L'Associazione nazionale magistrati
esprime la propria ferma contrarietà ai contenuti del href="/media/85479/riforma_giustizia.pdf">
disegno di legge costituzionale di riforma della giustizia
approvato dal Consiglio dei ministri.
L'impianto complessivo della
riforma si incentra su una netta alterazione dell'equilibrio tra i
poteri, attraverso un incisivo rafforzamento del controllo della
politica sul sistema giudiziario, in netto contrasto con il disegno
originario della Costituzione del 1948. Le garanzie dei cittadini
ed i diritti di libertà saranno privati della più efficace forma di
tutela costituita dall'autonomia e dall'indipendenza della
magistratura.
Nel disegno riformatore le garanzie
di autonomia ed indipendenza, oggi puntualmente previste
direttamente dalla Carta Costituzionale, sono rimandate a
successive ed indeterminate norme di legge ordinaria, rimesse alle
contingenti maggioranze politiche.
Con la riforma sarà la politica a
indirizzare le indagini della polizia giudiziaria, che verrà
sottratta alla direzione della magistratura; sarà la politica a
scegliere i reati da perseguire.
Con la separazione delle carriere si creerà un organo di accusa che
avrà il solo scopo di vincere il processo con la condanna
dell'imputato e non quello di applicare in modo imparziale la
legge; un pm separato accentuerà il carattere repressivo della
funzione e il suo ruolo si avvicinerà a quello della polizia.
A pagare, anche in questo caso, saranno i cittadini più deboli. Se
le scelte del pubblico ministero saranno condizionate dalle
indicazioni della politica, sarà difficile, se non impossibile, che
possano ancora avviarsi indagini sui reati commessi dai
potenti.
Aumenterà il numero dei componenti
nominati dalla politica all'interno degli organi di governo della
magistratura e risulterà dunque svuotato il principio di autonomia
dagli altri poteri dello Stato: se la carriera del giudice e la sua
vita professionale dipenderanno da scelte della politica sarà più
difficile ottenere decisioni giuste, ancora una volta a detrimento
dei cittadini, in particolare dei più deboli.
Quanto alla responsabilità del
magistrato, deve essere ricordato che oggi esistono ben cinque
forme di responsabilità: penale, civile, disciplinare, contabile e
anche professionale. In Italia, come in tutti gli ordinamenti
democratici, è già prevista una responsabilità civile indiretta per
i casi di dolo o colpa grave e diretta nei confronti dello Stato
che può poi rivalersi sui magistrati.
Ma, in particolare, va rimarcato che
questa riforma non ha niente a che vedere con il funzionamento
della giustizia. Non ridurrà di un solo giorno la durata dei
processi penali e civili.
Sarebbe davvero "epocale", invece,
una riforma che, come più volte richiesto dall'Anm,
realizzasse:
l'eliminazione degli inutili
formalismi nelle procedure penali e civili;
un'effettiva informatizzazione
degli uffici e del processo;
l'ufficio del giudice e la
riqualificazione del personale amministrativo;
un incremento e una
razionalizzazione delle risorse umane e materiali per gli uffici
giudiziari;
una seria
depenalizzazione;
una reale riduzione del
contenzioso civile.
Invece, anche in questo ambito, il
Parlamento sembra impegnato in proposte di legge che avrebbero
l'effetto di aggravare lo stato della giustizia o di ostacolarne il
funzionamento, anche attraverso la modifica dei più efficaci
strumenti di investigazione.
Per questi motivi la magistratura
intende rappresentare in tutte le sedi, politiche ed istituzionali,
nel rispetto delle prerogative di tutte le istituzioni, nonché
all'opinione pubblica le ragioni della profonda contrarietà alle
proposte di riforma in discussione.
Il Comitato direttivo centrale
proclama lo stato di agitazione ed invita le sezioni distrettuali
ed i magistrati ad una mobilitazione diffusa, demandando alla
Giunta esecutiva centrale di intraprendere ogni iniziativa volta a
rappresentare nelle sedi politiche ed istituzionali le motivazioni
della contrarietà alla riforma costituzionale.
Il Comitato direttivo centrale è
convocato in via permanente e valuterà i tempi di convocazione di
un'assemblea generale.
Roma, 19 marzo 2011
Approvato all'unanimità