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30 luglio 2010

Documento della Commissione Anm minori e famiglia sul Ddl sul Cd "Processo Breve"

La commissione, richiamando quanto già sottolineato dall'Anm sulle conseguenze negative, che tale disegno di legge, una volta approvato potrebbe produrre sui processi e sull'amministrazione della giustizia in generale, sente la necessità di evidenziare come tali effetti corrano il rischio di avere ricadute ancor più negative nel processo minorile.


La commissione, richiamando quanto
già sottolineato dall'Anm sulle conseguenze negative, che tale
disegno di legge, una volta approvato potrebbe produrre sui
processi e sull'amministrazione della giustizia in generale, sente
la necessità di evidenziare come tali effetti corrano il rischio di
avere ricadute ancor più negative nel processo minorile.

Infatti, contrariamente a quanto avviene per gli adulti, tutti i
procedimenti a carico di imputati minorenni "passano" per l'udienza
preliminare, prima di approdare al dibattimento. In sostanza non
esistono reati per i quali si applichi la citazione diretta a
giudizio prevista dagli artt. 550 e ss. c.p.p. Tale scelta del
legislatore è motivata dal fatto che l'udienza preliminare, nel
rito minorile, rappresenta il vero momento centrale, ove dovrebbero
trovare conclusione la stragrande maggioranza dei processi.

Ciò implica che il termine biennale, previsto dal DdL a pena di
estinzione del processo, appare particolarmente insufficiente
proprio per il processo minorile.

Potrebbe dunque determinarsi l'ulteriore conseguenza negativa di
scoraggiare il ricorso ai casi di definizione anticipata del
procedimento, tipici di tale rito. In altre parole l'imputato, o
meglio il suo difensore, potrebbe non prestare il consenso (reso
necessario dalla L. 63/01) alla definizione in sede di udienza
preliminare, contando sul fatto che nella successiva fase
dibattimentale, scada il termine biennale. In questo modo istituti,
dalla indubbia funzione rieducativa, quali, in primis, la messa
alla prova corrono il rischio di veder diminuita, drasticamente, la
loro concreta applicazione.

Quanto alla previsione di termini per la conclusione dei
procedimenti civili, va segnalato che nei procedimenti di
volontaria giurisdizione e di adottabilità, che sono informati alla
tutela dell'interesse del minore, spesso vi è la necessità di
valutare l'evoluzione delle situazioni concrete nel tempo,
attraverso l'emanazione di provvedimenti provvisori. Non appare
dunque compatibile con l'esigenza di tutela dei minori la rigida
predeterminazione di tempi di durata dei procedimenti. Si segnala
altresì, quanto ai procedimenti di adottabilità, che l'art. 11 l.
n. 184/83 prevede che il  tribunale per i minorenni debba
disporre la sospensione del procedimento, su istanza del genitore
naturale che chieda di procedere al riconoscimento del
minore.  Si sollecita dunque una previsione, ai fini della
determinazione del termine di durata del processo, anche 
delle cause di sospensione del processo in materia civile.

In conclusione, la commissione rileva che il meccanismo proposto
dal

disegno di legge sortisce l'effetto di mettere il processo in
balia delle

tecniche dilatorie più disparate, vanificando così completamente
il

compito e la funzione della giustizia che, in ambito minorile,
sono

anche educativi.




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