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15 dicembre 2018

Edilizia giudiziaria e sicurezza nei palazzi di giustizia italiani

Lo scorso mese di maggio è stata sospesa l’agibilità del Palazzo di Giustizia di Bari ed è stato disposto lo sgombero di una consistente parte degli uffici giudiziari penali a causa di gravissime criticità strutturali, diffusamente denunciate dai vertici degli Uffici e rimaste inascoltate.
Nel momento in cui è stata assunta la decisione di sospendere l’esercizio dell’attività giurisdizionale in quel palazzo, presidio di legalità in un territorio permeato dalla criminalità organizzata di matrice locale nonché proveniente da aree dell’Europa prospicienti l’Adriatico, si trovavano a frequentarlo stabilmente centinaia di operatori del diritto, magistrati, personale amministrativo, professionisti, semplici utenti la cui incolumità era, quindi, posta a serio e concreto rischio.
La decisione è stata ‘coraggiosa’ sia perché ha di fatto sospeso l’esercizio della giurisdizione barese, determinando inevitabili malumori e difficoltà, costringendo tutti quegli operatori del diritto a prestazioni eccezionali e difficilmente esigibili, sia perché ha imposto alle competenti Istituzioni di prendere concretamente in considerazione la questione dell’edilizia giudiziaria quale emergenza del paese.
La risposta, tuttavia, è apparsa ancora una volta insufficiente ed inadeguata perché condizionata dall’emergenza, essendo state attuate soltanto soluzioni ‘tampone’ che avrebbero dovuto avere durata limitata e che, invece, come troppo spesso accade nel nostro Paese, sembra si stiano ‘stabilizzando’.
Peraltro, l’emergenza di cui si discute non è frutto di un avvenimento fortuito, eccezionale e imprevedibile ma è ‘storia’ di un evento annunciato ed evidentemente sottovalutato dagli organi amministrativi competenti.
E quel che è peggio è che la situazione barese non può certo definirsi isolata. L’ANM ne è da tempo consapevole. Questo CDC già un anno prima aveva diffuso gli esiti del questionario sulla sicurezza elaborato dall’Ufficio Sindacale, somministrato nel 2017 a tutti i magistrati italiani.
Per questo l’ANM ha interpellato le sue strutture territoriali chiedendo loro di fornire una rappresentazione delle singole realtà locali che consenta di ‘mappare’ in maniera quanto più dettagliata possibile le condizioni edilizie delle varie sedi ove si esercita la giurisdizione ordinaria.
Poiché connesso alla tematica delle strutture, si ritiene doveroso fare un accenno agli episodi di aggressione subìti negli anni recenti dai magistrati e, più in generale, dagli operatori del servizio giustizia, all’interno dei luoghi in cui si amministra la giurisdizione.
Questi accadimenti -favoriti dalla mancanza di idonei presidi di sicurezza- sembrano non destare turbamento né tra gli addetti ai lavori né (ed è più grave) nell’opinione pubblica, poiché è esperienza comune nei nostri Palazzi di quanto sia agevole per chiunque venire a contatto in modo incontrollato con coloro che vi lavorano o vi esercitano l’attività e pressoché in qualunque momento della giornata.
La ricognizione operata, oggetto di valutazione complessiva anche se non esaustiva, consegna pertanto la fotografia del territorio italiano, culla del diritto, disseminato di palazzi di giustizia doppiamente ‘insicuri’, di strutture inadeguate, di uffici inospitali e insalubri, di luoghi di lavoro non rispondenti alla dignità di quanti vi operano o li frequentano come utenti.
È utile ancora premettere che, essendo nella facoltà delle singole dislocazioni territoriali collaborare all’iniziativa di consultazione, sono pervenute risposte distribuite in modo disomogeneo sul piano territoriale. Venendo dopo i risultati molto precisi del questionario, stavolta l’ANM non ha agito con un format e per tale ragione ogni giunta esecutiva sezionale dell’ANM ha messo in evidenza, con una prospettiva del tutto autonoma e distinta dalla altre, le emergenze avvertite come maggiormente pressanti secondo la scala di valori del territorio in cui opera.
Hanno risposto all’invito le G.E.S. di: Avellino, Napoli, Napoli Nord, Nola, Santa Maria Capua Vetere, Torre Annunziata (per la regione Campania), Roma (per la regione Lazio), Genova, Massa, Savona (per la Liguria), Monza (per la Lombardia), Piemonte e Val D’Aosta, Lecce e Taranto (per la Puglia), Palermo, Trapani, Catania, Ragusa, Siracusa, Messina, Patti (per la Sicilia), Firenze, Arezzo, Lucca, Livorno, Siena, Pistoia, Grosseto, Pisa, Prato (per la Toscana), Perugia e Spoleto (per l’Umbria).
Ciò non autorizza a ritenere automaticamente che nelle sedi le cui Ges non hanno risposto la amministrazione della giurisdizione sia “sicura”. Non può escludersi, infatti, che la pressante necessità di fronteggiare criticità e disservizi risulti poziore rispetto all’esigenza di rappresentazione degli stessi.
