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12 luglio 2025

Mozione sull’adeguamento delle piante organiche e rideterminazione del rapporto fra gip e pm, alla luce sia del progressivo ampliamento delle competenze del gip distrettuale sia della competenza collegiale del gip sulle richieste di misura cautelare di massimo rigore


  1. Le ricadute della legge 114/2024 sulla competenza del GIP collegiale in tema di misure cautelare in carcere.


In premessa, va sottolineato che – come già segnalato da questa Associazione Nazionale Magistrati con documento dell’8 luglio 2023 – la legge 9agosto 2024, n. 114, recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all'ordinamento giudiziario e al codice dell'ordinamento militare” (in G.U. il 10/8/2024 e in vigore dal 25 agosto 2024), oltre che prevedere l’abrogazione dell’ipotesi di abuso di ufficio, attribuisce, all’inedita figura del GIP in composizione collegiale, la competenza a provvedere in ordine alle richieste di misura cautelare in carcere. In parte qua, l’efficacia della riforma è stata differita di due anni, cioè al 25 agosto 2026. La riforma, dunque, genera l’aumento del numero dei magistrati da destinare, in pianta organica, all’ufficio g.i.p./g.u.p.; e ciò non solo perché il numero dei giudici chiamati a pronunciarsi sull’applicazione della custodia in carcere passa da uno a tre, ma anche perché ciò comporterà, quale effetto inevitabile, l’incremento della platea dei giudici incompatibili per le successive fasi (udienza preliminare, riti alternativi come il giudizio abbreviato, dibattimento, impugnazioni come nel caso dei GIP presso i Tribunali distrettuali). Problema che, se potrà essere adeguatamente fronteggiato con idonee misure organizzative per gli uffici giudiziari di grandi dimensioni[1]; potrebbe rivelarsi, a dir poco, disastroso per le sedi piccole e medio piccole, nelle quali, evidentemente le sole misure organizzative non saranno sufficienti ad evitare il verificarsi dei rischi testé paventati, tenendo conto, peraltro, che l’eventuale proposizione del riesame avverso la misura custodiale da parte della difesa (statisticamente molto ricorrente), comporta la definitiva “eliminazione”, dalla “cerchia” dei magistrati che possono essere chiamati a svolgere funzioni di G.u.p. o di giudici nella fase del giudizio, di almeno sei giudici (tre che, in base alla riforma, si pronunceranno sull’applicazione originaria, tre che compongono il tribunale del Riesame (la cui sede ex art. 309, comma 7, cpp, potrebbe coincidere con quella del Giudice che ha emesso l’ordinanza impugnata).


Vero è che, su questo versante, il riformatore sembra aver prestato la propria attenzione, tanto da introdurre la disposizione finale, che differisce di due anni la entrata in vigore della riforma. Si tratta di un differimento strategico, volto alla copertura delle piante organiche, attraverso l’assunzione in ruolo di 250 magistrati per opera di un reclutamento straordinario (così vien detto nella relazione di accompagnamento al ddl Nordio).


Occorre, tuttavia, interrogarsi sull’adeguatezza di questo unico rimedio a scongiurare il paventato rischio di rallentare, se non addirittura, paralizzare la giustizia nei piccoli tribunali.


A ciò si aggiunga che il progetto organizzativo di riaprire ben cinque tribunali già soppressi, con ulteriore dispersione  delle già scarse risorse; poiché i giudici di questi tribunale andrebbero sottratti ad altri tribunali, che vedrebbero così ridotti gli organici con le conseguenti difficoltà di operare.


In conclusione, quasi tutti i tribunali non sarebbero in grado di affrontare la modifica prospettata, alle condizioni date; sicchè si propone quantomeno l’ulteriore differimento dell’entrata in vigore della riforma sulla competenza del Gip collegiale,


fino a quando:


1) Non siano state calcolate le effettive necessità di organico che conseguono alla riforma;


2)  Non sia stato deliberato e attuato l’aumento e l’effettiva copertura di organico.


Tali sono gli strumenti idonei a far fronte alle indicate necessità ed al raggiungimento degli ambiziosi obiettivi fissati dal Pnrr.


 2. Il progressivo ampliamento delle competenze del gip distrettuale. L’esigenza di rimeditare il rapporto GIP/Pubblici Ministeri


Va necessariamente premesso che, per effetto di interventi normativi succedutisi dal 1993 ad oggi, è strato notevolmente ampliato il novero dei reati di competenza dell’Ufficio del Pubblico Ministero distrettuale (cfr. artt. 51, comma 3-bis e 3-quinquies, cpp), con l’inevitabile aumento dei carichi di lavoro del GIP “distrettuale”, chiamato a pronunciarsi non solo sulle richieste di misure cautelari, ma anche a decidere nei casi di richiesta di patteggiamento o abbreviato; di tal che anche per effetto della riforma c.d. Cartabia, si sta facendo registrare l’aumento del tasso di definizione dei procedimenti dinnanzi al Gip/Gup distrettuale.


Occorrerebbe pertanto por mano alla modifica    -di competenza del CSM-    del rapporto fra numero dei magistrati che compongono l’Ufficio GIP/GUP ed il numero dei pubblici ministeri; e ciò soprattutto presso i 26 tribunali distrettuali, dove hanno sede gli uffici del GIP distrettuale competente a provvedere sulle richieste di misura cautelare della Direzione distrettuale antimafia (sovente, il medesimo Ufficio GIP-GUP definisce maxi procedimenti in abbreviato o con il patteggiamento, con l’intuibile aggravio del carico di lavoro). Attualmente alle sezioni g.i.p./g.u.p. dei tribunali, per assicurarne la piena funzionalità, deve comunque essere assegnato un numero di magistrati adeguato alle esigenze e non inferiore ad un terzo rispetto al numero di magistrati previsti in organico presso la relativa Procura della Repubblica e ad un decimo rispetto all’organico dell'intero tribunale. Tale percentuale dovrà essere maggiorata in misura non inferiore ai 2/5 rispetto all’organico della Procura per gli uffici del tribunale capoluogo del distretto presso il quale opera la direzione distrettuale antimafia, e ciò al fine di assicurare la massima celerità nella trattazione dei procedimenti ex art 51, comma 3-bis cpp.


Tali modifiche, ovviamente, potranno essere apportate solo laddove venga realizzato e attuato l’aumento e la copertura dell’organico come sopra determinata.


Da mandato alla GEC di valutare le migliori forme di interlocuzione con il Ministero della Giustizia e il CSM al fine di rappresentare le criticità emerse e le proposte di modifica, rispettivamente, sul piano normativo e su quello delle circolari in materia di organizzazione giudiziaria.


Approvato all’unanimità dal Comitato direttivo centrale


[1]  Per “uffici di grandi dimensioni” s’intendono i Tribunali con un numero di sezioni superiore a cinque unità, quali Bari, Bologna, Brescia, Cagliari, Catania, Firenze, Foggia, Genova, Lecce, Messina, Milano, Napoli, Napoli nord, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Salerno, Santa Maria Capua Vetere, Taranto, Torino, Venezia e le Corti di appello di Bari, Bologna, Brescia, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Lecce, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Salerno, Torino e Venezia.



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