Cari colleghi, signori avvocati,
cittadini,
ancora una volta la relazione del Presidente della Corte di Appello
e l'intervento del procuratore Generale hanno posto in evidenza la
estrema criticità della situazione degli uffici giudiziari del
distretto, sia per il sottodimensionamento e per le abnormi
costanti percentuali di scopertura degli organici di magistrati e
personale amministrativo, sia per le carenze, anche sotto il
profilo della sicurezza e della igiene del lavoro, degli edifici
che ospitano molti degli uffici.
La sensazione di deja vu provocata dalla ripetizione,
sostanzialmente eguale anno dopo anno, a parte i dati numerici, del
"grido di dolore" che si leva dalla magistratura, dalla avvocatura
e dal personale amministrativo, mi riporta alla mente le parole con
le quali, alla inaugurazione dell'anno giudiziario 2010, concludevo
il mio intervento a nome della Giunta distrettuale dell'ANM
assicurando che la magistratura messinese avrebbe reagito, ancora
una volta, al pessimismo della ragione con l'ottimismo della
volontà.
Guardando indietro posso dire che in questi anni i colleghi
del distretto hanno veramente dato fondo alle riserve di "ottimismo
della volontà", affrontando con decisione le sfide quotidianamente
imposte dai crescenti carichi di lavoro, dalle costanti scoperture
degli organici di magistrati e cancellieri, dalle difficoltà
logistiche.
Nonostante tutto, infatti, sono
stati raggiunti risultati significativi: la produttività è stata
sensibilmente incrementata, con particolare attenzione alla
definizione delle cause civili di più remota iscrizione, gli Uffici
GIP-GUP hanno efficacemente affrontato le sopravvenienze, le
sezioni penali hanno portato avanti i dibattimenti di processi
penali complessi e fronteggiato l'incremento del 400% delle
richieste di misure di prevenzione patrimoniali, si è riusciti a
dare (permettetemi di riferirmi su questo punto in particolare al
tribunale di Messina ed agli effetti positivi della creazione del
ruolo tabellare di Giudice della Tutela e della Persona) una
sollecita risposta a quelle domande di intervento giudiziale
(amministrazioni di sostegno, interdizioni, tutele, ordini di
protezione contro le violenze familiari, TSO, immigrazione etc.)
che per la loro natura e per il fatto di coinvolgere "soggetti
deboli" devono essere trattate con la massima tempestività, si è
proceduto alla generalizzata adozione, nel settore civile, delle
comunicazioni per via telematica agli avvocati, alla
digitalizzazione delle sentenze civili, alla bonificazione ed
informatizzazione degli albi professionali, alla informatizzazione
dei registri del personale amministrativo, all'avvio del decreto
ingiuntivo telematico.
Questi risultati sono stati
possibili -nonostante, ripeto,le difficili condizioni di
lavoro e le carenze di organico- grazie al sacrificio (uso questa
parola senza retorica) non solo dei colleghi ma anche del personale
di cancelleria, che ha dimostrato una dedizione, una
professionalità ed una capacità organizzativa delle scarse risorse
disponibili veramente ammirevole, operando in condizioni spesso
proibitive, in locali angusti (alcuni dei quali ben al di sotto
degli standards minimi di abitabilità e sicurezza: vedi uffici
GIP), affollati all'inverosimile di fascicoli, affrontando un
afflusso continuo di avvocati e di pubblico.
E' uno sforzo quotidiano che il personale di cancelleria (e posso
dirlo per diretta esperienza di lavoro al loro fianco), giunto al
limite della resistenza, non è in grado di sopportare ancora a
lungo.
Ritengo doveroso sottolineare in questa sede che negli ultimi anni
il numero dei funzionari di cancelleria (per i fisiologici
pensionamenti ed il blocco assoluto del turn over, previsto sino al
2017) si è ridotto (dati del tribunale di Messina) di oltre il 50%.
