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9 marzo 2019

L’Anm sulla bozza di disegno di legge delega per la riforma del codice di procedura civile

Con riferimento alle preliminari interlocuzioni sulla bozza di legge delega in materia di riforma del rito civile, l’Associazione Nazionale Magistrati ribadisce che l’obiettivo di efficienza del processo civile deve puntare prioritariamente alla effettiva realizzazione degli interventi sulle risorse in termini di copertura degli organici di magistrati e personale amministrativo, di revisione delle piante organiche, di dotazioni materiali ed informatiche che consentano effettiva operatività all’ufficio per il processo.
Per questo, avverte che, sino alla loro concreta realizzazione, ogni riforma sul rito, che punti alla rapida definizione delle cause di nuova iscrizione, rischia di non cogliere nel segno, ponendo, anzi, la gran parte degli uffici nella incongrua alternativa di contravvenire ai precisi obblighi CEDU in merito alla definizione dell’arretrato.
Negli ultimi otto anni si è assistito ad una netta inversione di tendenza sull’arretrato della giustizia civile e sulla durata media dei processi, come attestano i dati statistici ministeriali, con una sensibile riduzione delle pendenze e la contrazione della durata media dei processi e dei tempi di emissione dei decreti ingiuntivi; ciò che comprova che l’attuale sistema processuale è comunque idoneo a garantire una risposta efficace alla domanda di giustizia.



In merito alla bozza di disegno di legge delega, consegnato all’ANM per un primo parere, si esprimono le seguenti sintetiche valutazioni secondo l’ordine dei punti di delega, con riserva di migliore approfondimento nelle competenti commissioni tecniche:
sui punti a)-1), 2) e 3 nulla da osservare, con l’unica precisazione, rispetto al punto a)-1), che la sanzione in favore dello Stato sia opportunamente ancorata alla condanna della parte soccombente per responsabilità processuale aggravata in favore della controparte e la quantificazione della stessa sia parametrata in relazione a quella stabilita ex art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. n.115/2002, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, l. n.228/2012;
sui punti b)-1) e 2), nessun rilievo da sollevare;
sui punti b-3) e 4) parere decisamente contrario a qualsiasi forma di decontestualizzazione processuale dell’attività istruttoria: l’attività di ammissione ed espletamento dei mezzi di prova è ineliminabile segmento dell’attività giurisdizionale avendo ad oggetto l’accertamento dei fatti che concorrono alla decisione e che, pertanto, devono poter essere governati dal giudice terzo ed imparziale sin dalla loro preliminare selezione in punto di ammissibilità e rilevanza. I rischi di un sistema che consenta l’espletamento di attività istruttoria stragiudiziale sono, da una parte, quello di depotenziare le forme di A.D.R., la cui possibilità di successo si fonda proprio sulla prospettiva di evitare l’alea del processo, e, dall’altra, quella di appesantire il processo con la necessità per il giudice di selezionare il materiale istruttorio già assunto secondo criteri di parte, ben diversi da quelli del giudice, che ha la responsabilità della decisione;
sui punti c-1) e 2) nessun rilievo allo stato salvo, in relazione al punto 2, la effettiva verifica dei casi di riduzione della collegialità;
sul punto c)-3) si esprimono perplessità in ordine alla previsione di un unico modello processuale per tutte le cause di competenza del Tribunale in composizione monocratica essendo ben note la varietà e la diversa complessità che possono caratterizzare i procedimenti civili giustificando riti diversi. In particolare, quanto al regime delle preclusioni assertive e probatorie, pur favorevoli ad un sistema che imponga l’autosufficienza degli atti introduttivi rispetto al thema decidendum ed al thema probandum si ritiene comunque necessario garantire:



  • tempi congrui non solo per la costituzione del convenuto (che subisce l’iniziativa della controparte) ma anche per consentire all’attore, in seguito alla costituzione del convenuto, la possibilità di precisare adeguatamente le proprie difese senza ingolfare le attività di prima udienza, esigenza vieppiù sentita in relazione alle cause più complesse (al riguardo, potrebbe consentirsi all’attore di depositare, in un termine anteriore alla prima udienza, una memoria integrativa a cui il convenuto potrebbe replicare in prima udienza);

  • la possibilità di integrare i mezzi istruttori in conseguenza delle difese della controparte;


sul punto c)-4) nessun particolare rilievo sulla modifica del modulo decisorio, pur evidenziando la necessità che si tenga conto di quanto già evidenziato al punto che precede in merito alla diversa complessità dei giudizi di competenza del Tribunale in composizione monocratica, cosicché si ritiene che debba consentirsi alla parte, che ne faccia richiesta, di poter ottenere il differimento della discussione orale ad altra udienza;


sui punti c)- 5) e 6) nulla da rilevare;
sul punto d) si esprimono in generale perplessità in relazione all’applicazione del rito semplificato o di aspetti di esso ai giudizi di competenza collegiale, la cui delicatezza e rilevanza (evidenziate dalla partecipazione della parte pubblica al processo) mal tollerano l’irrigidimento dei tempi processuali;
sul punto e) si esprime contrarietà alla presenza obbligatoria delle parti in udienza dinanzi al giudice di pace in ragione del rischio di appesantimento dell’attività di udienza;
sui punti f)-1), 2) e 4) si esprimono perplessità in relazione alle effettive esigenze di semplificazione tenuto conto delle peculiarità del rito già normalmente privo di fase istruttoria; si richiamano, al riguardo, le osservazioni rese dall’ANM nelle proposte già trasmesse in relazione alla materia dell’appello;
in particolare, si evidenzia la dubbia compatibilità con i parametri Costituzionali di cui agli artt. 24 e 111 della limitazione che si intende esplicitare con riferimento ai motivi di impugnazione dell’ordinanza di inammissibilità ex art. 348 bis c.p.c., tenuto conto che tale decisione attiene, comunque, al merito della causa;
sui punti f)-3) e 5) nessuna contrarietà pur ribadendo le osservazioni già svolte al punto c)-4) in relazione alla fase decisoria del giudizio semplificato di primo grado;
sui punti g) e h) nessuna contrarietà, allo stato, pur chiedendosi di voler esplicitare, quale principio generale, unitamente a quello di sinteticità, anche quello di chiarezza e di voler coordinare quanto previsto al punto g)-2)- in relazione alla strutturazione di campi necessari all’inserimento delle informazioni dei registri del processo – con quanto previsto al successivo punto g)-3 - in relazione al divieto di sanzioni per il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico in ipotesi di raggiungimento dello scopo – in modo che tali ultime violazioni, pur rilevanti in un sistema che tenda alla più ampia informatizzazione, non rimangano senza alcuna conseguenza in capo a chi le compia ( potrebbe ad esempio prevedersi che se ne possa tenere conto in sede di regolamento delle spese di lite);
sui punti i)-1), 2), 3), 4), 5) e 6) si esprime pieno favore con le seguenti precisazioni:



  • obbligo di trascrizione della domanda di divisione a pena di inammissibilità/improcedibilità (per evitare che, in corso di giudizio, si debba integrare il contraddittorio nei confronti di chi successivamente iscriva ipoteca);

  • pronuncia sulle spese in sede di ordinanza di cui sub 5) per evitare di doversi pronunciare con autonoma sentenza sulle stesse;


sui punti da i)-7) in poi si esprimono perplessità sia in ordine alla individuazione della figura del notaio come unica professionalità nella delega delle operazioni di vendita (tenuto conto della diversa esperienza attualmente esistente in relazione alla delega delle operazioni di vendita nelle esecuzioni immobiliari e nelle divisioni endoesecutive) sia in relazione alla fase della vendita che si ritiene debba mantenersi sotto il permanente controllo del giudice.



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