L'ANM è l'associazione cui aderisce il 96% circa
dei magistrati italiani. Tutela i valori costituzionali, l'indipendenza e l'autonomia della magistratura.
    

18 giugno 2010

L'Anm sul programma della nuova Gec

L'Associazione nazionale magistrati ha svolto un'ampia edaccurata analisi sulla situazione della giustizia italiana,evidenziando le cause antiche e recenti del suo profondo malesseree fornendo, ancora una volta, un rilevante contributo di idee eproposte per il rinnovamento necessario e possibile.


PROGRAMMA DELLA NUOVA GIUNTA
ESECUTIVA CENTRALE



1. Le idee e le proposte del congresso.



Nel suo congresso, tenuto a Roma
dal 24 al 26 febbraio, l'Associazione nazionale  magistrati ha
svolto un'ampia ed accurata analisi sulla situazione della
giustizia italiana, evidenziando le cause antiche e recenti del suo
profondo malessere e fornendo, ancora una volta, un rilevante
contributo di idee e proposte per il rinnovamento necessario e
possibile.



Le elaborazioni e le indicazioni
congressuali - espresse nella relazione del presidente, nelle
relazioni incentrate sui diversi aspetti della "questione
giustizia", nei documenti dei gruppi di lavoro e nei singoli
interventi - costituiscono una vasta e solida base programmatica
dell'azione associativa e l'indispensabile punto di riferimento
ideale e pratico per coloro che avranno,  nel prossimo futuro,
la responsabilità di guidare l'Anm.



In particolare la mozione
conclusiva del congresso , approvata all'unanimità, rappresenta il
nucleo centrale del programma della nuova Giunta dell'Anm.



2. Per una giurisdizione
"utile" ai cittadini.



Nelle società contemporanee la
giurisdizione è un servizio essenziale per la comunità ed al tempo
stesso un fattore decisivo per la crescita economica e per la
qualità della vita collettiva.



Un paese senza rapporti giuridici
certi e tutelati in tempi ragionevoli da giudici indipendenti ed
imparziali, senza controlli di legalità effettivi ed incisivi, non
attira gli investimenti esteri, scoraggia le intraprese interne,
finisce con il vivere in  un clima nocivo di permanente
insicurezza dei beni fondamentali della vita (la libertà, il
lavoro, l'onore, la proprietà, la libera iniziativa economica…),
rischia di  divenire una negativa eccezione nelle comunità di
cui è parte ed imbocca la via  del declino e della marginalità
nel contesto internazionale.



Per questo, al centro delle nostre
preoccupazioni sta la prospettiva di una giurisdizione
concretamente "utile" ai cittadini, tempestiva nel rispondere alle
domande di tutela ed efficace nei modi di operare, oltre che
restituita alla naturale dignità che le compete nel quadro dello
Stato costituzionale di diritto.



Adoperarsi per superare la crisi
del servizio giustizia e per garantirne l'efficienza  è il
contributo più alto e fattivo che l'associazione può offrire al
superamento delle difficoltà che il paese attraversa.



3. Un'azione coerente su
più terreni.



Per realizzare questi obiettivi è
necessario sviluppare con coerenza e tenacia un'azione rinnovatrice
che investa contemporaneamente le regole, l'organizzazione, la
posizione delle donne e degli uomini che operano, con diversi
ruoli,  nel giudiziario.



In particolare occorre, a nostro
avviso, muoversi lungo quattro direttrici fondamentali:





  • semplificare e razionalizzare le
    regole e le prassi della giurisdizione civile e penale e delle
    procedure di conciliazione e di mediazione,




  • investire intelligenza e risorse
    nell'organizzazione amministrativa e nell'adozione in ambito
    giudiziario delle nuove tecnologie informatiche;




  • dar vita a nuovi "statuti" degli
    utenti della giustizia e di quanti, con diversi ruoli, cooperano a
    rendere ai cittadini l'indispensabile servizio giustizia,
    affrontando temi ideali e di principio e questioni pratiche
    connesse alle condizioni di vita e di lavoro;




  • garantire un clima di leale
    collaborazione tra le istituzioni attraverso regole e consuetudini
    di formale e sostanziale rispetto tra i poteri dello Stato.