Sono rimasti scoperti 20 posti su 33 nella qualifica di
"funzionario giudiziario" e vi sono scoperture del 20% circa per le
figure di assistente giudiziario, operatore e commesso.
I consistenti tagli ai fondi a disposizione non consentono di
retribuire le ore di lavoro straordinario che sarebbero necessarie
per assicurare la assistenza alle udienze (che ovviamente, dati i
carichi dei ruoli civili e penali difficilmente possono concludersi
entro le ore 14,00, specie compresi gli adempimenti successivi),
sicchè deve farsi ricorso ai riposi compensativi (con conseguente
riduzione del personale presente nelle giornate successive).
Appare quindi assolutamente indifferibile sia il recupero di
funzionari degli uffici di primo grado applicati ad altri uffici,
sia il ricorso (come è stato fatto in altri Tribunali) a personale
di altre amministrazioni (ad es. Marisicilia, LSU comunali,
regionali e provinciali).
Nonostante gli sforzi, dall'esame
dei dati statistici raccolti sulle pendenze e sopravvenienze in
materia penale e civile emerge la costante tendenza all'incremento
dei flussi di lavoro e la pendenza di un numero di procedimenti
che, nonostante la produttività dei magistrati del distretto sia
tra le più elevate in Italia, rimane molto consistente.
Un particolare incremento delle iscrizioni si registra in alcuni
settori (convalide di sfratto, decreti ingiuntivi, esecuzione,
modifica condizioni separazione o divorzio, sequestri, ricorsi
avverso licenziamenti, etc.) per effetto della gravissima crisi
economico-sociale del distretto; presso il tribunale di
Messina pendono oltre 22.000 cause civili, ed ogni anno ne vengono
iscritte oltre 9000; il carico medio del ruolo civile
ordinario di ciascuno dei magistrati del tribunale di Messina (che
conta su un organico -mai interamente coperto negli ultimi otto
anni- di 42 magistrati, di cui solo 14 addetti alla materia
civile) è di 1500 cause, e cioè superiore al numero dei
procedimenti civili complessivamente pendenti dinanzi a molti dei
Tribunali da "sopprimere", cui vanno aggiunti i procedimenti di
volontaria giurisdizione, la materia tutelare, le procedure
esecutive mobiliari ed immobiliari, i decreti ingiuntivi, le
convalide di sfratto, le separazioni ed i divorzi non
contenziosi;
-dinanzi alla sezione lavoro del Tribunale di Messina (presidente e
5 giudici: uno dei posti è scoperto da anni, essendo rimasto privo
di aspiranti per tre concorsi consecutivi!!) pendono oltre
18.000 procedimenti, con una sopravvenienza annua di circa 5000
procedimenti.
Analoghi insostenibili rapporti tra carichi di lavoro e numero di
magistrati previsti dalle piante organiche si registrano nei
tribunali di Barcellona P.G. (15 magistrati) e Patti (13
magistrati): infatti oltre 15.000 cause di lavoro e previdenza, 311
fallimenti, 754 esecuzioni immobiliari e circa 7000 procedimenti
contenziosi civili -cui si aggiungono 3000 cause civili presso la
sezione distaccata di S. Agata Militello- pendono dinanzi al
Tribunale di Patti, sul quale inoltre confluirà tutto il carico di
lavoro del soppresso tribunale di Mistretta.
Il Tribunale di Barcellona ha una pendenza di circa 8000
procedimenti civili, 10.000 cause di lavoro e previdenza, 355
procedure fallimentari ed oltre 2000 procedimenti esecutivi
mobiliari ed immobiliari.
