. Non sembra che le modifiche possano condurre a un allargamento, anche solo temporaneo, dei benefici. Va salutata positivamente l’indicazione dei periodi di liberazione applicabili, anche se va detto che qualunque detenuto, anche non particolarmente ferrato, viene edotto immediatamente della portata del beneficio, se non prima dell’ingresso in carcere, sicuramente subito dopo. Va anche segnalata una sostanziale ambiguità del testo, perché se si considera l’indicazione dei periodi “da godere” e il fatto che il riconoscimento non venga comunicato, si potrebbe indurre nel detenuto la convinzione di un automatismo che invece non ricorre in alcun modo. In sostanza, comunque, da questa modifica non sembra discendere alcun miglioramento concreto della condizione carceraria.


La disciplina dei colloqui
A una prima lettura si può affermare che questo sia l’unico beneficio per i detenuti che il decreto introduce. I colloqui telefonici, come quelli personali, sono sicuramente utili per attenuare i disagi della detenzione, per mantenere le relazioni, per sostenere psicologicamente il detenuto, in tutte le fasi dell’esecuzione, tanto che il regolamento già prevede, per alcune categorie di detenuti, una deroga al limite massimo previsto per ciascun detenuto. L’allargamento è da salutare con favore, dunque, ma è anche doveroso sottolineare come questa misura possa offrire un conforto minimo, e sia destinata a non mutare in maniera significativa e forse neppure apprezzabile, la condizione complessiva: sia perché non tutti i detenuti hanno qualcuno cui telefonare e anzi normalmente proprio quelli privi di riferimenti esterni, che non riescono ad accedere ai benefici anche se si troverebbero nelle condizioni per ottenerli; sia perché anche per coloro che dei colloqui possono fruire, si tratta di incremento scarsamente significativo.


La modifica del 41 bis
Si tratta di norma restrittiva, che riguarda solo, ovviamente, i detenuti assoggettati a questo regime. Norma eccentrica rispetto al fuoco del decreto, sulla quale non si formulano, in questa sede, osservazioni, rimandandole a un documento specifico sulla giustizia riparativa.


Le strutture esterne per il reinserimento.
Come accennato sopra, la norma si inserisce, verosimilmente, in un disegno più ampio. L’istituzione in se di un elenco di strutture idonee, non comporta, neppure quando l’elenco sarà operativo, nessun automatico trasferimento e nessun affievolimento della pressione carceraria. Ne consegue che, quando l’elenco sarà operativo, occorrerà comunque che il detenuto chieda, ricorrendone i presupposti, la misura alternativa; che i soggetti competenti a esprimere i pareri si pronuncino; che il giudice competente valuti gli elementi e applichi la misura.

E non risulta in alcun modo che la disciplina delle misure alternative sia stata modificata, sicché i potenziali fruitori saranno in linea di massima gli stessi, con il miglioramento che potrebbe derivare, in termini temporali, dall’essere la struttura valutata in via preventiva come idonea a ricevere i soggetti già detenuti.

Va però rilevato che, se e quando le strutture divenissero una realtà in misura apprezzabile, le stesse potrebbero diventare un punto di riferimento proprio per coloro che non riescono a uscire dal circuito penitenziario, oppure vi entrano, nonostante la pena contenuta nei limiti previsti per l’affidamento ai servizi sociali, perché completamente privi di punti di riferimento lavorativi, familiari, sociali.

Detto che comunque, anche in questo caso, si tratta di un mutamento che potrà intervenire fra molto tempo, e quindi da considerare strutturalmente inidoneo a combattere l’emergenza, occorre segnalare alcuni punti delicati, che dovranno essere tenuti nel debito conto in sede di emanazione della normativa secondaria, destinata a fissare requisiti, limiti, presupposti, personale specializzato, dimensioni, dotazioni di queste strutture.

Nei mesi scorsi i vertici del dicastero competente hanno più volte manifestato l’intenzione di ricorrere a comunità in cui eseguire la pena. Alcune di esse esistono già e si tratta di esperienze positive e significative, anche se non sotto il profilo numerico.

Le comunità esistenti, però, si caratterizzano per l’alto tasso di idealità, per essere animate da un numero rilevante di volontari, e per un impegno che, dal punto di vista economico, è assai ridotto non solo rispetto a quello di un istituto carcerario (in cui la sorveglianza costituisce una voce rilevantissima del bilancio) ma anche a una semplice comunità residenziale. Insomma un modello alto, che non si può ritenere, ragionevolmente, moltiplicabile su larga scala, proprio per le caratteristiche delle esperienze esistenti.

Se l’intenzione è quella di estendere lo strumento, occorre tenere conto di esperienze analoghe, che sono già state sperimentate, ad esempio con i Centri di Permanenza per i Rimpatri. In questo caso non sono rare le esperienze in cui gli standard di vivibilità, assistenza, cura, si sono collocati al di sotto dell’accettabile e in più di un’occasione è stato necessario procedere ad accertamenti non solo amministrativi, ma anche della magistratura.

Occorre quindi fissare con cura i parametri e i requisiti, per assicurare livelli inderogabili di servizi, assistenza, cura. E ancor prima, occorre prevedere vigilanza e supervisione da parte dell’organo pubblico, per evitare che l’esecuzione penale venga attratta nella sfera privata, secondo un modello sperimentato in altri stati occidentali che non ha dato affatto buona prova di sé.


La Commissione Diritto Penitenziario



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