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FAQ
9 aprile 2014

Parere sulla legittimità dell’erogazione ai magistrati di buoni pasto del valore di € 7 nel periodo anteriore al 15/07/10

Roma, 1° aprile 2014


Spett.le
A.N.M.
Associazione Nazionale Magistrati


Oggetto: parere sulla legittimità dell’erogazione ai magistrati di buoni pasto del valore di 7 Euro nel periodo anteriore al 15 luglio 2010.


            E’ stato riferito che il valore dei buoni pasto dei magistrati, sulla base delle indicazioni contenute in una Circolare del Ministero della Giustizia del 20 marzo 2006 – che dava atto dell’avvenuto aumento dei buoni pasto per il personale ministeriale e autorizzava un analogo incremento per i magistrati, in attesa dei provvedimenti di adeguamento previsti dalla vigente normativa -  è stato aumentato sin da allora da 4,65 Euro a 7 Euro.


            E’ stato inoltre riferito che, con decreto del 15 luglio 2010, il Ministero della Giustizia ha poi previsto espressamente l’adeguamento, nella misura sopra detta, dei buoni pasto dei magistrati.


            E’ stato infine riferito che l’incremento riconosciuto ai magistrati dalla citata circolare prima della emanazione del decreto ministeriale, è stato ritenuto illegittimo da diverse procure territoriali della Corte dei Conti, le quali hanno avviato procedimenti diretti al recupero delle maggiori somme così erogate.


            Tutto ciò premesso, è stato chiesto di esprimere un parere sulla legittimità della erogazione, ai magistrati, di buoni pasto da 7 Euro, nel periodo anteriore all’emanazione del decreto ministeriale del 15 luglio2010.


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Abstract: nonostante il tenore letterale del D.M. 15 luglio 2010 non consenta di ritenerlo inequivocabilmente estendibile anche al periodo precedente, esistono ragionevoli argomenti per sostenere che i magistrati avessero diritto all’adeguamento anche per quel periodo.
Nella situazione di incertezza che ne deriva, e considerate le dimensioni del fenomeno, potrebbe essere opportuno un motivato interpello dell’ANM alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero della Giustizia.
Sotto il profilo individuale, i magistrati potrebbero anche scegliere di resistere alle richieste di recupero, oppure, con maggior prudenza, ottemperare alle richieste di restituzione, formulando nel contempo espressa riserva di ripetizione.


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I) Il quadro normativo di riferimento.


1.         Per rispondere al quesito, è opportuno ricostruire, preliminarmente, il quadro normativo di riferimento.


             Il diritto dei dipendenti pubblici ai buoni pasto è stato introdotto dall’art. 2, comma 11, della legge n. 550 del 1995 (legge finanziaria per il 1996).


            Tale disposizione stabiliva che le somme stanziate nel bilancio dello Stato per i miglioramenti  economici dei pubblici dipendenti, per gli anni 1996- 1998, erano comprensive della spesa per la concessione di buoni pasto al personale dei ministeri che avessero attivato l’orario di servizio di cui all’art. 22 della legge n. 724 del 1994 (e cioè l’orario di servizio articolato su cinque giorni settimanali, con protrazioni nel pomeriggio) e che non avessero predisposto servizi di mensa.


            A tal fine, e cioè per la concreta disciplina dell’erogazione dei buoni pasto, il legislatore faceva rinvio alla contrattazione collettiva per il personale contrattualizzato, e all’emanazione di un D.P.C.M. per il personale non contrattualizzato, tra cui i magistrati.


         Sulla base di tale rinvio, con accordo sindacale del 30 aprile 1996, veniva disciplinata l’attribuzione dei buoni pasto al personale non dirigenziale dei ministeri, a decorrere dal 1° aprile 1996. L’erogazione era prevista nei casi di prestazione lavorativa superiore alle sei ore consecutive e nei casi di svolgimento di almeno tre ore di straordinario subito dopo l’orario ordinario. L’importo del buono pasto veniva fissato in 4,65 Euro.


            Con accordo sindacale dell’8 aprile 1997, veniva disciplinata l’attribuzione dei buoni pasto anche al personale dirigenziale dei ministeri. L’attribuzione era espressamente prevista nello stesso importo, con le stesse modalità e con la stessa decorrenza (cioè dal 1° aprile 1996) previsti dall’accordo del 30 aprile 1996 per il personale non dirigenziale.