4. Le regole, le prassi,
l'organizzazione
.



Un processo civile rapido e giusto,
in grado di risolvere, in tempi ragionevoli, i conflitti giuridici
espressi da una società avanzata e complessa e di dare attuazione
alle garanzie costituzionali è un obiettivo realizzabile; ma esso
impone un forte coordinamento di risorse umane, organizzative e
tecnologiche ed una grande tensione culturale ed ideale dei
magistrati che si dichiarano pronti a fare fino in fondo la loro
parte.



Sul versante delle regole
processuali  il Paese ha bisogno non di riforme limitate e
settoriali e di una proliferazione incontrollata di riti ma di una
riforma organica del processo ordinario di cognizione, con la
stabilizzazione di un modello di processo che contrasti la tendenza
in atto ad una ingiustificata e dannosa marginalizzazione del ruolo
del giudice.



Inoltre la crescita di efficienza e
di efficacia della giurisdizione civile, oggi in profonda crisi,
reclama un particolare impegno sul terreno delle risorse e
dell'organizzazione, da realizzare assicurando strumenti e mezzi
indispensabili al buon funzionamento della giustizia ed impiegando
razionalmente tali strumenti.



Occorre puntare sull'utilizzo
sistematico delle nuove tecnologie informatiche e sulla compiuta
attuazione al progetto del processo telematico, oggi revocato in
dubbio dai tagli alla spesa in questo settore.



In attesa di interventi
sull'organizzazione e di chiarimenti del quadro normativo sul
versante del rito è necessario attuare significativi processi di
autoriforma e lavorare ad una rigenerazione delle prassi, favorendo
la diffusione delle prassi virtuose scaturite , nei singoli
distretti, dal confronto e dalla collaborazione di tutti i soggetti
coinvolti nel processo civile, elaborate grazie all'opera degli
Osservatori sulla giustizia civile e tradotte anche in specifici
'protocolli' d'intesa per la gestione delle udienze.



La legislazione penale, sostanziale
e processuale, di questi ultimi anni, è stata frammentaria,
incurante delle esigenze complessive del sistema penale, spesso
ispirata da spinte emozionali  e dalla necessità di soddisfare
interessi contingenti o particolaristici.



Nelle disorganiche innovazioni
introdotte sono tuttavia rintracciabili due tendenze di fondo: la
consistente riduzione dell'area del controllo di legalità nei
settori chiave dell'economia e della amministrazione pubblica e
l'inasprimento del trattamento sanzionatorio nei confronti dei
reati di strada e delle forme di criminalità  e di devianza
che nascono dalla  marginalità economica e sociale.



Queste tendenze sono fedelmente
rispecchiate nella realtà dell'attuale processo penale che mostra
una forma di giustizia penale rapida e sommaria destinata ai tipi
di autore di criminalità marginale e di strada ed una forma di
giustizia caratterizzata da tempi lunghi, formalismi ripetuti,
prescrizioni brevi di cui usufruiscono gli imputati di reati di
accertamento meno semplice ma fonte di danni sociali spesso di gran
lunga superiori.



Si è creato un processo a due
velocità, che corre celere e fluido nelle direttissime o nei riti
abbreviati per i crimini di strada e per i soggetti deboli e si
inceppa irrimediabilmente quando entrano nel raggio del processo
imputati economicamente forti e potenti.



