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17 febbraio 2015

L’azione dell’ANM sul Processo Civile Telematico

1. Il documento del 28 febbraio 2014.


Già nel febbraio 2014 l’A.N.M. aveva richiamato l’attenzione di tutti sulla svolta fondamentale che la data del 30 giugno 2014 avrebbe rappresentato per gli attori del processo.
E se da un lato si ponevano in giusta evidenza i benefici attesi dal processo di informatizzazione, dall’altro non si sottacevano le evidenti criticità che ne avrebbero messo a rischio l’effettiva funzionalità. Infatti, già all’epoca erano state espresse concrete preoccupazioni per le obiettive carenze, generalmente riscontrate, nelle infrastrutture, nel funzionamento del sistema, nelle dotazioni hardware, nella formazione, nell’assistenza tecnica oltre che nell’assistenza al magistrato in udienza; sotto altro profilo, era stata segnalata la necessità di adottare le opportune misure organizzative per consentire al giudice di continuare ad avvalersi del supporto cartaceo per la lettura e la disamina degli atti processuali e della documentazione allegata. Il procedimento di smaterializzazione non è stato accompagnato da un generale ripensamento della struttura e del modo di redigere gli atti processuali, così da evitare che il P.C.T. si risolvesse in una mera trasposizione della logica del “cartaceo” in formato digitale.
In esito a tali considerazioni, si sollecitava l’intervento del Ministero e del Governo per l’adozione delle misure e degli investimenti necessari per garantire il funzionamento del processo telematico, creando le premesse indispensabili affinché potesse effettivamente rappresentare un’innovazione organizzativa e culturale per la giustizia civile italiana e non un ulteriore e dannoso aggravio di lavoro per i magistrati italiani, già chiamati a ritmi di lavoro ossessivi ed oggi, primi e a tutt’ora unici in Europa, ad un siffatto radicale mutamento, senza supporto.


