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7 giugno 2010

La morte della giustizia penale in Italia

L'Associazione nazionale magistrati ritiene doveroso denunciarela gravità delle conseguenze che deriveranno dalle novitàlegislative in materia di processo penale e intercettazioni. In unmomento in cui la sicurezza dei cittadini è sovente evocata comepriorità del paese, lascia sgomenti il fatto che il Parlamento stiaper effettuare scelte che rappresentano un oggettivo favore aipeggiori delinquenti.


L'ANM SU INTERCETTAZIONI E RIFORMA DEL PROCESSO PENALE



L'Associazione nazionale magistrati ritiene doveroso denunciare
la gravità delle conseguenze che deriveranno dalle novità
legislative in materia di processo penale e intercettazioni. In un
momento in cui la sicurezza dei cittadini è sovente evocata come
priorità del paese, lascia sgomenti il fatto che il Parlamento stia
per effettuare scelte che rappresentano un oggettivo favore ai
peggiori delinquenti.



Le norme sulle intercettazioni sulle quali il Governo ha posto
la questione di fiducia impediranno alle forze di polizia e alla
magistratura inquirente di individuare i responsabili di gravissimi
reati. Basti pensare ai più recenti episodi di cronaca: gli stupri
di Roma, le violenze nella clinica di Milano,  le scalate
bancarie alla Antonveneta e alla BNL. In nessuno di questi casi con
la nuova legge sarebbe stato possibile accertare i fatti e trovare
i colpevoli.



Le intercettazioni sono uno strumento di indagine finalizzato
alla individuazione dei colpevoli di gravi reati ed è semplicemente
assurdo pensare che si possano fare intercettazioni solo nei
confronti del colpevole già individuato.



E' del tutto irragionevole prevedere che le intercettazioni
debbano sempre essere interrotte dopo 60 giorni, anche nei casi,
come un sequestro di persona, un traffico di stupefacenti o di
armi, in cui il reato sia in corso di esecuzione.



La equiparazione delle riprese visive alle attività di
intercettazione rappresenta un grave danno per la lotta al crimine.
Con queste norme non saranno possibili riprese visive per
identificare gli autori di rapine in banca, spaccio di stupefacenti
nelle piazze, violenza negli stadi, assenteismo nei pubblici
uffici.



In definitiva il Governo e il Parlamento chiedono alle forze
dell'ordine e alla magistratura inquirente di tutelare la sicurezza
dei cittadini uscendo per strada disarmati e con un braccio legato
dietro la schiena.



L'Associazione nazionale magistrati ha più volte manifestato la
sua disponibilità a discutere delle riforme necessarie a ricercare
un adeguato punto di equilibrio tra esigenze investigative, tutela
della riservatezza delle persone e diritto alla informazione,
avanzando specifiche indicazioni di proposta. Il Governo e il
Parlamento scelgono, invece, di azzerare ogni equilibrio
sacrificando del tutto le esigenze investigative e il diritto di
informazione.



Di fronte a queste norme sarebbe più serio e coerente assumersi
la responsabilità politica di abrogare l'istituto delle
intercettazioni piuttosto che trasformarle in uno strumento non più
utilizzabile.



L'intervento sulle intercettazioni preoccupa ulteriormente se lo
si legge insieme al disegno di legge sulla riforma del processo
penale in discussione in Senato.



Si tratta di una proposta che non introduce le riforme
necessarie ad assicurare l'efficienza del processo e la sua
ragionevole durata, ma addirittura inserisce nuovi, inutili
formalismi, che determineranno un ulteriore allungamento dei tempi
del processo. Il sacrosanto spirito garantista della nostra cultura
giuridica viene tradito e trasformato in un "formalismo fine a sé
stesso", che spesso  oscura le questioni da giudicare. La
conseguente non ragionevole durata di troppi processi si traduce di
fatto nella negazione dei diritti fondamentali e in nuove forme di
giustizia privata. Ciò contrasta con l'obiettivo di accrescere il
livello di efficienza del processo e di assicurare ai cittadini
"decisioni nel merito" in tempi ragionevoli, nel rispetto
dell'articolo 111 Cost. e senza rinunciare alle garanzie
costituzionali ("dal contraddittorio all'imparzialità del giudice;
dal diritto alla difesa alla presunzione di non colpevolezza").



E' questa, nei fatti, la morte della giustizia penale in
Italia.




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