Va ancora osservato che in quasi tutte le sedi giudiziarie si riscontra una dislocazione degli uffici e degli archivi in più plessi, il che complica non poco la realizzazione di una programmazione unitaria degli interventi manutentivi, oltre a determinare disagi per gli operatori costretti a spostarsi in luoghi distanti tra loro e mal collegati (così, a titolo meramente esemplificativo, gli uffici giudiziari di Monza sono dislocati in 12 sedi diverse; quelli di Catania addirittura in 21, alcune delle quali condotte in locazione con costo annuo di canoni passivi di oltre due milioni di euro; quelli di Pistoia in 6 sedi). Molte sedi giudiziarie sono poi collocate in edifici di interesse storico, certamente pregevoli e prestigiosi, ma strutturalmente e funzionalmente inadeguati alle esigenze della giurisdizione a meno di realizzare opere ingenti di ristrutturazione (così a Vercelli la struttura del Castello Visconteo, la cui costruzione risale al 1290 circa; a Monza gli edifici di Piazza Garibaldi, risalenti al 1700 e di via Vittorio Emanuele costruiti nel 1800 ed aventi natura di strutture abitative; il Tribunale di Napoli Nord che ha sede nel Castello Aragonese di Aversa).
La richiesta di centralizzare gli uffici giudiziari in un unico nuovo plesso, la cd. cittadella giudiziaria, accomuna quasi tutte le sedi giudiziarie, la realizzazione di alcune delle quali è stata deliberata ma è ancora ferma alla fase di progettazione da anni.
Altro dato sovente segnalato riguarda le difficoltà di gestione delle procedure di manutenzione e funzionamento degli edifici giudiziari a seguito dell’entrata in vigore della legge 190/2014 in virtù della quale le spese obbligatorie degli uffici giudiziari previste dalla legge 392/1941 sono state trasferite, a decorrere dal 1 settembre 2015, dagli enti locali al Ministero della Giustizia, che a sua volta le ha, in massima parte, delegate alle Corti d’Appello che devono, quindi, occuparsi della gestione diretta del funzionamento degli uffici sotto il profilo logistico, della manutenzione e dei servizi.
Ciò ha comportato per i dirigenti degli uffici e per quelli dei servizi di cancelleria, in mancanza di professionalità amministrative e tecniche idonee a tale attività e formate appositamente per svolgerle, l’assunzione di compiti e mansioni che esulano dalla loro specifica competenza, che si aggiungono al loro naturale impegno istituzionale e che possono dirsi solo in parte sopperiti dalle professionalità che compongono la Conferenza permanente, compiti che si sostanziano nelle procedure di scelta del contraente, nella stipula di contratti di appalto di servizi (manutenzione) e di forniture e nella verifica della corretta esecuzione degli stessi.
Prassi virtuose sono state introdotte a Catania (ove è stata costituita una nuova struttura amministrativa, l’Ufficio contratti, gare ed appalti, dedicata alle competenze delegate in materia di procedure ad evidenza pubblica), nel Tribunale di Siena (che ha stipulato una convenzione con la locale Provincia secondo la quale, utilizzando le risorse dell’ente locale, è stato istituito l’Ufficio contratti del Tribunale di Siena che provvede sul piano amministrativo all’attività necessaria allo svolgimento delle gare e alla gestione dei rapporti con i fornitori), nel Tribunale di Prato (ove la composizione della Conferenza permanente è stata integrata con la partecipazione anche di funzionari comunali che mettono a servizio le loro competenze tecniche per la gestione delle gare di appalto e l’esecuzione dei relativi lavori).
Ma si tratta di casi isolati fondati sullo spirito di collaborazione di amministratori di enti locali non tenuti a garantire tali prestazioni.
Permangono comunque in tutte le realtà giudiziarie gravi criticità che attengono al discrimine stesso tra attività amministrativa e giurisdizionale.
La mancata istituzione delle direzioni regionali, previste nell’impianto originario della riforma e l’assenza negli uffici giudiziari di un ruolo tecnico in grado di far fronte alle complesse questioni afferenti la disciplina degli appalti pubblici e delle altre procedure di acquisto (e cioè di problematiche estranee alla formazione esclusivamente giuridica e pubblicistica dei dirigenti amministrativi) sta stabilizzando una situazione originariamente concepita come transitoria, che incide sulla funzionalità degli uffici, esponendoli a rischi gestionali aggiuntivi del tutto insostenibili e sul ruolo stesso dei dirigenti degli uffici ed in primo luogo dei Presidenti delle Corti d’Appello.
Lo stabile trasferimento a questi ultimi di compiti delegati determina una impropria commistione tra competenze amministrative, relative all’organizzazione dei servizi che rientrano nelle attribuzioni del Ministero della Giustizia, e compiti di organizzazione della giurisdizione propri del Magistrato dirigente.
Si tratta di una condizione ambigua ed equivoca che merita di essere al più presto risolta.
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Il presente resoconto, che non ha, come si diceva, carattere esaustivo ma solo esemplificativo, individua le maggiori criticità dell’edilizia giudiziaria, segnalate dagli uffici che hanno riscontrato la richiesta della ANM, distinte per aree tematiche cui si aggiunge la indicazione delle sedi giudiziarie autrici delle segnalazioni.



