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11 giugno 2010

L’Anm sulla riforma del processo civile

Il processo civile costituisce strumento indispensabile per latutela dei diritti dei cittadini e per lo sviluppo del sistemaeconomico del paese. L'Associazione nazionale magistrati haripetutamente segnalato la grave crisi di funzionalità del processoe ha, pertanto, richiesto che venissero adottate quelle riformeche, senza modificare radicalmente l'attuale struttura,rappresentino degli indispensabili correttivi.


Il processo civile costituisce strumento indispensabile per la
tutela dei diritti dei cittadini e per lo sviluppo del sistema
economico del paese.



L'Associazione nazionale magistrati ha ripetutamente segnalato
la grave crisi di funzionalità del processo e ha, pertanto,
richiesto che venissero adottate quelle riforme che, senza
modificare radicalmente l'attuale struttura, rappresentino degli
indispensabili correttivi.



In tale ottica l'Associazione ha illustrato al Ministro i
principali interventi ritenuti necessari, consegnando in occasione
dell'incontro una articolata scheda.



Le modifiche al codice di procedura civile inserite nel D.L. n.
112 del 2008 e, successivamente, nel disegno di legge C/1441 bis
recepiscono diverse indicazioni contenute nel documento di proposta
dell'Associazione.



L'iniziativa legislativa rappresenta indubbiamente un segnale
positivo rispetto all'esigenza di restituire funzionalità ed
efficienza al sistema giudiziario.



In particolare, appare apprezzabile la scelta di intervenire in
maniera sufficientemente ampia e sistematica, nonché in tempi
rapidi, anche se qualche perplessità ha suscitato, sul piano
metodologico, l'iter parlamentare seguito.



Nel merito sono condivisibili:




  • gli interventi in tema di litispendenza, continenza e
    connessione;


  • le disposizioni volte a contrastare l'uso dilatorio e l'abuso
    del processo ed in particolare la disciplina sulla responsabilità
    aggravata e l'introduzione di mezzi di coercizione indiretta per
    l'attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare, la
    riduzione dei termini in tema di prosecuzione del giudizio ex art.
    297 c.p.c., estinzione del processo, riassunzione della causa ed
    impugnazione ai sensi dell'art. 327, primo comma c.p.c.;


  • le modifiche agli artt. 83 e 182 c.p.c. che razionalizzano
    l'attività del difensore e rafforzano il contraddittorio;


  • la modifica dell'art. 183, sesto comma c.p.c., con
    l'eliminazione dell'automatismo nella assegnazione dei termini e
    l'attribuzione al giudice della  possibilità di concederli
    solo in presenza di "gravi"  motivi;


  • l'espressa introduzione del "principio di non
    contestazione";


  • la introduzione della motivazione semplificata delle decisioni,
    con la previsione della "concisa esposizione delle ragioni di fatto
    e di diritto della decisione" e non più dello "svolgimento del
    processo" come requisito autonomo delle sentenze;


  • la modifica dell'art. 120 c.p.c. in tema di pubblicità della
    sentenza;


  • la modifica degli artt. 191 e 195 c.p.c. in tema di consulenza
    tecnica d'ufficio, con la finalità di renderne più celere lo
    svolgimento;


  • la introduzione di un procedimento sommario di cognizione per
    le cause in cui il tribunale giudica in composizione
    monocratica;


  • l'abrogazione dell'art. 3 della legge 21 febbraio 2006, n.
    102;


  • la previsione di delega al Governo di uno o più decreti
    legislativi  in materia di mediazione e conciliazione in
    ambito civile e commerciale.



A fronte di tali interventi, alcune disposizioni suscitano
perplessità, e richiederebbero correzioni e miglioramenti, mentre
su punti particolarmente significativi la riforma appare
carente.



Al riguardo, suscitano perplessità le modifiche in tema di
astensione del giudice, in quanto ancorate a parametri generici che
possono determinare un'eccessiva espansione dell'istituto, con
gravi rischi per la funzionalità, in particolare nei piccoli
uffici.



L'introduzione, poi, della "testimonianza scritta", lungi dal
produrre effetti positivi sulla celerità delle procedure, appare
incompatibile con il principio della formazione della prova innanzi
al giudice terzo ed imparziale.



Seri dubbi desta, poi, la generalizzata previsione
dell'appellabilità di tutti i provvedimenti di natura decisoria che
rischia di aggravare la già difficile situazione delle Corti
D'Appello, senza reali ed effettivi benefici per il giudizio di
legittimità e, soprattutto, per la rapida definizione del
giudizio.



Tale disposizione appare, peraltro, assumere un'incidenza
particolarmente negativa nel processo esecutivo, anche in relazione
all'avvenuta abrogazione dell'ultimo periodo dell'art. 616
c.p.c.



Quanto alla introduzione di un "filtro" di ammissibilità per i
ricorsi in Cassazione l'intervento risponde all'esigenza ampiamente
condivisa di ridurre l'insostenibile carico di lavoro della Suprema
Corte, attraverso un meccanismo di selezione dei ricorsi sulla
falsariga di quanto previsto nella maggior parte dei paesi
europei.



Tuttavia, è discutibile l'esclusiva valorizzazione del
precedente giurisprudenziale di legittimità ai fini del giudizio di
ammissibilità del ricorso, mentre le successive ipotesi che
disciplinano i casi di  ammissibilità sono formulate in
maniera troppo generica.



Al riguardo, dovrebbe essere chiarito, anche per evitare il
rischio di istituire un "giudice speciale", che la competenza a
decidere sull'ammissibilità (eventualmente anche in composizione
ridotta) spetti alle  sezioni ordinarie.



Inoltre, l'aumento della competenza per valore del giudice di
pace è stato effettuato in assenza della previsione di impatto sui
relativi uffici, mentre al contempo restano irrisolte le
problematiche connesse al riassetto della magistratura onoraria, al
potenziamento degli strumenti di formazione professionale, alla
valutazione della professionalità, ai criteri di gestione
organizzativa degli uffici.



Del tutto carenti, invece, sono le iniziative  in materia
di sfoltimento e di razionalizzazione dei riti processuali che
l'Associazione nazionale magistrati aveva indicato quale priorità
in quanto costituente un elemento di particolare sofferenza del
sistema. In particolare, a prescindere dall'abrogazione dell'art. 3
della L. 102/2006, manca qualsiasi intervento sul rito societario,
la cui conclamata inefficienza è ormai condivisa da tutti gli
operatori del settore.



Il legislatore ha, poi, rinunciato all'abrogazione, prevista nel
disegno di legge originario, del regolamento di competenza quale
mezzo di impugnazione, istituto spesso utilizzato a scopi
dilatori.



In definitiva, l'Associazione nazionale magistrati auspica che
questo intervento costituisca l'avvio di una più ampia fase di
riforme dirette ad assicurare il funzionamento del sistema
giudiziario non solo nel settore civile, ma anche nel settore
penale e sul piano della organizzazione degli uffici, sulle linee
più volte indicate dalla magistratura associata.




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