2. La partecipazione al Tavolo Tecnico Permanente sul P.C.T. costituito dal Ministro della giustizia


L’A.N.M. ha attivamente contribuito ai lavori del Tavolo Tecnico Permanente sul P.C.T. costituito dal Ministro della giustizia nell’imminenza della data del 30 giugno 2014. Infatti, a partire dalla riunione di avvio dei lavori, tenutasi il 19 maggio 2014, l’Associazione ha partecipato a tutte le successive sessioni, con critiche, proposte e nette prese di posizione.
In particolare, nel corso delle riunioni promosse a ridosso dell’entrata in vigore dell’obbligatorietà del P.C.T., l’A.N.M., in un quadro di diffusa contrarietà al generalizzato rinvio della scadenza già fissata, si è resa interprete delle difficoltà incontrate da diversi uffici ed utenti, proponendo la modulazione effettivamente recepita nel d.l. n. 90 del 2014, che ha differito al 31 dicembre 2014 l’obbligatorietà del telematico per i procedimenti iscritti anteriormente al 30 giugno 2014. Ulteriori proposte di carattere normativo pure avanzate - ad esempio in tema di orario di deposito degli atti, di comunicazione alle pp.aa. così come di orario di apertura al pubblico delle cancellerie - sono state accolte e parzialmente inserite nel medesimo decreto legge; ulteriori esigenze sono state incluse nella circolare D.A.G. emanata in materia ovvero inserite nella legge di conversione del d.l. n. 90 del 2014, la quale in particolare si occupa della esigenza del giudice, fatta presente al tavolo tecnico e allo stato innegabile, di disporre di copie cartacee delle memorie telematiche. Altri aspetti, che pur avrebbero richiesto un intervento normativo – come quello dell’esigenza di disciplinare espressamente le conseguenze del mancato rispetto della modalità di deposito (telematico o cartaceo) normativamente prevista oltre che della non conformità dell’atto ai requisiti previsti delle regole tecniche - non stati sinora presi in considerazione, sebbene ripetutamente posti all’attenzione del Tavolo ministeriale.
E’ stata rimarcata, infatti, la necessità di assicurare la continuità e l’affidabilità dei servizi, troppo spesso indisponibili, come quelle di provvedere al completamento delle dotazioni hardware, all’assunzione di personale qualificato per svolgere le nuove funzionalità richieste dal P.C.T., all’assunzione di tecnici informatici per internalizzare l’assistenza specialistica; di prevedere un adeguato approccio per la formazione dei magistrati, da curare in continuità con l’aggiornamento dei sistemi e con modalità on site.
Si è lamentata la carenza di funzionalità ancora non disponibili (eclatanti i casi del pubblico ministero ovvero dei g.o.t. in affiancamento al giudice togato) e la necessità impellente di rivedere radicalmente taluni settori di attività giudiziaria in cui pur è prevista la obbligatorietà (fallimenti, volontaria giurisdizione, appello); rendere trasparenti le richieste di manutenzione evolutiva, palesandone i criteri di attribuzione delle priorità e comunicando i tempi di presa in carico dell’intervento e della relativa implementazione; rendere effettivo l’ufficio del processo, quale strumento di specifico supporto allo sviluppo del P.C.T. assicurando una retribuzione minima agli stagisti che ora come ora costituiscono l’unico ausilio dell’ufficio del giudice.
Infine, raccogliendo l’esigenza di armonizzare le diverse prassi e protocolli adottati sul territorio, l’A.N.M. ha promosso e coordinato i lavori di un (sotto) gruppo all’interno del Tavolo ministeriale - composto da rappresentanti dell’avvocatura e dei dirigenti amministrativi, oltre che da tecnici dell’amministrazione - per l’elaborazione di linee guida nazionali, anche al fine di contribuire all’analisi di alcuni aspetti particolarmente problematici, come la codifica degli errori processati dal sistema, di difficile interpretazione per gli utenti. Il rilievo dell’iniziativa è stato apprezzato dal Ministro che, nell’ultima riunione, ha avocato agli uffici ministeriali il diretto coordinamento dell’attività del gruppo. 
Le risposte ottenute su questi fronti sono state insufficienti ed in larga misura inappaganti.
Nell’ultima riunione del Tavolo ministeriale, tenutasi lo scorso 14 gennaio, l’A.N.M., con particolare riferimento all’impegno profuso dai magistrati (esteso ben oltre l’ambito dell’obbligatorietà, addirittura in supplenza del ruolo dei cancellieri, con la redazione di un numero assai rilevante di verbali telematici), ha espresso il diffuso disagio degli utenti nell’affrontare quotidianamente i molteplici problemi più volte segnalati nel corso delle precedenti riunioni; disagio che è rapidamente destinato a trasmodare in profondo malessere, anche fra i colleghi che più si sono adoperati per sostenere lo sviluppo del P.C.T., ove, superato il primo impatto dell’obbligatorietà, si continuasse ad avere la percezione che le numerose e rilevanti “criticità” non vengono affrontate ed avviate a soluzione. In questo senso, oltre a tutte le questioni ed ai problemi già ricordati nel corso della riunione dagli altri rappresentanti (dalle interruzioni del servizio, al mancato adeguamento del software, all’indisponibilità delle copie cartacee, etc.), è stata posta in particolare evidenza la difficoltà per gli utenti di operare nelle quotidiane emergenze in assenza di un interlocutore certo, senza poter avere chiara contezza del processo evolutivo e dello sviluppo dell’applicativo (anche in relazione al rilascio delle nuove patch e sulle politiche di test preordinate al rilascio medesimo).
E’ stata richiamata la necessità di investimenti per le infrastrutture, di riprogettazione dell’applicativo, di rivedere l’assistenza e soprattutto di reclutare personale dedicato all’informatica: lo stanziamento nella legge di stabilità di 50 milioni di euro senza la possibilità di assumere informatici potrà essere di scarso ausilio e finanche costituire un problema in assenza di personale che possa gestire questi investimenti.


3. La situazione attuale: il rischio di un processo involutivo.


Spiace constatare che, nonostante il contributo propositivo, lealmente offerto dall’A.N.M. con la partecipazione al Tavolo ministeriale e, ciò che più conta, nonostante l’impegno dimostrato nel quotidiano divenire dai colleghi e dal personale di cancelleria per superare ed arginare i problemi che si prospettano nell’ordinario svolgimento delle dinamiche processuali, pochi siano i miglioramenti intervenuti dal febbraio 2014. Il regime di diffusa obbligatorietà del telematico, ovviamente amplifica la portata di ogni disfunzione che renda anche temporaneamente inutilizzabile o comunque difficilmente fruibile il servizio.
Infatti:



  • i malfunzionamenti ed i blocchi del sistema, lungi dall’essere risolti o almeno ridotti, sono addirittura aumentati nell’ultimo periodo, tanto che il servizio di consultazione e deposito dei provvedimenti da remoto è stato ripetutamente indisponibile, con ovvie conseguenze sul piano dell’affidabilità del sistema, dovendosi considerare anche l’oggettivo impedimento derivante ai colleghi che, non potendo contare sull’assegnazione in via esclusiva di un ufficio, sono costretti a lavorare avvalendosi necessariamente del collegamento tramite pst (portale servizi telematici); 

  • gli strumenti di autenticazione, necessari per l’accesso all’applicativo e la sottoscrizione digitale degli atti, hanno creato nelle ultime settimane diversi problemi, tanto da impedire l’uso del sistema, il tutto in assenza di tempestive indicazioni atte ad arginare il fenomeno; 

