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8 novembre 2025

Relazione sulle proposte di legge AC 2050 e AC 2053 (Legittimo impedimento)

Presentata al Cdc e approvata nella seduta dell'8 novembre 2025

COMMISSIONE DIRITTO E PROCEDURA PENALE
Presidente: Chiara Valori
Coordinatori: Domenico Canosa, Giulio Caprarola


1. Generalità sulla disciplina normativa del legittimo impedimento del difensore.


1.1. Al fine di rendere un più proficuo contributo, è opportuno premettere che, per come disciplinato dalla disposizione vigente, l’impedimento legittimo del difensore è una fattispecie così strutturata:


Impedimento legittimo[causa]Fatto impeditivo
[effetto]Impossibilità assoluta di comparire di udienza

L’art. 420 ter c.p.p., nel testo vigente, recepisce una concezione astratta di legittimo impedimento: non tipizza, cioè, i fatti impeditivi, ma si focalizza esclusivamente sull’effetto prodotto ovvero l’impossibilità di comparire in udienza.
L’unico criterio selettivo può ricavarsi dal predicato “legittimo” dal quale discende la necessità che il fatto impeditivo si correli ad un interesse giuridicamente rilevante, anzi di rango non inferiore all’interesse che ad esso si contrappone, ovvero la ragionevole durata del processo.
Nel testo vigente, il bilanciamento tra i contrapposti interessi (l’interesse individuale dell’imputato o del difensore e la ragionevole durata del processo) è demandato in concreto al giudice, il quale valuta non solo le circostanze dedotte e documentate dal difensore, ma ogni altra circostanza in ipotesi rilevante per dire se l’impossibilità di comparire possieda il requisito dell’assolutezza.


1.2. Le proposte di legge in esame, dirette ad incidere sulla nozione di legittimo impedimento del difensore, mutano l’impostazione fin qui descritta, operando una più o meno accentuata tipizzazione dei fatti impeditivi.
A livello di prima analisi, questa diversa impostazione (concezione causale dell’impedimento), maggiormente marcata nel C. 2053, si espone però a due rilievi principali


a) l’irrilevanza delle cause non tipizzate;
l’inserimento di un elenco di legittimi impedimenti (vedasi art. 3 C. 2053) potrebbe assumere il significato di una previsione tassativa, con la conseguenza che fatti impeditivi diversi da quelli ivi espressamente contemplati resterebbero privi di rilevanza;
b) incondizionata rilevanza delle cause tipizzate;
prevedendo che i fatti impeditivi ivi indicati costituiscano per ciò solo legittimo impedimento si rischia di dare rilevanza ai fatti dedotti dal difensore indipendentemente dal sé in concreto producano una situazione di assoluta impossibilità a comparire.


Alla luce di quanto sopra, come indicazione di carattere generale, riteniamo preferibile che il legittimo impedimento continui ad essere accertato in concreto dal giudice, piuttosto che essere oggetto di una previsione generale ed astratta.
1.3. Ove non si condividesse il rilievo testé espresso, una possibile soluzione per contemperare l’esigenza di un accertamento il più possibile aderente al caso concreto, con la volontà manifestata dai proponenti di allargare l’ambito del legittimo impedimento potrebbe essere la seguente:
nel C. 2053 sostituire le parole:
“5-ter. Agli effetti di cui al comma 5 costituiscono legittimo impedimento del difensore”
con le parole:
“5-ter. Agli effetti di cui al comma 5, il giudice valuta come motivo di legittimo impedimento:”
2. La proposta di legge C. 2050.
Con l’art. 3 della proposta in oggetto si prevede l’inserimento nell’art. 420 ter co. 5 primo periodo c.p.p., dopo “impossibilità di comparire per legittimo impedimento” delle parole “proprio, della prole o dei familiari per comprovati motivi di salute”.
In linea generale, deve osservarsi che l’interesse tutelato è la salute dei familiari, nella misura in cui il familiare affetto dal problema necessiti di assistenza continuativa. Non è quindi sufficiente un qualsiasi “motivo di salute”, ma è necessario che in relazione ad esso si configuri come indispensabile l’assistenza da parte della persona costituita come difensore nel procedimento penale. Tale condizione presuppone evidentemente l’assenza di altri soggetti che possano prestare assistenza e nel caso di figli minori l’assenza o comunque l’indisponibilità dell’altro soggetto esercente la responsabilità genitoriale.
In tale ottica, il riferimento ai familiari appare troppo generico, non avendo una portata semantica univocamente determinabile, con il rischio concreto di eccessiva estensione delle ipotesi di sospensione del processo e pregiudizio per la sua ragionevole durata. L’ANM ritiene, pertanto, siano necessarie delle modifiche per meglio delimitare la classe di soggetti di riferimento.


Si propongono le seguenti modifiche:
- limitare la rilevanza dei motivi di salute ai “familiari conviventi”, perché, di regola, solo rispetto ad essi l’assistenza della persona costituita come difensore può assumere prevalente rilevanza. L’espressione “familiari conviventi” è già utilizzata in ambito legislativo (vedasi art. 92, d.p.r. 30.05.2002, n. 115);
- circoscrivere la portata semantica della parola “prole” mediante il riferimento ai figli minori di età, richiedendo altresì e che sia allegata l’assenza di altri soggetti esercenti la responsabilità genitoriale che possano occuparsi dei medesimi.
- la parola “comprovati” è priva di valore precettivo, perché nel processo penale solo i fatti documentati possono assurgere a presupposto per l’applicazione di effetti giuridici;
- sostituire “comprovati” con la parola “gravi”.


