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28 aprile 2020

L'Anm sulla fase 2 dell'emergenza nel settore civile

Il protrarsi dell’emergenza legata all’evoluzione dell’epidemia e l’ormai imminente inizio della c.d. “fase 2” pongono una serie di questioni anche per il settore civile.
L’ANM reputa innanzitutto condizione imprescindibile che gli uffici giudiziari siano tutti messi in sicurezza a prescindere dal grado di rischio epidemiologico.
Per questo abbiamo chiesto con forza, in occasione dei tavoli tecnici con il Ministro della Giustizia, l’adozione di un piano strutturato mirato a dotare gli uffici di tutte le iniziative idonee a garantire nei tribunali l’integrale osservanza delle regole vigenti in tema di distanziamento sociale e igiene degli ambienti.
La cessazione del regime di sospensione e rinvio d’ufficio delle cause comporterà, inevitabilmente, l’aumento delle presenze nei tribunali, rendendo necessarie misure quali:



  • l’incremento della vigilanza sugli accessi e sul rispetto delle regole di distanziamento all’interno degli edifici;

  • la disponibilità di termo scanner agli ingressi e la presenza di personale sanitario che possa procedere all’immediata verifica dei casi dubbi;

  • la frequente sanificazione degli ambienti;

  • la dotazione di mascherine, guanti e detergenti per ogni operatore.


Sul piano processuale l’ANM ha segnalato la necessità che l’uso degli strumenti processuali dell’emergenza (trattazione scritta e video udienza) venga disciplinato con più specificità, anche in ragione della incertezza della durata della fase 2. La linea legislativa della giustizia “concordata” sta creando una moltiplicazione di “tipi” processuali e con essi di dubbi interpretativi di ardua soluzione in difetto di riferimenti normativi certi, con opzioni non prive di rilevanza sotto il profilo della programmazione dell’attività.
Ci si riferisce, ad esempio, per la trattazione scritta, alla mancata previsione della conversione delle attività rese dal giudice in udienza in forma orale (lettura della sentenza ex art. 281-sexies c.p.c. e/o del dispositivo per le cause del rito del lavoro e locatizio); ovvero della modalità dello scambio delle note scritte tra le parti risultando rilevante, ai fini della programmazione, sapere se le parti optino per lo scambio preventivo tra loro con deposito di nota congiunta ovvero per il deposito di note individuali e magari anche di note replica con aggravio esponenziale del lavoro della Cancelleria.
I dubbi interpretativi e applicativi si moltiplicano per il rito del lavoro, al quale la legislazione dell’emergenza non ha ritenuto di dedicare nemmeno un rigo, malgrado esso si occupi della tutela di diritti fondamentali che nella fase dell’emergenza dovranno essere massimamente assicurati, tenuto anche conto del disagio sociale che la pandemia rischia di fare esplodere.
I caratteri di oralità e immediatezza del rito rendono più difficile il ricorso diffuso alla trattazione scritta e danno massima attualità alle criticità della gestione della video udienza da parte del giudice, che l’ANM ha ripetutamente evidenziato in uno spirito di totale collaborazione con lo sforzo dell’Amministrazione di adattare il processo alle esigenze della sanità pubblica.
Sotto questo profilo la previsione dell’assistenza di un ausiliario di cancelleria del giudice per la predisposizione di tale udienza telematica – introdotta nella conversione del d.l. 18/2020 – è un progresso apparente e insufficiente.
E’ apparente, poiché notoriamente gli organici attuali non garantiscono al giudice l’affiancamento d’un cancelliere in udienza. E’ insufficiente, poiché restano irrisolte le questioni degli effetti giuridici degli eventi determinati dalla connessione dei soggetti privati alla video udienza, dell’immediata disponibilità di un’assistenza tecnico-informatica, dell’intrinseca inadeguatezza al processo dello strumento informatico adottato (per l’incertezza dei controlli sugli accessi all’aula virtuale di udienza; per l’impossibilità di condividere documenti di rilievo probatorio; per la limitata durata dei link di collegamento; per l’inidoneità a gestire con immediatezza ed efficacia tentativi di conciliazione, interrogatori e testimonianze delicati in vicende complesse anche in fatto, come ad esempio licenziamenti individuali o collettivi).
Grava infine su tutta la giustizia civile, ma non solo, il peso del mancato accesso di cancellieri e assistenti ai registri informatici, che impedisce, durante lo smart working affidato loro per necessità, di mettere completamente a frutto il lavoro svolto dai magistrati anche nel periodo dell’emergenza.
Un’ultima criticità concerne il giudizio civile davanti al giudice di pace. Poiché non vi si applica il PCT, l’estensione delle norme emergenziali per l’udienza civile presenta ulteriori problemi interpretativi. Ogni protocollo che dovesse adattare le norme dettate per la trattazione scritta all’udienza del giudice di pace dovrà pertanto tenere conto dell’impossibilità di condividere con le parti gli atti e di documenti del giudizio.
L’ANM si confronta da sempre col Ministero su carenze, rigidità e arretratezza delle risorse del sistema giudiziario, determinate in prevalenza dalla modestia quantitativa e qualitativa degli investimenti economici. Ora che la pandemia ne ha portato in luce alcuni degli effetti più vistosi, l’ANM non può che ribadire una posizione critica insieme con l’affermazione di una disponibilità non formale dei magistrati italiani a darsi comunque carico della domanda di giustizia che è destinata a levarsi ancora più forte nel nostro Paese.



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