  • le dotazioni hardware non sono state completate, non sono ancora disponibili postazioni e monitor adeguati per tutti, non è stata completa la fornitura di p.c. portatili ministeriali (con le intuibili conseguenze sul piano dell’impossibilità di accedere all’applicativo, per effetto delle carenze logistiche già ricordate); le cancellerie hanno spesso apparati obsoleti, inidonei a supportare l’applicativo; 

  • i servizi di assistenza – “apri un ticket”, estremo rimedio - sono insufficienti, gli utenti sono spesso costretti a fronteggiare le ricorrenti emergenze rivolgendosi a colleghi di buona volontà e più esperti, che cercano di risolvere i problemi “facendo rete” in attesa dell’intervento delle strutture a ciò preposte; 

  • la formazione è discontinua e soprattutto non adeguata ai diversi livelli di utilizzo dell’applicativo; 

  • il rilascio di nuove funzioni, non è accompagnato da idonee spiegazioni, soprattutto agli addetti ai servizi di cancelleria, che si trovano costretti ad “improvvisare”, con evidenti riflessi negativi sulla corretta registrazione dei dati; 

  • i “buchi” dell’applicativo non sono stati risolti ed anzi gli utenti si imbattono continuamente in problemi derivanti dalla mancata implementazione di alcune funzioni (ad es. in caso di riunione disposta fra procedimenti con atti telematici, di visibilità degli atti nei subfascicoli, di passaggio dei fascicoli telematici in gradi differenti, di passaggio da rito ordinario civile a rito lavoro e viceversa) ovvero debbono utilizzare un complesso di funzioni che appesantisce piuttosto che agevolare l’attività (come, ad esempio, nei settori fallimenti ed esecuzioni); il tutto senza avere contezza delle richieste di evoluzione avanzate e dello stato di avanzamento delle stesse; 

  • i limiti della sovrapposizione di alcune norme specifiche sul P.C.T. sull’impianto processuale codicistico continuano ad emergere prospettando nuove questioni, particolarmente dibattute e foriere di un nutrito contenzioso di “ritorno”. D’altro canto l’assenza di un coordinamento complessivo prospetta il concreto rischio di disallineamenti nella normativa di settore (come per il recente D.P.C.M. sulle copie informatiche, in attuazione dell’art. 71 C.A.D., siccome segnalato anche dal Consiglio Nazionale Forense) ovvero nell’implementazione dei servizi a corredo e sotto la responsabilità di altre amministrazioni, non adeguati rispetto alle esigenze processuali (come per la rilevata mancata previsione della storicizzazione degli indirizzi PEC contenuti nel registro INIPEC, necessaria per la valutazione della regolarità delle comunicazioni e notificazioni); 

  • le copie cartacee per il giudice, pur previste in numerosi protocolli siglati a livello locale, non sempre sono a disposizione dei giudici, né la cancelleria appare in grado di provvedere, in assenza, peraltro, di una precisa disposizione in tal senso; ciò che impone l’adozione di soluzioni strutturate che sollevino i giudici dall’incombenza di ricorrere di volta in volta ad “espedienti” diversificati, soprattutto in contesti in cui il contenzioso si sviluppa ordinariamente in atti strutturati e complessi ovvero vi siano specifiche esigenze di salute (emblematico il quesito sollevato in proposito dal Presidente del Tribunale di Roma e la recentissima risposta – pratica n. 39966/2014 - fornita dal C.S.M.).


Insomma, a distanza di un mese dall’ultima riunione del Tavolo ministeriale ad oggi, non risultano adottate concrete misure ed anzi, con gli ultimi episodi di malfunzionamento dei servizi in assenza di qualsivoglia avviso o comunicazione agli utenti, la situazione è arrivata ad un punto tale da non essere più sostenibile.


4. Risposte chiare ed immediate.


Occorrono risposte ed interventi concreti per affrontare, anche secondo criteri di priorità, i rilevanti problemi più volte evidenziati, richiedendo al Ministro di conoscere in dettaglio le iniziative assunte e che verranno assunte in proposito, anche in vista delle ulteriori importati scadenze del 31 marzo 2015 per il settore delle esecuzioni forzate e del 30 giugno 2015 per gli uffici di Corte di appello.
La recente nomina del nuovo direttore generale S.I.A. schiude l’orizzonte a nuove prospettive e, si auspica, ad un nuovo inizio.
La Associazione, nell’offrire a questo orizzonte la esperienza e le idee dei magistrati, richiama la necessità di condivisione di informazioni e progetti per la quale è opportuno un confronto pubblico - ben oltre le dimensioni del tavolo tecnico - per ascoltare e coinvolgere tutti gli utenti, giudici, avvocati e non solo, sul tema, anche troppo caldo, delle sorti del PCT.



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