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15 giugno 2010

Rignano: rispettare elementari regole di deontologia professionale

Per l'estrema delicatezza edifficoltà de procedimento in corso sul caso di Rignano, l'Anmritiene necessario che tutti gli attori di tale procedimentorimangano aderenti e fedeli ai criteri di deontologiaprofessionale che, unitamente al rispetto delle procedure,possono garantire lo svolgimento più proficuo degli accertamenti incorso.


Per la portata dei contrapposti
interessi che sono chiamati in causa (la libertà,
l'onore,  la posizione professionale degli indagati e le
esigenze di salvaguardia e di tutela di bambini in tenerissima età)
il procedimento in corso sul caso di Rignano è straordinariamente
delicato e difficile.



Proprio per questo è necessario che
tutti gli attori del procedimento - senza rinunciare a nessuna
delle loro prerogative ed esercitando con pienezza tutte le facoltà
che la legge processuale gli assegna - rimangano aderenti e
fedeli  ai criteri di deontologia professionale che, 
unitamente al rispetto delle procedure, possono garantire lo
svolgimento più proficuo degli accertamenti in corso.



Pur non entrando, come è suo
costante costume, nel merito di un procedimento che conosce, 
al pari di tutti, solo attraverso i resoconti della stampa, 
la Giunta dell'associazione rileva che ad alcuni difensori degli
imputati risultano attribuite dalla stampa (senza che si conoscano
smentite) espressioni che si collocano del tutto al di fuori della
fisiologia del processo, anche il più aspro ed arduo, e di ogni
corretta dialettica processuale.



Ci si riferisce in particolare ad
affermazioni di difensori che avrebbero definito "inaccettabile" e
"vergognoso" lo svolgimento della procedura, affermando tra l'altro
che uno dei  minori ascoltati è divenuto "ostaggio del perito
e del giudice".



Si tratta di comportamenti che non
hanno precedenti e riscontri negli ordinamenti dei paesi avanzati
(siano essi di cultura anglosassone o dell'Europa
continentale)  che impongono agli avvocati di osservare
precise regole deontologiche e di non immettere ulteriore animosità
in vicende processuali già di per sé difficili, rispettando il
compito ed il lavoro del giudice e dei periti (i cui esiti potranno
censurare dinanzi ai giudici delle successive istanze).



Un giudice o un magistrato del
pubblico ministero che usassero le espressioni prima riferite nei
confronti di un avvocato sarebbero - giustamente - oggetto di aspre
censure e passibili di provvedimenti disciplinari.



Agli avvocati, protagonisti
essenziali del processo, si può e si deve chiedere lo stesso
livello di correttezza nello svolgimento della loro indispensabile
attività difensiva.



Altrimenti si corre il rischio che
il procedimento degradi a scontro animoso, smarrendo la via maestra
del rigoroso accertamento dei fatti, e che il doveroso silenzio
serbato dal giudice (esclusivamente impegnato nella sua 
attività) lo faccia apparire, agli occhi degli osservatori meno
addentro alle cose di giustizia, come effettivamente meritevole
delle pesanti espressioni usate nei suoi confronti.



 




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