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11 giugno 2010

L'Anm sulle vicende Salerno/Catanzaro

La vicenda che ha coinvolto gli uffici giudiziari di Salerno edi Catanzaro ha creato sconcerto e preoccupazionenell'opinione pubblica. Il tempestivo intervento prima del Capodello Stato e, subito dopo, della I Commissione del Consiglio conla immediata convocazione dei vertici degli uffici giudiziaricoinvolti, cui è seguita l'apertura di una pratica di trasferimentodi ufficio per entrambi, hanno rappresentato una prima doverosarisposta ad una situazione di eccezionale gravità, che non haprecedenti nella storia giudiziaria del paese.


La vicenda che ha coinvolto gli uffici giudiziari di Salerno e
di Catanzaro ha creato sconcerto e preoccupazione
nell'opinione pubblica.



Il tempestivo intervento prima del Capo dello Stato e, subito
dopo, della I Commissione del Consiglio con la immediata
convocazione dei vertici degli uffici giudiziari coinvolti, cui è
seguita l'apertura di una pratica di trasferimento di ufficio per
entrambi, hanno rappresentato una prima doverosa risposta ad una
situazione di eccezionale gravità, che non ha precedenti nella
storia giudiziaria del paese.



Spetterà ora al Csm ricostruire compiutamente i fatti e adottare
le conseguenti determinazioni, così come spetterà ai titolari
dell'azione disciplinare valutare la eventuale sussistenza di
condotte di singoli meritevoli di sanzione.



Riteniamo, però, che in una fase così delicata per la
magistratura italiana, si imponga da parte nostra un meditato
approfondimento ed un dovere di chiarezza di posizione. Al di là
delle eventuali responsabilità di singoli, infatti, non si può non
vedere come in questa vicenda sia stata gravemente messa in
discussione la credibilità dell'istituzione giudiziaria nel suo
complesso.



E non è un caso, infatti, che coloro che da tempo auspicano
interventi di riforma della Costituzione diretti a ridurre
l'autonomia e l'indipendenza del potere giudiziario cerchino di
approfittare del legittimo sconcerto dell'opinione pubblica per
rilanciare una proposta di accordo per riforme della giustizia
dirette ad aumentare il controllo della politica sulla
magistratura.

Ed è per questo che riteniamo di dover dire, senza reticenze o
tatticismi, all'opinione pubblica e ai colleghi quali siano le
nostre valutazioni su questa vicenda.



In questa occasione la gravità e l'eccezionalità della
situazione non consentono, infatti, di sottrarsi al giudizio e di
rifugiarsi in un doveroso riserbo in attesa che la giustizia faccia
il suo corso.



Si è verificato un cortocircuito istituzionale e giudiziario che
richiede risposte istituzionali da adottare con rapidità nelle sedi
competenti, ma che chiama in causa anche il ruolo di rappresentanza
culturale e politica della magistratura che  compete
all'Associazione nazionale magistrati.



L'intervenuta revoca dei due provvedimenti di sequestro offre
ulteriore conforto alla valutazione negativa per quanto accaduto,
perché il metodo seguito da ultimo ben poteva essere adottato
prima, evitando questa drammatizzazione ed i suoi deleteri
effetti.



Noi riteniamo che la credibilità della funzione giudiziaria e la
sua legittimazione democratica si fondino esclusivamente
sull'applicazione di regole secondo criteri di ragione. L'autonomia
e l'indipendenza di un corpo di magistrati professionali e di
carriera trova, infatti, la sua sola giustificazione nella
riferibilità delle decisioni giudiziarie ad una regola interpretata
ed applicata sulla base di criteri razionali. Criteri che possono
essere opinabili, ma devono sempre apparire comprensibili.



Ecco: quello che sconcerta in questa vicenda, che sconcerta noi
come magistrati e come cittadini e che crediamo sconcerti 
l'opinione pubblica è lo smarrimento completo e assoluto di ogni
regola e di ogni ragione, di talché l'esercizio del potere
giudiziario si presenta all'esterno  come arbitrario,
sganciato da regole, incomprensibile.



Non è nostra intenzione esprimere valutazioni sul merito del
provvedimento di perquisizione e sequestro emesso dalla Procura di
Salerno, sulle finalità o sulle modalità esecutive adottate.

Ciò che interessa in questa sede è il profilo della
professionalità dei magistrati che emerge dalla vicenda.