Nel settore penale la presenza sul territorio distrettuale di
diffusi fenomeni di criminalità organizzata, con conseguente
elevata incidenza di maxiprocessi e di richieste misure di
prevenzione personali e patrimoniali (settore nel quale si è
registrato, grazie alla proficua attività della Procura, un
incremento del 400%), richiederebbe congrui aumenti del numero dei
magistrati degli uffici giudicanti e GIP-GUP: solo a
titolo esemplificativo, dinanzi al Tribunale Messina pendono in
fase dibattimentale circa 5000 procedimenti, dinanzi al tribunale
di Barcellona P.G. circa 2000, dinanzi al tribunale di Patti circa
2500.
Anche gli organici di alcuni degli Uffici di Procura
richiederebbero un significativo incremento.
La estrema gravità della
sproporzione tra organici e carichi di lavoro (pendenti e
sopravvenienti) non consente di dare, nonostante la elevata
produttività e il costante impegno di tutti i magistrati, una
adeguata risposta alla domanda di giustizia dei cittadini,
con la conseguenza, veramente avvilente, di essere additati come
"ultimi della classe" nelle classifiche sulla durata dei
procedimenti.
Riteniamo profondamente ingiusta questa mortificante
classificazione: se è vero che i tempi di definizione dei
procedimenti penali e civili nel tribunale di Messina sono
mediamente eccessivi, è anche vero che il dato relativo alla durata
del procedimento dovrebbe essere valutato unitamente a quello sulla
produttività e sulle pendenze: è ovvio che se un giudice civile ha
sul proprio ruolo 300 cause (come nel tribunale di Torino, "primo
della classe") sarà in grado di disporre rinvii delle udienze
nell'arco di due mesi, mentre se ha un ruolo di 1800 cause i
differimenti saranno mediamente dell'ordine di 8/9 mesi, con
conseguente allungamento dei tempi di definizione. Va poi rilevato
che, nonostante che i tribunali del distretto (dato il
limitatissimo numero dei giudici addetti alla materia civile) non
abbiano sezioni "specializzate", il numero medio di sentenze civili
pro capite emesso (oltre 200) è superiore di circa il 40% a quello
delle sentenze emesse dai giudici civili del tribunale di Torino
(che ha ben 9 sezioni civili, quindi specializzate).
Come dicevo, in questi anni
abbiamo affrontato efficacemente i carichi di lavoro, per quanto
consentito dalle risorse disponibili, con il massimo impegno
sorretto dall'ottimismo della volontà, nella speranza che la tanto
attesa riforma delle circoscrizioni giudiziarie (che la
magistratura invocava da decenni) consentisse di ripartire
razionalmente i magistrati sul territorio, realizzando finalmente
-e a costo zero- una parità di condizioni tra i cittadini delle
diverse regioni quanto al diritto di avere una risposta giudiziale
in tempi ragionevoli e tra i magistrati dei diversi uffici quanto
alla possibilità di lavorare in condizioni sostenibili,
dimostrando così di volere effettivamente risolvere i
problemi degli uffici giudiziari del distretto messinese e
rafforzare l'azione di contrasto nei confronti della criminalità
organizzata.
Neanche il più scoraggiante e desolato pessimismo della ragione,
tuttavia, avrebbe potuto far prevedere che, invece dei tanto
attesi, indispensabili e indifferibili incrementi delle piante
organiche degli uffici del distretto, il progetto di revisione
redatto dal Ministero avrebbe sottratto magistrati sia giudicanti
che requirenti.
La Giunta dell'Anm (che già dall'insediamento nello scorso mese di
luglio, proprio in vista della annunciata riforma, aveva raccolto i
dati statistici analitici sui carichi di lavoro degli uffici del
distretto) ha reiteratamente richiesto (il 24 luglio, il 1 ottobre
2012 ed il 3.1.2013) al Ministro della Giustizia che, in sede di
revisione delle circoscrizioni giudiziarie, valutati i carichi di
lavoro (pendenze e sopravvenienze) nel settore civile e penale
degli uffici del distretto di Messina, carichi oggettivamente
incompatibili con le attuali piante organiche, venisse finalmente
attuata una equa distribuzione dei magistrati sul territorio
nazionale.
