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6 febbraio 2014

La Giunta ANM di Milano sul Processo Civile Telematico

Il 30 giugno il Processo Civile Telematico, entrerà in una fase di svolta fondamentale, in quanto diverrà obbligatorio il deposito di tutte le memorie intermedie del processo civile. 
Si tratta di una sfida rispetto alla quale l'ANM di Milano non vuole rimanere indifferente ma vuole fornire un contributo critico ed insieme costruttivo.
Il punto di partenza è una constatazione: il PCT rappresenta un momento fondamentale nel futuro della giustizia civile italiana, se essa intende restare al passo dei tempi, e fronteggiare le pressanti richieste di una giustizia efficiente ed efficace.
In un mondo sempre più informatizzato, la giustizia non può immaginare di conservarsi in una sorta di anacronistica "oasi cartacea", a pena di accettare un processo di marginalizzazione, anche culturale, che rischierebbe di privarla di legittimazione.
La sperimentazione del PCT, che ha visto il distretto di Milano in posizione privilegiata, ha permesso di verificare i concreti benefici della telematizzazione.
1) Il PCT consente al magistrato di avere costantemente una visione di tutto il ruolo delle cause di cui esso sia titolare, costituendo il presupposto
imprescindibile per consentire una organizzazione efficace del proprio lavoro, e l'adozione progressiva di un approccio gestionale più lucido e consapevole.
2) Il PCT consente al singolo magistrato non solo di lavorare, ma anche di depositare i propri provvedimenti a distanza, agevolando, in tal modo, il
rispetto di una serie di scadenze sempre più numerose e pressanti, ed in ogni caso valorizzando quelle forme di lavoro a distanza che tanti magistrati svolgono, ma che raramente viene fatto oggetto di riconoscimento.
3) Il PCT permette di esaminare la documentazione di causa senza l'onere del trasporto e della gestione di quantità a volte notevoli di carta; permette, ove ritenuto opportuno, il richiamo testuale di precedenti provvedimenti, del contenuto di atti di parte, dei provvedimenti di altri magistrati salvati nell'archivio, garantendo anche la omogeneità di orientamenti.
4) Il PCT consente un raccordo pressoché immediato tra giudice, cancelleria, avvocati, ed ha ridotto e velocizzato la mole di avvisi, riducendo in tal modo tempi morti e rinvii connessi alla mancata esecuzione degli avvisi stessi.
Se indubbi sono i pregi dello strumento (pregi che, peraltro, interessano in modo maggiore gli altri operatori della giustizia), tuttavia esso ha comportato e comporta una serie di controindicazioni e criticità che non solo ne riducono l'efficienza, ma rischiano di suscitare ostilità e resistenze alla definitiva sua affermazione.
1) Il PCT comporta inevitabilmente il trasferimento di tutto il baricentro del lavoro di tutti gli operatori dal cartaceo al videoterminale, con seri rischi per la salute di tutti: avvocati, cancellieri, magistrati.
2) Il PCT ha di fatto trasferito sul magistrato il peso integrale anche della redazione materiale del verbale d'udienza, cagionando non solo un incremento del carico di lavoro, ma anche un evidente allungamento dei tempi della verbalizzazione, ed un appesantimento dell'attività d'udienza.
3) Il PCT comporta la necessità di esaminare tutta la documentazione a video. Ciò si traduce, per gli avvocati, nell'oneroso compito di procedere alla scannerizzazione di una mole di documenti che può essere anche cospicua; per i magistrati, in un obiettivo allungamento dei tempi tecnici di esame dei documenti (tempi ulteriormente accresciuti nei casi di inadeguata numerazione della documentazione). Non può neppure restare ignorato che in alcuni casi la dimensione dei files contenenti la documentazione non consente il deposito telematico, ed obbliga al ricorso a supporti materiali di memorizzazione.
4) Il PCT attualmente dipende e si fonda su un parco macchine di estrema fragilità e su dotazioni software incomplete ed inadeguate allo sfruttamento completo delle potenzialità dello strumento. L'episodio del collasso della Sala Server Interdistrettuale avvenuto a fine agosto 2013 a causa di un fulmine (e fronteggiato con ammirevoli abilità ed inventiva dei responsabili tecnici, facendo ricorso anche all'impiego di vecchi moduli server dismessi) costituisce un esempio dei rischi cui l'intero sistema è esposto in caso di gravi guasti.
5) L'attuale assistenza tecnica per i guasti individuali si basa su un contratto nazionale di assistenza che impiega un numero ridotto di addetti, e non è assolutamente in grado di garantire quella risposta immediata che è indispensabile per evitare che problemi tecnici vengano di fatto a bloccare le
attività di magistrati e cancellieri.
6) Il PCT si basa sulla gestione telematica di una notevolissima quantità di dati sensibili, e conseguentemente sulla necessità di adeguate garanzie in ordine al fatto che detti dati sensibili rimangano protetti rispetto ad aggressioni di soggetti terzi. È recentissima la notizia della emersione di una grave criticità in ordine alla sicurezza informatica dei sistemi telematici, ed al rischio connesso all'affidamento di detta sicurezza a soggetti privati.
Questi problemi non costituiscono ragione sufficiente per rinunciare al progresso del PCT, ma devono essere affrontati nella consapevolezza che essi scaturiscono da un approccio culturale che rischia di rallentare, e in parte vanificare, lo sforzo sinora profuso da tanti operatori.
Un approccio costruttivo alla sfida posta del PCT, a giudizio di questa Giunta, deve basarsi su alcune coordinate essenziali.