  1. Lesioni strutturali vengono segnalate nelle sedi di Siena (nel palazzo situato in via Franci) e Messina (con riguardo agli uffici ubicati nella sede di via Malvizzi), mentre sovraccarico delle strutture portanti nella sede del Tribunale di Napoli ed in particolare negli uffici della sezione Gip-Gup;

  2. Solai e soffitti fatiscenti e pericolanti vengono segnalati nelle sedi di: Vercelli (ove, nella struttura del Castello Visconteo in cui sono allocate le sezioni penali e civili del Tribunale e la sede dell’UNEP, nell’anno 2015 a causa di crolli è stato dichiarato inagibile parte del secondo piano sede dell’ufficio Gip e delle sue cancellerie; nel 2016 è crollata una parte del muro di cinta esterno); Monza (l’ala est dell’edificio di Piazza Garibaldi, risalente al 1700, è inutilizzabile dal 2016 per forti ammaloramenti, ad eccezione di poche stanze individuate dal Provveditorato Regionale Opere Pubbliche per un uso precario e temporaneo: i lavori di ristrutturazione risultano appaltati ma non ancora avviati; il plesso di via Vittorio Emanuele presenta avvallamenti nella pavimentazione del secondo piano; entrambi gli edifici necessitano di verifiche di tenuta/staticità); Arezzo (che necessita del rifacimento delle guaine di protezione di terrazze e lastrico solare); Livorno (nel palazzo di via De Larderel è parzialmente crollata la volta di copertura dell’accesso carrabile); Pisa; Perugia (presso l’immobile ove ha sede il Tribunale penale); Messina (nell’immobile di via Malvizzi); Catania (ove nel plesso centrale di Piazza Verga sono stati realizzati solo lavori di somma urgenza dell’importo di 30.000,00 euro a fronte di un progetto definitivo di straordinaria manutenzione della copertura del tetto dell’importo di 320.000,00 euro, mentre nel plesso di via F. Crispi è stata inviata al Provveditorato richiesta di verifiche tecniche);