In questa direzione sono stati
orientati anche i numerosi interventi di fine legislatura (la nuova
disciplina della prescrizione dettata dalla legge n. 251 del 2005,
le modifiche al processo penale introdotte dalla legge n. 46 del
2006, le nuove norme in tema di stupefacenti, le innovazioni in
tema di legittima difesa) che hanno inciso profondamente, in
termini che spesso appaiono in  contrasto con la Costituzione,
su fondamentali regole di condotta dei consociati, su equilibri
processuali consolidati e su assetti istituzionali sino ad ora ben
funzionanti.



Nell'ambito della sua esperienza e
con spirito di leale collaborazione, l'associazione nazionale
ritiene doveroso tanto continuare ad esporre critiche meditate ed
argomentate su provvedimenti legislativi che appaiono
oggettivamente inadeguati o tali da produrre effetti contrari a
quelli desiderati quanto rivendicare un assetto del processo penale
che renda effettivi i principi costituzionali del giusto processo e
della sua ragionevole durata.



A questo scopo l'associazione non
mancherà di rappresentare in tutte le sedi istituzionali le sue
riflessioni e di svolgere analisi critiche e proposte che nascono
dalla esperienza quotidiana del lavoro giudiziario.



Il ruolo centrale che
l'organizzazione e l'immissione di nuove tecnologie rivestono nel
recupero di efficienza e di incisività  della giurisdizione
civile e penale richiedono la ripresa di un positivo rapporto tra
il Ministro della giustizia - responsabile dell'organizzazione e
del funzionamento dei servizi - il circuito di autogoverno della
magistratura e l'intera magistratura.



In questi anni i magistrati - 
per il  solo fatto di essere quotidianamente a contatto con
gli utenti della giustizia - sono stati spesso additati, con
leggerezza e scarso senso di responsabilità, come i principali se
non gli unici responsabili di disfunzioni, disservizi, lentezze in
realtà derivanti da inadeguatezze e carenze dell'organizzazione
giudiziaria.



L'Associazione si propone di fare
tutto ciò che è nelle sue possibilità per contrastare questa falsa
rappresentazione della realtà portando a conoscenza della più larga
opinione pubblica dati e cifre sull'entità degli stanziamenti di
fondi per la giustizia, illustrando ritardi ed inadempienze nel
processo di informatizzazione e di ammodernamento
dell'amministrazione giudiziaria oltre che le ricadute negative
sull'efficienza e sulla tempestività della giustizia di
provvedimenti legislativi che si rivelano inadeguati alla prova dei
fatti.



5. La questione aperta ed
irrisolta dell'ordinamento giudiziario.



Resta naturalmente vivissima la
preoccupazione per la questione - tuttora aperta ed irrisolta 
nella società e per tutti i magistrati italiani - dell'ordinamento
giudiziario.



Riprendendo i temi di un dibattito
ampio ed approfondito ed esprimendo il modo sentire di tutti i
magistrati, l'associazione ribadisce il suo netto dissenso sulla
legge-delega approvata dal Parlamento e sui decreti legislativi che
la attuano.



Come è stato scritto nel documento
conclusivo del nostro recente congresso,  il rispetto per una
legge dello Stato non impedisce di vedere e di dire che la legge
approvata è concretamente inadatta a funzionare e a regolare
durevolmente l'ordinamento della magistratura, ed è in profondo
dissidio con la Costituzione.



Per un verso, infatti, la riforma
appare già oggi concretamente irrealizzabile ed ingestibile in
molte delle sue statuizioni organizzative, in particolare nel
macchinoso sistema dei concorsi e nel meccanismo istituzionale
destinato a produrre una separazione giuridica e di fatto delle
carriere di giudici e pubblici ministeri.



Per altro verso essa si preannuncia
foriera di straordinarie tensioni nelle sue parti più ideologiche e
mortificanti, come il  diritto disciplinare ed il modello,
premoderno, di organizzazione interna delle Procure della
Repubblica.



Infine essa contrasta in numerosi
punti specifici e nel suo impianto complessivo con la
Costituzione.