            Quanto al personale non contrattualizzato, tra cui i magistrati, l’attribuzione dei buoni pasto veniva disciplinata dal D.P.C.M. 5 giugno 1997, che era espressamente finalizzato a garantire i buoni pasto a tale personale “nel medesimo importo, alle stesse condizioni e con pari decorrenza di cui alle clausole contrattuali contenute nel predetto accordo stipulato in data 30 aprile 1996”.


            Di qui, i buoni pasto ai magistrati venivano attribuiti a decorrere dal 1° aprile 1996, alle stesse condizioni previste per tutti gli altri dipendenti ministeriali, ivi incluso il valore del buono pasto, che veniva fissato in 4,65 Euro.


***


2.         Successivamente, il C.c.n.l. del 7 dicembre 2005, per il personale ministeriale non dirigenziale, ha incrementato il valore del buono pasto, portandolo a 7 Euro, a decorrere dal 31 dicembre 2005.


            Di qui, il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria del Personale e dei Servizi, con circolare del 20 marzo 2006, ha comunicato ai responsabili di tutti gli uffici giudiziari che, visto l’adeguamento dei buoni pasto avvenuto per il personale ministeriale non dirigenziale, i medesimi uffici potevano “procedere all’ordinazione dei buoni pasto, anche per il personale dirigente e di magistratura, per il quale, poiché l’adeguamento è subordinato alla definizione,da un lato, del contratto collettivo nazionale dei dirigenti del comparto Ministeri e, dall’altro lato, alla modifica del D.P.C.M. 5 giugno 1997”, il Ministero si riservava “di effettuare eventuali conguagli”.


            Per i dirigenti ministeriali è intervenuto il C.c.n.l. del 21 aprile 2006, che, ancora una volta, ha adeguato il valore dei buoni pasto a quello del personale non dirigenziale, non solo nella stessa misura, ma anche con la stessa decorrenza per questi prevista, e cioè dal 31 dicembre 2005.


            Per il personale della carriera prefettizia l’adeguamento è stato disposto con D.P.C.M. del 18 marzo 2009. Tale decreto aveva una formulazione analoga a quella che, come vedremo, sarebbe poi stata utilizzata per i magistrati.


***


3.         Quanto al personale della magistratura, con nota del 24 giugno 2010, la Presidenza del Consiglio dei Ministri riscontrava due note del Ministero della Giustizia:


            - la nota n. 35708 del 22 luglio 2008, con la quale il Ministero aveva invitato la Presidenza del Consiglio ad emanare un D.P.C.M. al fine di aggiornare il valore dei buoni pasto previsto dal D.P.C.M. 5 giugno 1997, onde adeguarlo al valore previsto per il personale contrattualizzato;


            - la nota del 2 aprile 2009, con la quale il Ministero aveva reiterato la richiesta, rilevando la sussistenza in bilancio delle risorse necessarie.


            In riscontro a tali note, la Presidenza del Consiglio comunicava al Ministero della Giustizia che, per l’adeguamento dei buoni pasto dei magistrati, non riteneva necessario un ulteriore D.P.C.M., posto che la legge n. 550 del 1995 ha individuato tale fonte quale “mezzo di concessione del buono pasto” e non di periodico aggiornamento, onde i successivi adeguamenti dell’iniziale misura, a detta della Presidenza, avrebbero potuto essere stabiliti con provvedimento ministeriale.


            La Presidenza del Consiglio prendeva altresì atto che la Ragioneria Generale dello Stato, con nota n. 74370 del 6 luglio 2009, aveva espresso il nulla osta all’adeguamento, e precisava che, nella materia, vige un “obbligo di osservare il principio di parità di trattamento per quantificare prestazioni specifiche derivanti, per tutti, dall’orario di lavoro osservato e dall’assenza di servizi mensa, e non da qualifiche o carriere diverse”, fermo restando che, per conformarsi a tale obbligo, ogni amministrazione stabilisce l’entità del buono pasto “in base alla contrattazione collettiva, alle proprie disponibilità ed al proprio ordinamento”.