  3. Infiltrazioni piovane vengono segnalati nelle sedi di: Firenze (al quarto piano dell’edificio); Arezzo (a causa del deterioramento sia della copertura del tetto, che degli infissi in legno, piove in diverse parti del Palazzo di giustizia, si allaga il locale ove si trovano server e centralina telefonica); Livorno (in entrambi i plessi di via De Larderel e di via Falcone Borsellino); Siena (nella sede di via Franci); Pistoia; Pisa (nei locali archivio di Tribunale e Procura, nei locali della sezione lavoro siti al piano terra, in numerose stanze di magistrati e cancellieri); Prato; Perugia; Nola; Torre Annunziata (nell’edificio più risalente il tetto è danneggiato ma è in fase di completamento la procedura d’appalto per la riparazione); Savona; Lecce (nel garage del palazzo di via De Pietro); Messina (nell’immobile sito in via Malvizzi e negli uffici di Palazzo Piacentini); Catania (sia nel plesso di Piazza Verga che in quello di via F. Crispi –le fotografie e i filmati dello scorso mese di ottobre dell’acqua scrosciante dentro gli uffici e dei colleghi che si riparano con l’ombrello hanno fatto il giro di tutta Italia e sono facilmente rinvenibili sul web- e nel locale archivio di San Francesco La Rena);

  4. Distacco di mattonelle, cornicioni, calcinacci e presenza di crepe vengono segnalati nelle sedi di: Firenze (nonostante l’edifico sia nuovo); Arezzo (anche nell’ala nuova del Palazzo denominata Nuova Espansione); Livorno; Grosseto (ove a rischio è la controsoffittatura di doghe metalliche all’interno dell’edificio della Procura della Repubblica); Pisa; Prato; Perugia (ove sono caduti pannelli di cartongesso dal soffitto del Tribunale Penale); Torre Annunziata (in tutti e tre gli edifici giudiziari, due dei quali di nuova costruzione, gli infissi delle finestre sono ‘pericolanti’ probabilmente per errori di montaggio); Lecce (nel palazzo di via De Pietro); Patti; Messina (nell’immobile sito in via Malvizzi e negli uffici di Palazzo Piacentini); Trapani;

  5. carenza degli impianti antincendio e delle vie di fuga sono stati parimenti segnalati nelle sedi di: Monza (con riguardo al palazzo di Piazza Garibaldi sono stati richiesti interventi adeguati dalla Conferenza Permanente e dal Presidente del Tribunale per la realizzazione di vie di fuga e di uscite di emergenza e per la eliminazione di una pericolosa vetrata interna posta dinanzi l’ingresso principale e la sua sostituzione con porta con maniglia antipanico; con riguardo alla sede di via Vittorio Emanuele nel percorso di esodo è stata segnalata la presenza di porte vetrate che determinano un fattore di rischio alto); Siena (ove manca l’agibilità per la sede di via Franci perché non è mai stato effettuato il collaudo); Pisa (nell’edificio del Giudice di Pace); Prato; Avellino (risultano stanziate dal Ministero somme per l’adeguamento dell’edificio di Piazza d’Armi e di via Colombo n. 10, ma i lavori non sono mai iniziati); Nola (dove si attende dal Comune la documentazione inerente il rilascio del certificato di agibilità per la sede sita in via On. Napolitano); Torre Annunziata (non essendo stato effettuato il collaudo dei due edifici di nuova costruzione manca l’agibilità); Savona (il cui plesso necessita anche della realizzazione di scale); Genova; Roma (limitatamente agli uffici della Procura Generale); Lecce; Taranto (ove le vie di fuga sono lontane); Ragusa (sia il palazzo ex INA Assicurazioni che il palazzo di via Natalelli, che attendono che il progetto originariamente approvato dal comune di Ragusa per realizzare una scala antincendio all’esterno del palazzo sia finanziato dal Ministero e quest’ultimo destinatario anche di disposizioni che contingentano il numero di udienze giornaliere poiché la struttura non sopporta la presenza contemporanea di più di trecento persone; per quanto riguarda il palazzo ex INA, risulta dalla dichiarazione del Dirigente del Settore V del Comune di Ragusa dell’aprile 2017, che lo stesso non è soggetto alla disciplina del DM 22/2/2006 -Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio di edifici o locali destinati ad uffici- in quanto i locali esistenti erano già adibiti ad ufficio ed alla disciplina del DPR 151/11 sui controlli di prevenzione incendi, essendo le presenze giornaliere inferiori a 300); Catania (il palazzo centrale di piazza Verga non gode ancora del certificato prevenzione incendi in quanto necessitano alcuni lavori per ottemperare alle prescrizioni impartite dal Comando dei Vigili del Fuoco, opere che però non hanno ancora ricevuto i correlativi stanziamenti ministeriali);

