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27 ottobre 2012

Testo commento Comm. penale al maxiemendamento approvato dal Senato

Osservazioni della Commissione permanente Anm su Diritto e processo penale sul Disegno di legge relativo a disposizioni per la prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, qualerisultante dal testo del cd maxi emendamento approvato dalSenato.


1. L'intervento normativo presenta
molteplici aspetti di significativa utilità.



Tra questi vanno indicati in
particolare:





  • l'esistenza stessa di una legge
    articolata che disciplini per la prima volta organicamente il
    fenomeno corruttivo nella pubblica amministrazione;




  • innanzitutto, a titolo
    esemplificativo, la previsione di una disciplina preventiva per
    l'anticorruzione [con la rotazione dei dirigenti nei settori
    particolarmente esposti alla corruzione, la predisposizione del
    piano di prevenzione della corruzione, l'individuazione del
    responsabile della prevenzione della corruzione cui sono assegnati
    compiti dal contenuto specificamente determinato e attribuite
    responsabilità puntuali nel caso di commissione di reati di
    corruzione all'interno della singola amministrazione (commi 5 e 9;
    7, 8, 10, 12-14 maxi emendamento)], la previsione di un dettagliato
    codice di comportamento (comma 44, con previsione specifica per le
    magistrature) e la tutela del dipendente pubblico che segnala
    illeciti (comma 51);

    va osservato in proposito che si tratta di norme dal contenuto
    articolato e specifico, la cui osservanza o disapplicazione è tra
    l'altro in grado di fornire utili elementi di valutazione per
    l'apprezzamento delle singole responsabilità in eventuali
    procedimenti penali, in particolare quanto al profilo dell'elemento
    soggettivo.




  • quanto alla disciplina di
    immediata rilevanza penale:

    - la previsione della confiscabilità anche del profitto nel caso di
    condanna o applicazione pena per i delitti previsti dagli artt. 314
    - 320 (modifica del primo comma dell'art. 322 ter c.p.) 

    -  la sostituzione dell'esercizio della funzione all' "atto
    d'ufficio" per il delitto di corruzione (318, modifica che
    recepisce l'orientamento della corte di cassazione, tuttavia dando
    fonte normativa inequivoca ad una conclusione di sola fonte
    giurisprudenziale a fronte di testo tendenzialmente non
    immediatamente omogeneo)

    - la parziale razionalizzazione, in relazione alla gravità e
    attualità del fenomeno, delle pene per i delitti di concussione
    'per costrizione' (317), corruzione (318), corruzione per atto
    contrario ai doveri d'ufficio (319; qui mantiene tuttavia ogni
    rilevanza l'aspetto dell'interpretazione giurisprudenziale in
    relazione al binomio 'atto'/funzione'), corruzione in atti
    giudiziari (319 ter).




2.  
Sussistono però rilevanti elementi di negativa criticità:



- la scissione delle condotte di
concussione (che rimangono quelle precedenti) in due reati: 317
('concussione') e 319 quater ('induzione indebita a dare o
promettere utilità'), per il secondo (che anche statisticamente
riguarda la condotta nell'esperienza giudiziaria  più diffusa
e, comunque, spesso di difficile distinzione rispetto alla
'costrizione' vera e propria) prevedendo una riduzione di pena,
allo stato idonea a incidere pesantemente sui termini di
prescrizione, anche dei processi pendenti.



In particolare, quanto al rapporto
tra il  nuovo 319 quater ed i procedimenti in corso manca
alcuna disciplina provvisoria della prescrizione, che ben avrebbe
potuto esser modellata sul terzo comma dell'art. 10 della legge
251/2005 quale risultante dopo l'intervento della Corte
costituzionale (che ha attestato la compatibilità costituzionale
del mantenimento di precedenti discipline prescrizionali più
sfavorevoli) e nell'interpretazione delle Sezioni unite della Corte
di cassazione, in particolare rendendo ancora applicabile la
precedente prescrizione per tutti i processi già pervenuti alla
sentenza di primo grado. Senza una tale previsione, la riduzione di
pena per la solo formalmente nuova autonoma previsione si risolve
in un'amnistia parziale adottata al di fuori delle forme prescritte
per i corrispondenti, ed identici, reati giunti anche in appello o
addirittura in cassazione, con una pesante incidenza statistica
sulle pendenze, fisiologicamente trattate in relazione agli attuali
maggiori termini di prescrizione.