L'Associazione chiede perciò a chi
avrà la responsabilità del governo del Paese nel prossimo futuro di
cambiare rotta, sinchè si è in tempo.



Essa sollecita alla  politica
- ed al tempo le offre - un impegno per realizzare una duplice
alternativa.



Alternativa alla "controriforma e,
al tempo stesso, un'alternativa allo stato di cose esistente prima
della legge n. 150 del 2005, anch'esso per più aspetti inadeguato
ed  insoddisfacente.



Naturalmente non è possibile
mettere sullo stesso piano la recente legge sull'ordinamento e
l'assetto della magistratura che si era venuto formando, 
nell'arco di decenni,  attraverso una serie di norme dirette a
rimuovere i tratti più autoritari dell' ordinamento Grandi e a
rinnovarne profondamente la struttura, con lo sguardo rivolto alla
Costituzione.



Ma nonostante ciò l'associazione
non rivendica il puro e semplice ripristino delle norme
preesistenti alla legge delega ed ai decreti governativi.



Essa dichiara invece di volere un
nuovo ordinamento giudiziario richiamando qui l'insieme di
posizioni e di proposte,  pubbliche e vincolanti, 
contenute nel documento conclusivo del congresso sui temi centrali
delle valutazioni di professionalità, dell'assetto degli uffici di
Procura e delle  carriere di giudici e pubblici ministeri,
della Scuola della magistratura, del ruolo della Corte di
cassazione, della giustizia disciplinare, dei Consigli giudiziari e
degli  incarichi direttivi.



In particolare:





  • vanno ribadite le dettagliate
    proposte in tema di valutazione della professionalità contenute
    nelle relazioni tematiche del congresso e nel volume che raccoglie
    l'elaborazione collettiva dei magistrati " I magistrati e la
    sfida della professionalità"; un tema che ha imposto e impone
    ai magistrati anche la critica di sé stessi e della gestione del
    sistema di autogoverno e costringe a riflettere sul fatto che
    compiacenze ed indulgenze verso pochi magistrati improduttivi,
    inadeguati, neghittosi, hanno spesso fatto pagare un prezzo assai
    alto in termini di credibilità ai molti magistrati che lavorano con
    dedizione e capacità;




  • va riaffermato il netto e
    radicale dissenso verso la vera e propria separazione delle
    carriere giudicante e requirente introdotta dalla legge n. 150
    del 2005, separazione resa evidente, per i giovani magistrati,
    dalle norme che regolano la scelta della carriera da seguire e per
    tutti i magistrati in servizio dalla decisione definitiva ed
    irreversibile tra l'esercizio delle funzioni giudicanti o
    requirenti da adottare entro tre mesi dalla data di acquisto di
    efficacia del primo dei decreti delegati sulla carriera;




  • va riproposta con determinazione
    la critica del modello di organizzazione degli uffici di Procura;
    un modello premoderno (perché nessuna struttura - pubblica o
    privata - che svolge funzioni complesse e raccoglie in sé
    professionalità elevate adotta al suo interno forme di gerarchia
    "personale"ed opera senza rispettare la sfera di autonomia tecnica
    dei professionisti che vi lavorano) ed  istituzionalmente
    pericoloso (perché un assetto degli Uffici di Procura molto più
    gerarchizzato dell'attuale ed incentrato sulla figura di un
    dirigente dell'ufficio, titolare esclusivo delle funzioni, che
    tutto dirige e controlla e di tutto risponde in prima persona,
    prefigura una sorta di responsabilità oggettiva e sembra costituire
    il preludio o dell'attrazione nell'orbita dell'esecutivo o della
    riduzione dell'ufficio del pubblico ministero ad "avvocatura della
    polizia";