  6. il mancato rispetto della normativa di sicurezza viene segnalato nelle sedi di: Arezzo (ove è stata segnalata la presenza di pavimentazione in marmo lucido scivolosa e pericolosa, specie in considerazione dei frequenti allagamenti dovuti ad infiltrazioni di acqua piovana); Taranto (ove la pavimentazione è obsoleta e pericolosa); Catania (nella sede di via Guardia della Carvana ove insistono le sezioni specializzate del Tribunale lavoro e della Corte lavoro mancano maniglioni antipanico nel portone di ingresso/uscita e strisce antiscivolo sulle scale che collegano i diversi piani e ciò a causa del contenzioso insorto col condominio in cui sono allocati tali uffici);

  7. il mancato rispetto della normativa antisismica viene segnalato ad Avellino (il palazzo di Piazza d’Armi costruito prima del 1980 non ha agibilità e necessita di adeguamento alla più recente normativa sismica per il quale risultano stanziate somme) e a Ragusa (ove la costruzione del palazzo di giustizia di via Natalelli risale agli anni Settanta, prima dell’entrata in vigore della normativa sulle costruzioni antisismiche; di recente, con determinazione n. 21 del 22/3/2018 del Settore Pianificazione Urbanistica e Centri Storici della Città di Ragusa, nell’ambito di un progetto di valutazione dello stato di sicurezza nei confronti dell’azione sismica degli edifici pubblici strategici, è stato approvato “un piano di indagini finalizzato all’individuazione delle caratteristiche dei materiali e della geometria degli elementi strutturali dell’edificio in questione e delle indagini geognostiche e prove di laboratorio per la caratterizzazione litostratigrafica e geotecnica del terreno sul quale insiste lo stesso” ed è stata avviata la procedura di affidamento per l’esecuzione del piano);

  8. l’inadeguatezza degli impianti elettrici è segnalata nelle sedi di: Monza (sia nell’edificio di Piazza Garibaldi, ove sono stati descritti quadri elettrici in posizione soggetta a frequenti allagamenti, numerosi episodi di black out, sia nel palazzo di via Vittorio Emanuele); Arezzo (ove la cabina elettrica non è stata revisionata); Avellino (l’edificio di Piazza d’Armi attende l’adeguamento e la certificazione dell’impianto, la sostituzione o il ripristino del gruppo elettrogeno); Nola (ove è necessaria la sostituzione della centralina elettrica nella sede della Reggia Orsini); Savona; Lecce (ove in alcune aule penali sono presenti cavi elettrici a cielo aperto); Taranto; Messina; Catania (ove proprio in questi primi giorni di dicembre è finalmente avvenuto il collaudo della nuova cabina elettrica del plesso di via Crispi che da anni non funzionava e che aveva determinato problemi al funzionamento degli ascensori e agli impianti di riscaldamento e condizionamento, inducendo il Presidente del Tribunale a sospendere le udienze nei mesi estivi);

  9. il malfunzionamento e l’inadeguatezza degli ascensori sono segnalati nelle sedi di: Monza (nell’ufficio di via Vittorio Emanuele); Arezzo (i vani ascensori sovente si allagano); Prato (per diversi mesi tutti e quattro gli ascensori sono stati rotti e allo stato ne risultano funzionanti solo due); Napoli (ove sono frequentissimi guasti non immediatamente riparabili); Roma (ove pare che sia stata accolta dal Ministero la richiesta di sostituzione di tutti gli ascensori degli uffici di Piazzale Clodio, viale Giulio Cesare e via Lepanto); Messina (negli immobili di via Malvizzi e di Palazzo Piacentini); Trapani; Catania (con riguardo al plesso di via F.Crispi);

  10. l’inadeguatezza e la fatiscenza degli impianti idraulici sono segnalati a Monza, Firenze, Avellino (l’edificio di Piazza d’Armi attende l’adeguamento e la certificazione dell’impianto idrico), Taranto, Messina (nella sede di via Malvizzi) e degli impianti igienici a Pisa, Avellino, Savona, Genova, Roma, Taranto, Catania;

