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2 dicembre 2009

I magistrati fanno giustizia (dei falsi numeri e delle menzogne)

Documento sulla produttività dei magistrati diffuso al Salone della Giustizia di Rimini

La giustizia è malata da decenni, ma i “colpevoli” cambiano: ora, come nei primi anni ’70 e a metà degli ’80, i sospetti si addensano sulla magistratura e in particolare sull’Associazione magistrati.
Siamo consapevoli che anche la magistratura ha parte di responsabilità per la crisi della giustizia. Ma non possiamo accettare che si descriva, falsamente, una corporazione di fannulloni superpagati, impegnata a proteggere i propri interessi e gli aderenti, anche colpevoli delle peggiori nefandezze. Lo dobbiamo ai colleghi che hanno pagato con la vita la passione per la giustizia, e a quanti lavorano con impegno e in silenzio.
Per questo abbiamo deciso di informare i cittadini sulla realtà del nostro lavoro.


1. IL LAVORO DEI MAGISTRATI
L’orario di lavoro. I magistrati, come i dirigenti o i professori universitari, non hanno orario di lavoro e quindi non esistono dati sulle ore di lavoro effettivamente prestate. Ciò che conta e viene richiesto è il prodotto finito (e, in concreto, l’orario di lavoro effettivo è di gran lunga superiore a quello di ogni altro lavoratore dipendente).
La mancanza di spazi e di strumenti. La cronica mancanza di strutture determina che la gran parte dei giudici italiani, dopo l’udienza portano il lavoro a casa dove vengono studiati i fascicoli e scritte le sentenze.
La produttività individuale. Dal rapporto Cepej emerge che la produttività individuale media dei giudici italiani, calcolata nel 2006, è tra le più alte in Europa.
Il lavoro nel settore civile. I giudici italiani sono al terzo posto in Europa per produttività: 4516 cause civili definite ogni anno per 100.000 abitanti, contro le 2571 dei francesi, le 2501 degli spagnoli e le 1929 dei tedeschi.
Il lavoro nel settore penale. I giudici italiani sono al primo posto in Europa con 1.168.044 procedimenti definiti in un anno contro gli 864.231 della Germania, i 388.317 della Spagna e i 655.737 della Francia.
Il trend degli ultimi anni. È ancora positivo, in quanto mediamente si definisce un numero di cause e procedimenti superiore a quelli sopravvenuti.
Il numero degli avvocati. In Italia ci sono 230mila avvocati iscritti all’Albo. Questo numero non ha pari al mondo, in rapporto al numero degli abitanti e al numero dei magistrati.


2. I CONTROLLI SUI MAGISTRATI
La verifica periodica sulla professionalità. I magistrati italiani sono sottoposti obbligatoriamente ogni quattro anni a una verifica sulla professionalità, con esame a campione anche dei provvedimenti emessi.
Gli esiti della verifica. Solo il superamento positivo della verifica consente la progressione in carriera. La valutazione negativa, invece, se ripetuta due volte, comporta per legge la destituzione del magistrato dall’ordine giudiziario. La valutazione non positiva comporta il blocco della progressione economica.
La verifica sull’operato dei dirigenti. I capi degli uffici hanno un incarico temporaneo; il loro operato è sottoposto a verifica dopo quattro anni per ottenere la eventuale conferma per un periodo di pari durata, scaduto il quale l’incarico non è più rinnovabile.


3. LE SANZIONI DISCIPLINARI
I dati statistici. Quasi il 10% dei magistrati in servizio ha subito un’azione disciplinare e circa il 3% ha avuto una condanna o ha abbandonato la magistratura mentre era sottoposto a procedimento disciplinare. Sono ben 146 i casi di abbandono dell’ordine giudiziario prima di subire il giudizio disciplinare.
Il confronto con l’Europa. Secondo il rapporto Cepej l’Italia è il paese con il più severo controllo disciplinare.
Il confronto con le altre categorie. Nessuna categoria professionale (avvocati, prefetti, notai, giornalisti) può reggere il confronto tra i dati del proprio sistema disciplinare e quelli della magistratura.


4. GLI STIPENDI DEI MAGISTRATI
Il paragone con l’Europa. Dal rapporto Cepej 2008 emerge che tra i Paesi europei esaminati gli stipendi dei magistrati italiani si posizionano nella fascia medio-bassa. Inoltre in molti altri Paesi vi sono benefit addizionali (pensioni speciali, abitazioni di servizio, assicurazioni sanitarie, spese di rappresentanza, incrementi legati ad obiettivi) inesistenti in Italia.
Il confronto con altre categorie equiparabili (diplomatici, alti dirigenti della Pubblica amministrazione, magistrati amministrativi) evidenzia come gli stipendi dei magistrati ordinari siano sensibilmente inferiori.
Il divieto di altri introiti. La legge vieta altri introiti, come quelli derivanti da arbitrati, commissioni di collaudo e altri incarichi remunerativi.
L’adeguamento automatico. Il sistema introdotto dalla legge 97/1979 (articolo 11) ha voluto evitare che la categoria debba ricorrere a una contrattazione periodica. Conseguentemente si è adottato un sistema automatico che consente ai magistrati di recuperare, con un ritardo di tre anni, gli incrementi stipendiali medi già ottenuti dal pubblico impiego, in base a rilevazioni Istat accertate con un decreto del Presidente del Consiglio.


 



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