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19 aprile 2022

Avremmo voluto…

Il documento approvato dal Cdc dell'ANM sulle iniziative di protesta contro la riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm


Agenzia_Fotogramma_FGR3479682-edit.jpg    © Stefano Carofei / Fotogramma

È notizia di queste ore l’imminente approvazione da parte della Camera della legge delega di riforma dell’Ordinamento giudiziario, una riforma annunciata per combattere il correntismo diventata una legge per intimidire i magistrati.

Avremmo voluto una disciplina in grado di sopire il carrierismo all’interno degli uffici giudiziari e di assicurare una maggiore prevedibilità delle decisioni consiliari sulle nomine per i posti direttivi e semidirettivi, il che avrebbe avuto benefiche ricadute in termini di recupero del ruolo ideale e culturale dei gruppi associativi, ma la riforma non affronta tali nodi cruciali, esaspera la competizione fra i colleghi e lascia immutati gli ambiti di amplissima discrezionalità consiliare, che si prestano a quelle distorsioni per logiche di potere e di appartenenza correntizia del recente passato.

Avremmo desiderato una riforma ispirata al dettato costituzionale del giudice soggetto solo alla legge e invece, incuranti degli errori compiuti nel passato per gli uffici di procura, si replica adesso lo stesso impianto di gerarchizzazione negli uffici giudicanti, cui si imprime un forte input verticistico e manageriale: rapido smaltimento degli affari giudiziari, primato assoluto delle statistiche, ossequio alle direttive dei dirigenti, fascicolo per la valutazione snatureranno il senso alto della funzione trasformando i magistrati in burocrati, piegandoli a forme di conformismo giudiziario e di soggezione ai Capi degli Uffici, mortificando la vitalità dell’interpretazione normativa che deve sapersi adeguare all’evolversi della società e alle istanze di tutela dei cittadini e non allinearsi pedissequamente a quella dei giudici dei gradi superiori. Il fascicolo per la valutazione, in particolare, travasa le logiche aziendalistiche all’interno dei palazzi di giustizia, raccoglie a campione gli esiti dei successivi gradi di giudizio, affastella elementi inutili, o al più neutri, con l’intento di colorarli incongruamente come indice univoco di cadute di professionalità. Il vizio di fondo è pensare che la riforma di una sentenza o il rigetto di un’istanza cautelare del PM riveli l’errore commesso dal magistrato che è stato ‘sconfessato’. Una posizione culturale di retroguardia: così si dimentica che la verità processuale si costruisce in un percorso graduale alimentato nella dialettica e nell’acquisizione della prova in ossequio alle regole del giusto processo e non è elemento già precostituito.

Avremmo avuto bisogno di strumenti diversi per assicurare valutazioni di professionalità obiettive, snelle ed efficaci, allargando le fonti di conoscenza, pur sempre nel rispetto delle prerogative di indipendenza della giurisdizione, che potrebbero essere invece intaccate da una espressione di voto, manifestata da chi esercita la professione forense nel medesimo ufficio giudiziario del magistrato in valutazione. L’apporto prezioso dell’Avvocatura non si misura sul piano delle valutazioni di professionalità, ma nel confronto quotidiano nell’esercizio della giurisdizione.

Avremmo avuto bisogno di una riforma ispirata al principio costituzionale dell’unità della giurisdizione, che valorizzasse la distinzione dei magistrati solo per diversità di funzioni e invece, aggirando le previsioni della Costituzione, si rendono incomunicabili le funzioni giudicanti e requirenti, si sopprime la fisiologica osmosi di esperienze che sarebbe prezioso custodire e preservare, si allontana il pubblico ministero dalla cultura della giurisdizione, ravvisando nel cambio di funzioni una esperienza patologica -da isolare e presto rimuovere- nella carriera del magistrato.

Avremmo avuto bisogno di una riforma elettorale del CSM che riducesse il peso delle correnti, rafforzando la volontà dell’elettore e mettendolo in grado di scegliere l’eletto tra i colleghi più stimati professionalmente nel territorio, o nei distretti limitrofi, e invece si è deciso di sorteggiare i distretti per comporre i collegi elettorali: si voterà, d’ora innanzi, anche per candidati sconosciuti che operano magari a centinaia di chilometri di distanza rispetto al luogo in cui il magistrato-elettore esercita le sue funzioni, riproducendo i guasti del collegio unico nazionale.

Quella che si sta materializzando è una riforma che altera profondamente la fisionomia della giurisdizione; una riforma disinteressata a preservare la qualità dei provvedimenti che, nella sua logica efficientista, mortifica il valore della funzione giudiziaria, intesa come presidio di diritti e garanzia di tutela delle delicate vicende di vita delle persone.

Il danno sarà per i cittadini che meritano una riforma ‘per’ la giustizia e non ‘contro’ la magistratura, suggerita da spirito di rivalsa.

Non è accettabile il ritorno all’assetto precostituzionale, dove i magistrati diventano subordinati solo al capo dell’ufficio anziché distinguersi per funzioni, come stabilito dalla Costituzione.

La Magistratura non può rimanere indifferente a tutto questo e intende promuovere ogni iniziativa necessaria a sensibilizzare l’opinione pubblica sui pericoli della riforma, che si pone in frizione con gli articoli 101 e 107 della Costituzione.

Il disagio della Magistratura è tutt’altro che una difesa corporativa: i magistrati sono consapevoli del loro ruolo e dei loro doveri e continueranno ad impegnarsi per garantire in modo efficace il controllo di legalità e la tutela dei diritti.

Il Cdc demanda all'Assemblea Generale di deliberare su ogni efficace forma di protesta, ivi compresa la proclamazione di una giornata di astensione dall’attività giudiziaria.

Indice, fin d’ora, la “Notte Bianca sulla riforma dell'ordinamento giudiziario”, invitando tutte le Ges ad organizzare, anche in più giorni, negli uffici giudiziari capoluogo di distretto, eventi serali di informazione e dibattito con avvocati, giornalisti, esponenti dell'accademia e della società civile.

Invita, altresì, le Ges a predisporre per gli uffici giudiziari comunicati da diffondere agli organi di stampa, documenti da leggere in apertura delle udienze, e manifesti da affiggere sulle porte delle aule e degli altri locali aperti al pubblico.

Demanda alla Gec di invitare alla prossima Assemblea Generale i responsabili giustizia dei vari partiti politici.

Demanda alla Gec di individuare i quotidiani di rilevanza nazionale per la pubblicazione di un estratto del presente documento.


Roma, 19 aprile 2022






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