  • va rinnovata la richiesta di un
    codice disciplinare che alla tipicità ed chiarezza delle figure di
    illecito disciplinare colleghi norme di chiusura dotate della
    necessaria elasticità ma non tali da vanificare e contraddire
    l'impegno della tipizzazione degli illeciti; un codice che sia
    attento ai profili della "visibile" indipendenza ed imparzialità
    del magistrato (ma non pregiudizialmente ostile alla figura del
    magistrato cittadino che ha costituito il modello dei migliori
    giudici del paese), che non dia vita ad un "diritto
    disciplinare dell'apparenza" (incredibilmente prefigurato nella
    legge delega e pedissequamente riprodotto nel decreto delegato
    sulla giurisdizione disciplinare) e che consenta un regime di
    esercizio dell'azione disciplinare caratterizzato da una
    discrezionalità razionale, responsabile e controllabile.




L'Anm chiede perciò al nuovo
Parlamento:





  • l'abrogazione della legge n. 150
    e dei decreti delegati;




  • la espressa previsione, nella
    legge di abrogazione, della temporanea reviviscenza di tutte
    le  norme solo formalmente abrogate;




  • l'approvazione nel minor tempo
    possibile e comunque in tempi rapidi (possibilmente entro un anno)
    di una nuova riforma.




L'associazione ricorda, infine,
ancora una volta con spirito di responsabilità, che i meccanismi
prefigurati dalla nuova normativa appaiono del tutto inidonei a
disciplinare in maniera ordinata e tempestiva i
trasferimenti di sede ed i passaggi di funzione dei
magistrati ed avranno l'effetto di porre in gravissime
difficoltà operative il Consiglio Superiore della magistratura e di
determinare un rilevante aumento del contenzioso amministrativo;
con il concreto rischio di una paralisi perfino dell'ordinaria
amministrazione della giurisdizione.



All'organo di governo autonomo
della magistratura spetta infatti il compito di attuare la legge
delega ed i decreti delegati; ma deve essere chiaro che esso non
potrà supplire alle evidenti lacune , alle contraddizioni ed alle
oggettive manchevolezze delle nuove norme né sarà possibile in
un'opera di impropria razionalizzazione di un quadro normativo
intrinsecamente inadeguato o di scelta di "parti" della nuova
disciplina cui dare prioritaria ed accelerata attuazione.



6. Il sistema di elezione
dei componenti togati del Csm ed il funzionamento
dell'autogoverno.



L'associazione rinnova qui le sue
critiche nei confronti dell'attuale sistema di elezione dei
componenti togati del Csm, che la legge delega estende  anche
all'elezione dei componenti togati dei Consigli giudiziari e del
Consiglio direttivo della Corte di cassazione.



Si tratta di un sistema fondato su
autocandidature individuali, che da un lato mira ad annullare il
ruolo delle idee e dei programmi collettivi nella competizione
elettorale ed ha effetto di ridurre la capacità operativa del
Consiglio nel lavoro ordinario e, dall'altro, ignora e
comprime il pluralismo ideale e culturale della magistratura,
risultando così del tutto estraneo alla tradizione italiana ed
inidoneo per la provvista di organismi che hanno delicati compiti
di valutazione della professionalità e funzioni consultive.



In particolare, per quanto attiene
all'assetto del Csm ed al sistema elettorale dei membri togati,
l'associazione ritiene necessaria una riforma che contempli:





  • il ripristino dell'originaria
    composizione numerica dell'organo di autogoverno, con il
    ritorno  a trenta del numero complessivo dei componenti del
    Consiglio;




  • il mantenimento del collegio
    unico nazionale e la presentazione di liste di candidati sulla base
    di un congruo numero di firme di presentazione;




  • l'adozione di un sistema
    elettorale proporzionale con voto di lista e con un ridotto numero
    di preferenze;




  • la riserva di due posti su venti
    a magistrati esercenti funzioni di legittimità.




Nel momento stesso in cui rivendica
dal legislatore una nuova e più adeguata normativa in tema di
composizione del Consiglio e di elezione dei suoi membri,
l'associazione intende fare la sua parte per assicurare l'efficacia
dell'attività di governo autonomo della magistratura.