  11. il malfunzionamento e l’inadeguatezza degli impianti di riscaldamento/condizionamento al concreto fabbisogno vengono segnalati nelle sedi di: Monza (negli uffici di Piazza Garibaldi manca la denuncia di attività per la messa in opera dell’impianto termico ed in quelli di via Vittorio Emanuele le tubature e la centrale termica non sono conformi alle norme di sicurezza e antincendio); Firenze (nella quale è segnalato l’eccessivo rumore ai limiti della tollerabilità); Siena (nel palazzo di via Franci per la vetustà dello stesso); Prato; Avellino (con riguardo al plesso sito in via Colombo n. 10); Nola; Savona; Lecce; Taranto; Messina (nell’immobile di via Malvizzi); Trapani;

  12. la mancanza di impianti di riscaldamento/condizionamento sono segnalate nelle sedi di Vercelli (nelle aule di udienza sia penali che civili del Tribunale e nel locale adibito ad audizioni protette) e Genova;

  13. la scarsa salubrità degli ambienti è segnalata nelle sedi di: Monza (ove la coibentazione di alcune tubature nei locali sotterranei è caratterizzata dalla presenza di amianto, che seppure risultato non aerodispersibile, necessita comunque di periodici controlli ed ove i locali archivio interrati sono privi di areazione, caratterizzati da ammaloramento delle superfici murarie e con sospetta presenza di radon); Firenze (nei locali destinati ad archivio e corpi di reato ci sono problemi di staticità ed areazione e nelle copertura è presente la fibra di vetro); Pisa (ove una centralina elettrica situata in aderenza agli uffici genera onde elettromagnetiche); Prato (ove è copiosa la presenza di umidità); Perugia; Napoli Nord (sussistono problemi di areazione nei corridoi del secondo piano); Torre Annunziata (nell’edificio più risalente è ancora presente moquette maleodorante); Messina (negli uffici di Palazzo Piacentini ed in particolare in quelli GIP-GUP e Procura siti al piano cantinato e nell’aula del Tribunale del riesame); Catania (negli archivi di San Giuseppe La Rena);

  14. l’insufficienza di aule di udienza è segnalata sia per il settore civile (che determina nei Tribunali di Napoli Nord, Taranto, Messina, Patti, Catania, che le udienze si tengano quasi esclusivamente in stanze originariamente deputate a costituire ufficio del Giudice con conseguente sovraffollamento delle stesse e concreti problemi di sicurezza) che per quello penale (ciò a Massa, Catania) e la mancanza di stanze per tutti i magistrati e la consequenziale condivisione delle stesse è emersa nelle sedi di Vercelli, Taranto, Messina, Patti, Catania;

  15. la mancanza di aule per gli esami protetti e per le ricognizioni di persona è segnalata a Catania, mentre l’insufficienza delle dotazioni per le videoconferenze a Napoli Nord (i cui Giudici spesso devono ricorrere alle aule site nei Tribunali di Napoli e di Santa Maria Capua Vetere) e Catania (spesso occorre spostarsi nel carcere di Bicocca che dista diversi chilometri con dispersione di energie e tempo);

  16. archivi insufficienti fatiscenti sono stati segnalati a Prato, Napoli, Genova, Patti, Messina, Catania;

  17. la presenza non occasionale di ratti e blatte è stata segnalata rispettivamente, per i primi, nelle sedi di Prato e Messina (negli uffici di Palazzo Piacentini: cfr. fotografie allegate) e, per le seconde, nelle sedi di Torre Annunziata e Messina (negli uffici di Palazzo Piacentini);

  18. problemi di insufficienza di aree parcheggio –che ridondano sulla tematica della sicurezza- ricorrono nelle sedi di Napoli, Napoli Nord (ove sussistono anche avvallamenti della pavimentazione, si verificano allagamenti frequenti, si registra la presenza di alberi ad alto fusto non manutenuti) e Catania.