Ha inoltre richiesto una audizione alla Commissione Giustizia della
Camera e del Senato ed al Ministro della Giustizia; ha sottoposto
al Sottosegretario Gullo i dati statistici rilevati; ha inviato
copia delle delibere al Ministero, al Consiglio Superiore della
Magistratura ed alla Giunta Esecutiva Centrale dell'ANM.
Presa visione del testo della bozza governativa abbiamo
immediatamente (in data 14.1.13) richiesto al Ministro della
Giustizia, anche ai sensi della legge 241/90, il rilascio di tutti
i documenti utilizzati dalla unità operativa del DOG per la
formulazione della proposta, e la specificazione analitica del peso
attribuito ai singoli criteri utilizzati e tradotti nel dato
numerico finale.
Abbiamo inoltre promosso il 24.1.13, unitamente al Consiglio
dell'Ordine degli Avvocati, un incontro nel palazzo della
Provincia, aperto alla cittadinanza, con l'Avvocatura del
distretto, i rappresentanti del personale amministrativo, delle
associazioni economiche di categoria, le deputazioni politiche
locali, regionali e nazionali, per esporre la gravità della
situazione.
Abbiamo convocato, infine, un incontro di tutte le Giunte ANM della
Sicilia, che si terrà a Caltanissetta giovedì prossimo, per una
valutazione congiunta del gravissimo dato relativo alla sottrazione
di diverse decine di magistrati, giudicanti e requirenti, dalla
nostra regione.
Non è in questa sede possibile
affrontare, neanche superficialmente, i problemi di metodo e di
merito posti dal progetto ministeriale, sottolineando soltanto che
il dato sulle sopravvenienze cumula procedimenti civili,
penali e di lavoro e previdenza, senza alcuna considerazione del
diverso "peso" degli stessi, e che il criterio della popolazione
residente non è di per sé significativo in relazione alla domanda
di giustizia che quella popolazione esprime.
Rinvio pertanto ai documenti già redatti dalla Giunta Anm.
Devo tuttavia porre in evidenza
che quei numeri (22.000 procedimenti civili pendenti a
Messina, etc.) non sono mere entità matematiche: dietro ogni
"numero" del settore civile vi sono persone che si sono rivolte
(come era loro preciso diritto) allo Stato per sapere se un
immobile appartiene all'uno o all'altro, se un licenziamento era o
meno legittimo, se un risarcimento era dovuto, se un bambino doveva
essere affidato al padre o alla madre; dietro ogni numero del
settore penale vi sono persone (imputati e persone offese) che
hanno diritto di sapere chi è colpevole o innocente.
I giuristi romani non usavano l'espressione "ius habere", ma
"actionem habere": un diritto non azionabile, e non azionabile
efficacemente, è un non diritto.
Una società che non è in grado di assicurare ai propri cittadini la
realizzazione nella sede giudiziaria dei propri diritti abdica alla
funzione fondamentale di uno Stato di diritto, con conseguenze
devastanti non solo sulla economia, ma sull'ordine pubblico e sulla
tenuta stessa della democrazia.
Come avevano compreso Borsellino e il generale Dalla Chiesa (il
quale pochi giorni prima di essere ucciso aveva incontrato gli
studenti di Palermo invitandoli a non chiedere per favore quello
che era loro dovuto di diritto) la illegalità si combatte non
solo con la repressione delle forze dell'ordine e dei processi
penali, ma con la affermazione della legalità.
Abdicare al dovere di affermare la legalità significa consegnare il
paese all'illegalità.
La magistratura ritiene di dovere
con forza segnalare la gravità del pericolo che abbiamo dinanzi, e
di affermare che, non provvedendo a darci i mezzi per rispondere in
tempi accettabili alla domanda di giustizia dei cittadini, coloro
che devono rappresentarli, e cioè la classe politica, si assume una
responsabilità gravissima dinanzi alle future generazioni di questa
nostra sfortunata terra.