La consiliatura che volge al
termine presenta un bilancio complesso nel quale figurano
importanti poste attive (in particolare in tema di criteri e metodi
per le valutazioni di professionalità e di impegno per la difesa
dell'indipendenza) e aspetti meno positivi o insoddisfacenti
(segnatamente sul versante della tempestività e della trasparenza
delle procedure di conferimento degli incarichi direttivi).



L'Anm sente il dovere di operare
come stimolo critico al fine di evitare cadute corporative e
clientelari e di far crescere la consapevolezza che il sistema di
autogoverno non può e non deve essere sminuito e delegittimato agli
occhi dei magistrati e della più larga opinione pubblica da
inefficienze, ritardi, scelte opache o compromissorie.



Solo un Consiglio forte,
autorevole, attento alla questione morale e governato da regole
chiare e condivise può affrontare, sorretto dalla fiducia dei
magistrati, i difficilissimi passaggi che attendono la magistratura
nel prossimo futuro.



7. L'attenzione
dell'associazione a tutti gli operatori della
giustizia.



L'associazione deve dedicare
un'attenzione viva e costante ai problemi di "tutta" la
magistratura ed al rapporto con l'avvocatura ed il personale
amministrativo.



Ciò significa occuparsi attivamente
delle questioni che riguardano le diverse categorie di magistrati
onorari (che ormai svolgono un ruolo estremamente importante in
numerosi settori della giurisdizione) ed intensificare i rapporti e
gli scambi di opinioni e di esperienze con tutte le associazioni
che rappresentano i magistrati onorari.



L'attenzione alle differenze ed
alle specificità deve investire anche il corpo dei magistrati
ordinari, al cui interno esistono problematiche diverse proprie
della condizione delle donne magistrato e dei giovani che tra molte
difficoltà, anche di carattere economico, intraprendono la
professione di magistrato. In questo quadro va affrontata anche la
questione del trattamento economico dei magistrati e vanno
formulate proposte e rivendicazioni che rispecchino le esigenze
della categoria nelle sue diverse componenti.



Va inoltre coltivato il 
confronto con quanti operano nel mondo della giustizia;
segnatamente con i funzionari amministrativi nella ricerca di
convergenze e di intese nell'interesse del migliore funzionamento
del servizio giustizia e con gli avvocati, protagonisti essenziali
del processo ed interlocutori necessari, anche nei casi di
disaccordo e contrasto, su tutte le questioni di giustizia.



8. La fedeltà ai valori
costituzionali.



Infine - esprimendo le idealità ed
i sentimenti dei magistrati italiani - l'associazione riafferma la
piena adesione e la fedeltà alla Costituzione della Repubblica
Italiana ed ai suoi principi fondamentali, strumento essenziale per
la promozione e la tutela dei diritti e delle libertà del nostro
popolo e ricorda che tra questi principi rientrano l'esercizio
indipendente e imparziale della funzione giudiziaria e l'autonomia
della magistratura.



I processi di revisione
costituzionale, anche relativi alla organizzazione dello Stato, non
possono prescindere dalla intangibilità dei principi fondanti del
patto costituzionale.



Per questo, in un suo documento,
l'Anm ha dedicato specifica attenzione alla riforma della seconda
parte della Costituzione non solo per gli aspetti che coinvolgono
la giurisdizione e la magistratura, esprimendo preoccupazione sia
per le modifiche riguardanti la composizione della Corte
Costituzionale e la posizione del vice presidente del Csm sia per
le possibili ricadute negative sulla tutela dei diritti sociali
conseguenti alla modifica della seconda parte del Titolo V.



Il dovere dell'imparzialità e la
tensione quotidiana verso un esercizio indipendente ed imparziale
delle funzioni giudiziarie non equivalgono a neutralità sui valori
di fondo della convivenza civile, espressi nella Costituzione.




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