La sicurezza degli operatori della giurisdizione
Particolare attualità e urgenza riveste la necessità di dotare le sedi degli uffici giudiziari delle misure necessarie a prevenire il rischio di accessi incontrollati e conseguenti aggressioni al personale di servizio o di atti comunque pericolosi per l’incolumità.
Quanto ai controlli in accesso, come emerge dagli esiti del questionario sulla sicurezza somministrato nel corso dell’anno 2017, quasi un terzo dei magistrati lavora ancora in edifici privi d’ingresso riservato a loro ed al personale; ciò rende più difficile il controllo e la selezione degli accessi, malgrado la diffusa presenza di metal detector o di una vigilanza continuativa.
In molti casi i sistemi di controllo, pur presenti, non sono in funzione per l’intera giornata lavorativa o sono insufficienti (ad esempio a Grosseto ove le telecamere sono in numero ridotto, a Palermo ove mancano controlli dinanzi le aule delle sezioni civili, ancora a Catania ove analoga assenza si verifica dinanzi le stanze dei giudici civili adibite ad aule di udienza) ovvero difettano nei singoli piani degli uffici giudiziari ove si trovano le stanze dei magistrati.
Mancano o sono comunque grandemente carenti le forme di controllo esterno nelle sedi: del Tribunale di Sorveglianza di Torino (il cui ingresso che insiste sulla via Padova è privo di telecamere di videosorveglianza e di metal detector); del Tribunale per i minorenni di Firenze e del Tribunale di Livorno (ove mancano i metal detector e in quest’ultimo l’accesso alle stanze dei magistrati è sostanzialmente libero ed i controlli del pubblico sono effettuati a campione dal personale che ha in appalto la vigilanza esterna); del Tribunale di Prato; del Giudice di Pace di Savona - dal cui interno si può giungere anche agli uffici del Tribunale e della Procura - ove non c’è alcun controllo in ingresso; dell’intero Palazzo di Giustizia di Savona ove mancano sistemi di videosorveglianza; di Perugia e Spoleto ove gli appalti per installare metal detector sono ancora in corso; degli uffici di Via Malvizzi a Messina i quali non sono dotati di vigilanza all’ingresso; del Tribunale di Grosseto ove manca uno scanner bagagli.
Negli uffici di Roma è stata appaltata la sicurezza esterna, in quelli ubicati a via Lepanto e a Viale Giulio Cesare sarà anche installato entro la fine dell’anno un sistema di controllo all’accesso con riconoscimento automatico.
Il deficit di sorveglianza si lega indissolubilmente alle carenze strutturali: la metà dei magistrati lavora all’interno di edifici che ospitano solo parte degli uffici giudiziari del circondario, che sono distribuiti su più sedi nel territorio.
La mancata concentrazione in un unico luogo rende evidentemente più oneroso economicamente e complesso dal punto di vista organizzativo l’allestimento di servizi di vigilanza efficaci.
Per quanto riguarda la protezione interna metà dei magistrati riferisce che nel proprio Palazzo di giustizia non c’è personale addetto all’ordine pubblico che vigili nei corridoi e all’esterno delle aule d’udienza.
L’assenza di misure di protezione personale all’interno degli uffici dei magistrati è quasi totale, mancando strumenti per chiamate d’emergenza, videocitofoni e sistemi d’identificazione dei visitatori dall’interno della propria stanza. La quasi totalità degli uffici è, poi, priva di porte antisfondamento.
L’isolamento fisico del magistrato durante il servizio è plasticamente rappresentato dai risultati relativi allo svolgimento dell’udienza, priva di ufficiale giudiziario o altro addetto alla chiamata dei testimoni, di personale di vigilanza.
Ma il risultato forse più impressionante riguarda il luogo di celebrazione dell’udienza: dato per premesso che quella civile si tiene quasi ovunque, con poche encomiabili eccezioni, nella stanza del giudice, situazione analoga si registra con frequenza allarmante anche per la generalità delle udienze pubbliche.
La lettura incrociata dei dati porta alla luce l’esposizione a rischio costante del magistrato sul luogo di lavoro, in difetto di presidi di controllo e d’intervento nella sua stanza e di figure dissuasive durante la sua attività pubblica.
Ed in questo contesto si inseriscono gli episodi tragici cui si è accennato in premessa, tragedie tutte che, nei termini in cui sono state compiute, potevano certamente essere prevenute ed evitate, laddove fossero stati efficacemente funzionanti i sistemi di controllo e vigilanza.

La presente relazione è la sintesi di uno spaccato inquietante dello stato dell’edilizia giudiziaria e dell’insicurezza in cui lavoriamo, da cui muove la richiesta dell’ANM agli organi competenti di un piano straordinario di interventi di edilizia giudiziaria non più prorogabile.



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