1) Il PCT non è e non può essere visto come una semplice telematizzazione del processo civile; come una sorta di "mano di vernice" tecnologica ad una struttura da lasciare per il resto inalterata. La rivoluzione del PCT non può esaurirsi nella mera emanazione di una normativa di settore (che peraltro risulta già complessa), ma esige un ripensamento, a tratti radicale, della disciplina primaria del processo civile. Il PCT pone l'esigenza di una revisione organica, tale da semplificare una disciplina specialistica già tortuosa, da un lato; e di coordinare detta disciplina con alcuni passaggi fondamentali della procedura, dall’altro. Per quanto possa apparire prematuro indicare alcuni sviluppi, appare opportuno quantomeno sollevare il problema della possibilità di arrivare in futuro ad un processo civile svincolato da un supporto di tipo meramente scritto, ed articolato, ad esempio nella integrale ripresa audio (se non anche video) delle udienze (soprattutto quelle di assunzione delle prove), e nella redazione delle sentenze non più in forma scritta ma in forma audio Il PCT, insomma, pone le premesse per il definitivo abbandono di una gestione “cartacea” del processo, e per il ritorno a quella oralità che costituiva uno dei principi fondamentali enunciati sin dal secolo scorso.
2) Il PCT non è e non può essere visto come uno strumento che consenta semplicemente ulteriori tagli lineari alle risorse della giustizia, riducendo le già esangui disponibilità di operatori amministrativi, ed "esternalizzando" parte del lavoro svolto da questi ultimi sui magistrati (incrementandone, in tal modo, le mansioni ed il carico di lavoro). Per contro, il PCT potrà operare solo con un potenziamento concreto e
massiccio delle dotazioni di cancelleria. Potenziamento che deve essere non solo quantitativo ma anche qualitativo, con un effettivo processo di
riqualificazione del personale esistente, e l'assunzione di nuovo personale qualificato. Occorre ulteriormente pensare a dotare i singoli magistrati di personale "ausiliario" che li assista non solo durante l'udienza, ma anche durante l'espletamento delle numerose ulteriori attività estranee alla funzione giurisdizionale vera e propria, in modo da evitare di sottrarre le risorse dei magistrati stessi al compito primario che su di essi grava.
3) Il PCT non è e non deve essere visto come un meccanismo di appesantimento delle condizioni di lavoro degli operatori della giustizia. Il problema della tutela della salute è concreto, e deve essere affrontato in modo adeguato ed organico, nella piena consapevolezza che la qualità delle condizioni di lavoro ha dirette ripercussioni sulla qualità e sulla quantità del lavoro stesso.
4) Il PCT richiede una costante implementazione di risorse. Non è un mezzo per spendere meno, ma è un modo per spendere meglio, investendo in tecnologia ed organizzazione, con possibili ricadute di rilievo sullo stesso sviluppo economico del paese. È una rivoluzione che non può attuarsi con investimenti una tantum, bensì con una costante ricerca di nuove soluzioni. È una trasformazione che impone già da ora un radicale ripensamento della piattaforma hardware (che non potrà più essere un mero "terminale visivo") ed un ampliamento degli applicativi accessori alla consolle del magistrato, oltre ad una trasformazione progressiva di quest'ultima, in modo da inglobare in essa funzioni che attualmente sono gestite separatamente ed in modo non efficiente (ad esempio assorbendo la funzionalità della banca dati ItalGiure direttamente nella consolle del magistrato).
5) Il PCT esige risorse di manutenzione ed assistenza, per evitare che banali guasti blocchino integralmente l'attività di giudici e cancellieri. Manutenzione ed assistenza debbono essere caratterizzate da immediatezza di risposta e da concreta, non apparente, razionalizzazione delle risorse.
6) Il PCT esige l'adozione, nell'interesse di tutti cittadini, di adeguati protocolli e prassi di sicurezza, soprattutto nella eventualità che il processo di telematizzazione sia esteso all'ancor più delicato settore della giustizia penale. Occorre avere la consapevolezza che i dati giudiziari costituiscono dati sensibilissimi (si pensi solamente, nel civile, al settore delle esecuzioni e dei fallimenti) e come tali necessitanti di assoluta protezione da indebite ingerenze ed acquisizioni.
7) Il PCT esige un radicale ripensamento del ruolo del giudice, dell'avvocato, del cancelliere, ma anche dell'amministrazione della giustizia nel suo complesso. Un ripensamento che deve cominciare dalla fase di formazione delle nuove leve, ma estendersi alle figure professionali già attive. Un ripensamento che comporta una svolta anche culturale, con operatori in grado di gestire concretamente gli strumenti telematici, e di comprenderne la struttura e le potenzialità. 
Il traguardo futuribile - forse non prossimo, ma sicuramente possibile - è quello di un processo in cui gli operatori hanno modo di lavorare con postazioni tecnologicamente avanzate, tenendo le udienze in teleconferenza, e registrando su supporto video gli interventi dei legali, le deposizioni dei testimoni e i provvedimenti del giudice. 
È il traguardo di una giustizia civile agile e moderna. 
Se queste sono le premesse, ci chiediamo se le attuali condizioni in cui versano la maggior parte dei tribunali (in termini sia di risorse umane e materiali che di qualificazione del personale) siano adeguate almeno ad un livello di sufficienza. Altrimenti la data del 30 giugno 2014 sarà l’ennesimo appuntamento mancato. O peggio, un modo per riversare ancora una volta sui magistrati e sul personale amministrativo l’onere di fronteggiare disarmati una battaglia epocale.


 



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