            Sulla base di tali indicazioni, con decreto del 15 luglio 2010, il Ministero della Giustizia – richiamata in premessa “la necessità di un allineamento” del buono pasto con quello previsto per i dipendenti ministeriali contrattualizzati e “ritenuto pertantodi dover procedere all’adeguamento formale del valore del buono pasto … negli stessi termini previsti per il personale del Comparto ministeri” - ha previsto che il valore del buono pasto del personale della magistraturaè determinato nell’importo equivalente a quello spettante al comparto ministeri e dei dirigenti dell’Area I”.


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II) Natura giuridica ed effetti del D.M. del 15 luglio 2010, nel descritto quadro normativo.


4.         Così ricostruito il quadro normativo, il problema che si pone è quello di stabilire se l’adeguamento del valore dei buoni pasto dei magistrati, autorizzato dalla circolare del marzo 2006, in riferimento al periodo anteriore alla emanazione del decreto ministeriale del 15 luglio 2010, sia legittimo o no.


            Tale domanda è resa necessaria dal fatto che il citato decreto ministeriale nulla dice espressamente in ordine alla propria efficacia temporale.


            Di qui, occorre anzitutto interrogarsi sulla natura giuridica del decreto, onde poter interpretare, in modo corretto, il contenuto e gli effetti delle disposizioni in esso contenute.


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5.         Con riferimento alla natura giuridica, ritengo che due opzioni possono essere in astratto formulate:


            - la prima è che il decreto abbia efficacia costitutiva e sia quindi un atto discrezionale nell’an (se adeguare il buono pasto), nel quantum (in che misura adeguarlo) e nel quando (con quale decorrenza);


            - la seconda è che il decreto abbia efficacia ricognitiva e sia quindi un atto che non esprime alcuna discrezionalità, in quanto si tratterebbe di un adeguamento spettante per legge al personale non contrattualizzato, nella stessa misura e decorrenza spettanti al personale contrattualizzato.


            Nella prima ipotesi, per accertare la decorrenza dell’adeguamento, sarebbe necessario interpretare il contenuto del decreto per valutare se lo stesso abbia efficacia retroattiva nonostante questa efficacia non sia stata espressamente prevista.


            Nella seconda ipotesi, questa mancata previsione sarebbe sostanzialmente irrilevante, in quanto la decorrenza sarebbe per legge necessariamente la stessa del personale contrattualizzato, anche in difetto di espressa previsione.


            Ciò posto, a mio avviso esistono argomenti che depongono a favore sia dell’una che dell’altra tesi.


***


6.         Gli argomenti che depongono a favore della prima tesi (efficacia costitutiva e irretroattività del decreto) sono i seguenti.


            Anzitutto, la legge n. 550 del 1995, nel prevedere il diritto al buono pasto per tutti i dipendenti pubblici, non statuisce espressamente un principio di parità di trattamento, ed anzi, una volta previsto il diritto in favore di tutte le categorie, per la concreta disciplina dei buoni pasto, anche con riguardo all’importo, fa rinvio alle diverse fonti di regolazione del rapporto previste per le diverse categorie di dipendenti (da una parte la contrattazione collettiva, e dall’altra il D.P.C.M.).


            Con la conseguenza che ciascuna di queste fonti, secondo i rispettivi ordinamenti, avrebbe la discrezionalità di stabilire, tempo per tempo, l’importo dei buoni pasto per le rispettive categorie, senza dover necessariamente osservare un principio di parità di trattamento.


            A conferma di ciò, potrebbe essere ricordato l’orientamento della Corte costituzionale che, in numerosi casi, ha ritenuto costituzionalmente legittima la differenza di trattamento tra i magistrati e i dipendenti contrattualizzati del Ministero della Giustizia, sul presupposto che “la mancanza di omogeneità tra le due categorie di dipendenti ed il diverso meccanismo di determinazione del trattamento retributivo sono sufficienti per giustificare la diversità di regime giuridico delle indennità in questione(C. cost., sentenza n. 287 del 14 luglio 2006, in cui si trattava della computabilità dell’indennità giudiziaria nel trattamento di malattia; nello stesso senso, C. cost., ord. n. 33/1996, ord. n. 167/1996, ord. n. 98/1995, ord. n. 451/1995 e, con riferimento al trattamento di maternità, ord. n. 346/2008, ord. n. 137/2008, ord. n. 290/2006, ord. n. 302/2006, sent. n. 238/1990).