3. La proposta di legge C. 2053.
Con l’art. 3 della proposta in oggetto si prevede l’inserimento del comma 5 – ter, nel quale sono indicate quattro distinte ipotesi di fatti impeditivi che danno vita a legittimo impedimento. Al netto delle considerazioni di carattere generale già svolte nel precedente paragrafo in ordine alla scelta di operare una tipizzazione degli impedimenti, l’A.N.M. condivide la scelta di attribuire rilevanza all’interesse del genitore adottante o affidatario, in ragione dell’ormai riconosciuta equiparazione sotto un profilo logico e biologico fra genitorialità biologica e genitorialità adottiva.
Con riferimento all’estensione ai motivi di salute della prole, del coniuge, dei parenti ed affini entro il secondo grado, valgano le considerazioni già espresse con riferimento alla proposta di legge C. 2050.
Analoghi rilievi di genericità sono formulabili con riguardo all’ipotesi prevista dalla lettera c), in quanto si attribuisce rilevanza incondizionata ai casi di assistenza prestata a familiari affetti da patologie invalidanti indipendentemente da ogni valutazione circa la necessità in concreto dell’assistenza da parte della persona costituita come difensore e comunque al di fuori dei limiti e delle condizioni previste dall’art. 33, l. 05.02.1992, n. 104.
Potrebbe essere opportuno fare riferimento invece alla figura del caregiver come definito dall’art.1 comma 255 legge 27 dicembre 2017, n. 205 (“Si definisce caregiver familiare la persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell’altra parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, nei soli casi indicati dall’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o sia titolare di indennità di accompagnamento ai sensi della legge 11 febbraio 1980, n. 18”).
Tale riferimento consentirebbe di estendere la rilevanza dell’impedimento anche alle ragioni di salute di prole maggiorenne o di familiari non conviventi che si trovino nelle condizioni indicate, così delimitandone in modo maggiormente definito l’ambito di rilevanza.
L’ipotesi prevista dalla lett. d) attribuisce rilevanza all’impegno professionale del difensore, peraltro in linea con una consolidata elaborazione della Suprema Corte, ma ne ridetermina l’ambito applicativo, con modalità che destano forte perplessità.


La disciplina desumibile dal testo scrutinato:



  • da un lato amplia a dismisura l’area dell’impedimento derivante da impegno professionale, perché non prevede alcuna condizione in ordine alla necessità di dare prevalenza all’impegno documentato; in tal modo non si tiene conto di un indirizzo interpretativo ormai assurto al rango di diritto vivente in base al quale l’impegno professionale rileva nella misura in cui il difensore dimostri la prevalente necessità di costituirsi nel diverso procedimento, ad esempio perché nei confronti di persona detenuta;

  • dall’altro restringe l’ambito di rilevanza ai soli impegni assunti in precedenza o concomitanti, laddove la Suprema Corte riconosce la rilevanza anche degli impegni assunti successivamente, a condizione che siano riferibili a procedimenti di prioritaria trattazione[1].


In definitiva sintesi, l’approvazione di siffatta previsione toglierebbe al giudice la possibilità di esercitare una opportuna discrezionalità, riconoscendo sostanzialmente ad una sola delle parti un diritto potestativo di sospensione del processo, con pregiudizio per la sua durata ragionevole.
Con riserva di dettagliare i rilievi espressi e di formulare ulteriori chiarimenti, se necessari.


[1] Recentemente, infatti, Cass Sez. 5, Sentenza n. 4591 del 01/02/2024 (Ud. 04/12/2023 n. 32600 Rv. 286015) ha sottolineato che "il difensore che, in data successiva alla formazione del calendario di udienza, accetti un nuovo incarico non può invocare il legittimo impedimento nella data di una delle udienze già previste, poiché l'art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen. intende apprestare tutela solo agli impedimenti che sopravvengono all'atto di nomina e accettazione del mandato difensivo”. Nella motivazione, il giudice di legittimità ha evidenziato che, ai sensi dell'art. 477, comma 1, cod. proc. pen., come modificato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, il calendario delle udienze non rappresenta più atto "neutro", ma uno strumento organizzativo normativamente previsto, per cui la conferma della previsione di un'udienza, già ivi indicata, non può intendersi come impedimento sopravvenuto rispetto al momento in cui il calendario è stato formato.
Oppure utile, nell’ottica di un contemperamento delle opposte esigenze, quali il diritto dell’imputato a vedersi assicurata costantemente una difesa fiduciaria rispetto alla ragionevole durata del processo, appare il richiamo a Cass., Sez. 5, Sentenza n. 49454 del 05/12/2019, che ha statuito come la decisione sulla istanza di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento del difensore, che adduca un concomitante impegno professionale, richiede un bilanciamento tra l'interesse difensivo e quello pubblico all'immediata trattazione del processo, per cui, ancorchè la priorità temporale costituisca un parametro di valutazione, anche un impegno assunto successivamente può essere considerato prevalente rispetto ad altro preesistente.


 



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