Riteniamo di dover ricordare che il dovere di motivazione dei
provvedimenti giudiziari consiste nella chiara e analitica
descrizione delle ragioni di fatto e di diritto sulle quali il
provvedimento si fonda. E che la riproduzione integrale di atti di
indagine, affastellati tra loro e non inquadrati  all'interno
di un percorso argomentativo logico-razionale, da un lato, non
aiuta a comprendere le ragioni di fatto e di diritto su cui il
provvedimento si fonda e, dall'altro, determina una impropria
diffusione del materiale investigativo. Tale materiale, peraltro,
proprio perchè non filtrato da un ragionamento di ricostruzione di
fatti, si presta ad uso distorto da parte dei mezzi di
informazione, i quali, per l'autorevolezza della fonte da cui
l'atto promana, amplificano la confusione tra fatti accertati e
mere ipotesi o allusioni. Né può sottacersi il fatto che tra il
materiale riprodotto nel provvedimento vengono riportati fatti
attinenti alla vita privata di persone estranee all'indagine e
privi di alcuna rilevanza investigativa, così come vengono
riportati sospetti, insinuazioni e accuse rivolte dal denunciante a
persone estranee all'indagine e nei confronti delle quali non è
stata elevato alcun addebito, e che pertanto non hanno alcuna
possibilità di difendersi.



Si tratta di conseguenze dannose, estranee alle finalità proprie
dell'atto e che sarebbe stato agevole evitare.



L'Amm reputa legittimo domandarsi quale sia la finalità di un
tale metodo di elaborazione dei provvedimenti giudiziari ed
interrogarsi se, al di là delle intenzioni, la stessa non appaia
estranea alle ragioni ed alle regole del processo penale.



In ogni caso, l'Anm ritiene di poter dire che non condivide
questo metodo, in quanto lo giudica in contrasto con il dovere del
magistrato di argomentare secondo criteri logico-razionali.



All'iniziativa giudiziaria della Procura di Salerno la Procura
Generale di Catanzaro ha reagito aprendo un procedimento penale a
carico degli inquirenti di Salerno per i reati di abuso di ufficio
e interruzione di pubblico servizio e ha disposto il sequestro
degli stessi procedimenti già acquisiti da Salerno. Al di là di
ogni giudizio sul merito e sulla fondatezza della iniziativa non
può sfuggire la grave e palese violazione dell'obbligo di
astensione che grava sul magistrato che sia sottoposto ad indagini
in procedimento collegato. I magistrati di Catanzaro,
infatti,  hanno aperto un procedimento a carico dei pubblici
ministeri di Salerno che procedevano nei loro confronti e ne hanno
assunto la titolarità.



Infine, il sequestro di atti del procedimento già sequestrati
dall'autorità giudiziaria "contrapposta", con il grottesco finale
dei due carabinieri a guardia del medesimo fascicolo ha portato al
culmine parossistico la vicenda.



Anche in questo caso, è evidente, si sono smarrite regole e
ragione. Un magistrato non deve mai   allontanarsi dalla
regola e dalla ragione: solo questi sono i fari e i punti di
riferimento della sua azione.



Tutta la vicenda, però, deve essere letta nel più ampio contesto
calabrese. Una terra difficile che è, per molti versi, simbolo dei
mali del nostro paese e che non deve essere abbandonata.



Dobbiamo riconoscere il fatto che per troppi anni si è accettato
che alcuni uffici giudiziari fossero gestiti da persone inadeguate,
che non hanno esercitato i propri compiti con trasparenza ed
impegno responsabile e a volte sono apparse legate a poteri locali;
il che ha contribuito a quella crisi della legalità che, purtroppo,
è il connotato più preoccupante di quella regione. 

Dobbiamo dire con forza che noi non ci riconosciamo in "quella"
magistratura.



Allo stesso tempo siamo consapevoli del fatto che l'ansia di
legalità e di giustizia che viene da quella terra può solo essere
alimentata dentro un circuito di legalità e rispetto delle regole.
Che ogni illusione di "rompere il cerchio" attraverso scorciatoie è
destinata ad infrangersi e finisce per favorire lo status quo. Noi
siamo dalla parte di quei tanti magistrati che lavorano con
rigore,  giorno dopo giorno, nel pieno rispetto delle
regole,  pur nella consapevolezza della difficoltà dello
sforzo, senza mai deflettere dalla cultura del limite della
funzione.



Possiamo cambiare solo se siamo capaci di rinnovarci al nostro
interno: è dovere e responsabilità dell'Anm e degli organi di
autogoverno assicurare ai cittadini una magistratura capace,
motivata e professionalmente adeguata.




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