            Peraltro, non può sfuggire la mancanza di omogeneità con specifico riguardo alla disciplina dell’orario di lavoro che, come visto, costituisce il presupposto per l’introduzione dei buoni pasto in favore del personale dei Ministeri.


            Tanto che il Ministero della Giustizia dovette dettare specifici criteri per individuare in quali situazioni i magistrati avrebbero avuto diritto al beneficio (cfr. la Circolare prot. 1810/S/PP/546 del 10 febbraio 1998 e la Circolare n. 18101S/CENT/3708 del 7 agosto 1998).


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7.         Ove il decreto avesse efficacia costitutiva, allora, per identificare la decorrenza dell’adeguamento, non si potrebbe prescindere dal generale principio di irretroattività degli atti normativi e amministrativi, in base al quale la retroattività costituisce eccezione che deve essere espressamente prevista.


            Di qui, posto che il decreto ministeriale del 15 luglio 2010 non stabilisce espressamente la decorrenza retroattiva dell’adeguamento del valore dei buoni pasto – a differenza di quanto era stato previsto nel D.P.C.M. 5 giugno 1997, che conteneva l’espressa previsione dell’efficacia retroattiva (dal 1° aprile 1996) delle disposizioni ivi contenute – occorrerebbe concludere che l’adeguamento stabilito dal decreto non valga per il passato.


            In base a questi argomenti, dunque, apparirebbe corretta l’iniziativa delle procure della Corte dei Conti che hanno considerato indebito l’aumento del buono pasto riconosciuto ai magistrati nel periodo anteriore al 15 luglio 2010.
           
***


8.         Per individuare gli argomenti a favore della seconda tesi, circa la natura ricognitiva e quindi necessariamente “retroattiva” del decreto, le mosse possono essere prese dalla ratio della disciplina di legge istitutiva dei buoni pasto, nel più generale contesto delle norme che regolano il trattamento economico dei magistrati.


            Se è infatti vero che, in linea generale, non esiste un principio assoluto di parità di trattamento economico tra dipendenti pubblici contrattualizzati e non contrattualizzati, è pur vero che, per quanto riguarda i buoni pasto, l’esigenza che ne giustifica l’erogazione è la stessa per le diverse categorie di dipendenti, cioè quella di rimborsare in misura forfettaria le spese del pasto sostenute dai dipendenti pubblici che debbono trattenersi in servizio nelle ore pomeridiane e che non hanno a disposizione un servizio di mensa.


            Né deporrebbe in senso contrario il rinvio della legge n. 550 del 1995 a fonti differenti per la disciplina dei buoni pasto (contrattazione collettiva e D.P.C.M.), in quanto quel rinvio avrebbe l’unica finalità di individuare le fonti legittimate ad introdurre in concreto tale beneficio negli ordinamenti delle diverse categorie interessate, fermo il presupposto che, a prescindere dalla fonte, il diritto al buono pasto, nell’an e nel quantum, debba essere lo stesso per tutti.


            In effetti, in tal senso si è espressa la stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri nella citata nota del 24 giugno 2010, nella quale è affermato che, in materia di buoni pasto, vige un principio di parità di trattamento che impone di erogare i buoni pasto nella stessa misura per tutti i settori, fermo che ogni amministrazione deve assicurare il rispetto di tale principio in base “alle propria disponibilità e al proprio ordinamento”.


            Nella stessa nota, peraltro, la Presidenza del Consiglio dei Ministri sembra trarre la conclusione che, ferma la necessità di un’accertata copertura economica - che nel caso di specie è stata certificata dalla Ragioneria Generale dello Stato con nota n. 74370 del 6 luglio 2009 - l’adeguamento del valore dei buoni pasto dei magistrati a quello degli altri dipendenti sia un atto dovuto e privo di discrezionalità, e che comunque ogni atto di erogazione di buoni pasto di misura inferiore a quella prevista per altre categorie sarebbe illegittimo “per illogicità e disparità di trattamento”.


            E’ vero che tale affermazione è formulata con riferimento alla necessità di garantire ai magistrati la stessa “misura” del buono pasto, senza riferimento alcuno alla decorrenza dell’adeguamento. Ma è altrettanto vero che adeguare un trattamento con grave e (a quanto consta) immotivato ritardo equivale a non garantire la parità di trattamento per tutto il periodo tra un adeguamento e l’altro.


