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15 giugno 2010

L'Anm sulla riforma fallimentare

Il decreto legislativo n. 5 del2006, attuativo della riforma fallimentare secondo i principi dellalegge delega n. 80 del 2005, ha avuto una prima parzialeapplicazione dal 16 gennaio 2006, disponendo - con singolareurgenza anticipatoria - l'eliminazione delle conseguenze afflittivecollegate allo status di fallito ed attribuendo ai falliti stessiil diritto di voto.


Il decreto legislativo n. 5 del
2006, attuativo della riforma fallimentare secondo i principi della
legge delega n. 80 del 2005, ha avuto una prima parziale
applicazione dal 16 gennaio 2006, disponendo - con singolare
urgenza anticipatoria - l'eliminazione delle conseguenze afflittive
collegate allo status di fallito ed attribuendo ai falliti stessi
il diritto di voto.



La parte principale della riforma,
invece, dovrebbe entrare in vigore il 16 luglio 2006.



Essa prevede una compressione dei
controlli di legalità affidati al magistrato, una esaltazione del
potere di guida del processo affidato al comitato dei creditori,
una soggezione funzionale del curatore ai creditori più
"forti".



Il testo non affronta alcuno dei
nodi di organizzazione della magistratura concorsuale,
specializzata nelle crisi d'impresa, affermando anzi un ruolo del
giudice schiacciato su operazioni di ratifica delle volontà
di  maggioranze di capitale dei creditori. Né vengono
descritti con efficienza i percorsi processuali alternativi che la
tutela dei diritti di credito inevitabilmente dovrà attuare,
mediante massiccio ricorso alle procedure esecutive individuali e,
dunque, con ennesimo incremento del contenzioso.



Il dibattito tra gli operatori, in
corso da mesi, ha peraltro evidenziato che proprio il procedimento
seguito per la riforma (prima un d.l. e poi voto di fiducia sulla
legge di conversione) ha impedito la ricerca di una migliore
definizione del lavoro normativo e non ha permesso l'attuazione di
un disegno riformatore (pure a lungo atteso ed auspicato) di
radicale ripensamento dei principi economici sottesi all'attuale
disciplina.



Di fatto costituisce, per molti
aspetti, l'imposizione -  più ideologica che razionale - di
una legislazione priva di capacità di ascolto degli esperti e dei
soggetti istituzionalmente coinvolti (in primo luogo la
magistratura), che auspicano un mercato efficiente con regole
adeguate alla competizione.



Non a caso, dopo i pareri negativi
del Consiglio superiore della Magistratura e le critiche (esposte
anche in Parlamento il 25 ottobre 2005) dell'Anm, il progetto di
decreto legislativo, senza recepire alcuna delle tante osservazioni
levatesi dalla dottrina e dagli operatori, si è formalizzato in una
normazione che, anche ad una più generale e successiva
osservazione, mantiene intatte le stesse carenze.



Per questo, il Consiglio nazionale
dei Dottori Commercialisti, ad esempio, ne ha chiesto la riforma
sostanziale.



Anche l'Anm, di conseguenza,
ritiene opportuna oggi l'urgente necessità che tale riforma possa
essere rivista, in breve tempo, dopo un migliore dibattito critico
sulle tesi che hanno accompagnato questi mesi di esame del testo
legislativo.



Andrebbero invero recuperati
migliori profili di efficienza del procedimento concorsuale,
introducendo, come auspicato da più parti, adeguate misure di
prevenzione ed allerta.

Dovrebbe essere garantito che gli organi della procedura abbiano
adeguati parametri di professionalità ed imparzialità, a tutela dei
creditori più "deboli", che solo la direzione del giudice può
assicurare.



Dovrebbe, poi, meglio completarsi
un disegno che si dia carico, anche per le insolvenze civili, di
disciplinare il gravissimo fenomeno del sovra-indebitamento, alla
base anche di prassi illegali in molte parti del Paese.



Gli aspetti penali andrebbero,
inoltre, adeguati all'esigenza di assicurare certezza alle
operazioni di risanamento stragiudiziale, e dunque selettività
delle condotte asseverative dei soggetti chiamati a certificare i
piani di ristrutturazione delle imprese in crisi ed insolventi.



L'Anm, pertanto, auspica che - nel
clima di rinnovato dialogo, anche tecnico, con il Ministro della
giustizia - possano trovarsi gli spazi per un intervento di urgente
differimento dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 5
del 9.1.2006, così da permetterne la modifica in un disegno
riformatore unitario e più completo.




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