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9.         A sostegno di tali conclusioni va, inoltre, considerato che la disciplina di legge del trattamento economico dei magistrati prevede uno specifico meccanismo di adeguamento automatico ai miglioramenti stipendiali ottenuti, nel tempo, dai dipendenti contrattualizzati.


            Com’è noto, infatti, gli stipendi dei magistrati sono adeguati di diritto, ogni triennio, in base alla media degli incrementi di stipendio ottenuti, medio tempore, dai dipendenti pubblici “contrattualizzati” (cfr. l’art. 11 della legge n. 97 del 1979, come modificato dall’art. 2 della legge n. 27 del 1981 e integrato dall’art. 24 della legge n. 448 del 1998).


            La ratio di tale meccanismo è quella di salvaguardare il potere d’acquisto degli stipendi di una categoria di personale che, non essendo soggetta alla contrattazione collettiva, non ha meccanismi istituzionali per “rivendicare” aumenti stipendiali, quanto meno per mantenere costante il valore reale degli stipendi.


            Ed è significativo che l’adeguamento in questione, pur avvenendo di diritto e secondo meccanismi predeterminati dalla legge, viene “certificato” con l’emanazione di un D.P.C.M., il quale ha quindi efficacia ricognitiva di un adeguamento che, nonostante la complessità dell’iter, è pur sempre privo di discrezionalità nell’an, nel quantum e anche nel quando, tanto che c’è un meccanismo di acconti e conguagli volto a “neutralizzare” la durata dell’iter, e cioè ad impedire che essa abbia effetti di qualsiasi genere sul rigoroso rispetto del principio di costante adeguamento.


            In questo contesto, la legge n. 550 del 1995 può essere ragionevolmente interpretata come rispondente alla stessa logica del sistema generale di adeguamento degli stipendi dei magistrati, nel senso che essa, laddove demanda ad un D.P.C.M. la fissazione della misura del buono pasto per i magistrati, presuppone che tale misura debba essere aumentata ogni volta che venga aumentato l’importo del buono pasto da parte della contrattazione collettiva del comparto ministeri.


            Del resto, ciò è accaduto anche nella fase di prima attuazione della legge n. 550 del 1995, quando il D.P.C.M. 5 giugno 1997 – sull’espresso presupposto di dover attribuire ai magistrati i buoni pasto “nel medesimo importo, alle stesse condizioni e con pari decorrenza” rispetto a quanto previsto per il personale ministeriale dall’accordo del 30 aprile 1996 - riconobbe il diritto ai buoni pasto dei magistrati, nell’importo di 4,65 Euro, sin dal 1° aprile 1996.


            E, come si è visto, lo stesso è avvenuto per il personale dirigenziale dei ministeri, i cui contratti collettivi, sia nel 1997 che nel 2006, hanno adeguato il valore dei buoni pasto, con efficacia retroattiva, a quello previsto per il personale non dirigenziale (sarebbe interessante conoscere cosa sia in concreto avvenuto per i prefetti, per i quali, come visto, nel 2009 è stato emanato un D.P.C.M. e non un semplice decreto ministeriale, e per i quali non è dato sapere quale sia stato in concreto il trattamento tra il 2006 e il 2009).


            Per completezza, occorre specificare che, nelle premesse del D.M. del 15 luglio 2010, viene dato atto, da un lato, che la Ragioneria Generale dello Stato, con lettera prot. 74370 del 9 luglio 2009, ha espresso “il nulla osta all’adeguamento del buono pasto”; e, dall’altro lato, che “le somme necessarie all’adeguamento del valore del buono pasto trovano adeguata copertura nei fondi ordinari stanziati in bilancio per tali finalità”.


             Non è dato sapere, allo stato, quale periodo sia stato interessato da queste verifiche di tipo finanziario. In ogni caso, se anche queste verifiche non avessero riguardato tutto il periodo tra il 2006 e il 2010, ciò, a mio avviso, non costituirebbe impedimento all’adeguamento dei buoni pasto, posto che, nella linea interpretativa sin qui indicata, tale adeguamento sarebbe un diritto derivante direttamente dalla legge.           


***


11.       Alla luce di tali considerazioni, il D.M. del Ministero della Giustizia del 15 luglio 2010 potrebbe essere considerato un atto dovuto, con il quale il Ministero, preso atto dell’avvenuto aumento dei buoni pasto del personale contrattualizzato, ha proceduto (come, invero, recitano le premesse del decreto) “all’adeguamento formale” (e cioè con valore meramente ricognitivo) del valore del buono pasto dei magistrati.


            Con la conseguenza che la decorrenza dell’aumento sarebbe la stessa di quella prevista per il personale contrattualizzato.


            Le stesse considerazioni consentirebbero anche di formulare una interpretazione complessiva e sistematica del decreto ministeriale, che superi il dato strettamente testuale della mancata previsione di termini di decorrenza “retroattivi” (cfr. retro paragrafo 6).


            Ed infatti, quel decreto contiene comunque espressioni che sembrano deporre nel senso della “retroattività”.


            In tal senso, nelle premesse del decreto:


            - viene espressamente richiamata la nota del 24 giugno 2010 della Presidenza del Consiglio, la quale, come visto, affermava il principio della necessaria parità di trattamento;


            - viene dato atto che “l’allineamento” del valore dei buoni pasto è una “necessità”;


            - viene affermato di “dover procedere all’adeguamento formale del valore del buono pasto … negli stessi termini previsti per il personale del Comparto ministeri”.


            Onde, se l’adeguamento è una “necessità”, la previsione dell’adeguamento “formale” può essere interpretata come riconoscimento di un adeguamento che “sostanzialmente” è stato già attuato con l’effettiva erogazione in base alla circolare del marzo 2006; così come il riferimento agli “stessi termini previsti per il personale del Comparto minsiteri” può essere inteso come riferito non solo al valore del buono pasto, ma anche alla decorrenza dell’adeguamento.


            Alla luce di tali premesse, dunque, l’art. 2 del decreto, laddove stabilisce che “il valore del buono pasto” dei magistrati “è determinato nell’importo equivalente a quello spettante al comparto ministeri e dei dirigenti dell’Area I”, potrebbe essere interpretato nel senso che l’adeguamento ha la medesima decorrenza dell’aumento conseguito dai dipendenti ministeriali.


***


III) Conclusioni.


12.       In conclusione, la questione della legittimità dell’aumento dei buoni pasto dei magistrati, per il periodo anteriore al 15 luglio 2010, non si presta a soluzioni univoche.


            Vi sono infatti argomenti che depongono per la illegittimità di quell’aumento, fondate principalmente sull’interpretazione strettamente testuale del decreto ministeriale del 15 luglio 2010, che non prevede espressamente l’efficacia retroattiva dell’adeguamento, e sull’inesistenza di un generale e assoluto principio di parità di trattamento retributivo tra magistrati e dipendenti ministeriali contrattualizzati.


            Come visto, vi sono anche significativi argomenti di segno contrario, ragionevolmente sostenibili, che poggiano sull’interpretazione sistematica delle disposizioni sui buoni pasto, nel più ampio contesto delle disposizioni sui trattamenti economici dei magistrati.


***


12.       In questa situazione, per tentare di dirimere le incertezze interpretative, vista la delicatezza della questione - considerato l’elevato numero dei magistrati potenzialmente interessati e le iniziative assunte dalle procure della Corte dei Conti – potrebbe essere opportuno che l’ANM formuli un motivato interpello alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero della Giustizia, volto ad ottenere una conferma ufficiale della legittimità dell’adeguamento dei buoni pasto dei magistrati anteriormente al 15 luglio 2010, in base alla vigente disciplina di legge e alle previsioni contenute nel D.M. del 15 luglio 2010.


            Naturalmente, una volta edotti della controvertibilità della questione, i singoli magistrati potrebbero decidere di opporsi alle azioni di recupero.


            Peraltro, considerata l’opinabilità della materia, i magistrati interessati potrebbero anche decidere di restituire le somme loro richieste, formulando al contempo riserva di ripetizione e promuovendo quindi autonomi giudizi volti all’accertamento della legittimità dell’erogazione.


***


            Resto a disposizione per ogni ulteriore approfondimento che venisse ritenuto necessario e porgo distinti saluti.


Avv. Guido Rossi



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