- l'esclusione dell'incaricato di
pubblico servizio dai soggetti 'propri' della concussione con
costrizione (317 c.p.), che (ferma la possibilità di configurare il
delitto di estorsione) davvero appare in sé irrazionale e poco
comprensibile sul piano sistematico, posto che l'incaricato di
pubblico servizio rimane invece soggetto 'proprio' della
concussione per induzione (319 quater), nonché dei reati di
corruzione per l'esercizio della funzione (318, 320) e di
corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (319, 320),
addirittura per questi ultimi due reati escludendosi la riserva
alla qualità di pubblico impiegato (così come per l'istigazione
alla corruzione, 322; si veda anche il nuovo 346 bis, che pure
prevede il riferimento all'incaricato di pubblico servizio). La
questione rileva in particolare in tutti quei casi in cui a società
pubbliche o partecipate va attribuita la qualità di incaricati di
pubblico servizio.



- la previsione dell'incriminazione
necessaria del privato 'indotto' (art. 319 quater), può certo
rispondere ad esigenze preventive, ma è discutibile l'assenza di
alcuna clausola di esclusione o forte riduzione della pena che
salvaguardi la necessità di assicurare denunce e fonti di prova,
anzi declassando in modo generalizzato l'indotto che si adegui alla
sollecitazione indebita da teste a imputato di reato
connesso.

In particolare, il reato sembra essere costruito sulla struttura
sistematica dell'istigazione alla corruzione (322), dal quale in
definitiva si distinguerebbe in ragione del soggetto che prende
l'iniziativa. Ma tale sostanziale parificazione, salve le diversità
di pena, pare negare le peculiarità della situazione del cittadino
vessato da appartenenti alla pubblica amministrazione, cui in
definitiva con questa disciplina non rimarrebbe che l'alternativa
tra subire le conseguenze di fatto negative derivantigli dal non
raccogliere il ricatto indotto ovvero la denuncia, quasi a
prospettare un inusuale obbligo di denuncia da parte del cittadino
cui sia rivolta l'impropria sollecitazione. Proprio la previsione
di clausole di esclusione o forte riduzione della pena
consentirebbe al giudice di adeguare in termini di giustizia la
decisione alle peculiarità del caso concreto.



- La previsione del reato di
traffico di influenze illecite (346 bis) costituisce esempio tipico
di un'incriminazione teorica, e con consistenti problemi di
rispetto del principio di tassatività, destinata a rimanere priva
di alcuna effettiva conseguenza, in relazione all'entità contenuta
della pena, che da un lato impedisce il ricorso a mezzi di indagini
spesso indispensabili in relazione alle peculiarità in fatto della
casistica, quali le intercettazioni telefoniche, e dall'altro rende
del tutto occasionale il pervenire a sentenza definitiva prima del
termine di ultima prescrizione.

Quanto meno le ipotesi aggravate avrebbero potuto esser costruite
come circostanze aggravanti ad effetto speciale.



-  Per la medesima ragione
(esiguità della pena in relazione alla complessità dei fatti da
accertare e dei conseguenti tempi di giudizio e quindi ai tempi di
prescrizione) e, in più, per la previsione della perseguibilità a
querela (l'eccezione relativa alla 'distorsione della concorrenza'
apparendo ipotesi del tutto residuale e di difficile
concretizzazione, specialmente se intesa in termini di incidenza su
un ampio mercato), è altresì agevolmente prevedibile che rimanga
mera affermazione di principio l'illiceità penale della 'corruzione
tra privati' (nuovo 2635 codice civile). E' poi idonea a costituire
ragione di confusione nell'applicazione della norma la mancata
indicazione della rilevanza del livello e delle conseguenze della
possibile, e diffusa, partecipazione pubblica nella società.



3. Un efficace intervento sulla
materia, infine, non può prescindere da:



- rivisitazione del falso in
bilancio, fatto/reato che ove non efficacemente perseguito e
sanzionato consente la fisiologica disponibilità delle risorse
necessarie ed utili per inquinare i rapporti con la pubblica
amministrazione (proprio l'esperienza processuale ha dimostrato che
sistematicamente il falso in bilancio è condotta prodromica a vari
reati, tra cui quelli corruttivi); in particolare vanno modificati
i punti della procedibilità (la connessione con i fatti di
corruzione rendendo evidente che tale reato non riguarda solo
interessi privatistici), del trattamento sanzionatorio e dei tempi
di prescrizione (infatti, trattandosi di reati che per lo più
impongono una complessa attività istruttoria e vengono accertati a
distanza apprezzabile dalla loro commissione, senza un intervento
razionale su questi aspetti la teorica rilevanza penale è del tutto
inefficace);

- introduzione del reato di auto-riciclaggio (che costituisce uno
dei principali canali di occultamento dei proventi delittuosi da
crimine organizzato, reati economici e reati di corruzione, in
particolare rilevando le condotte del pubblico ufficiale corrotto
che direttamente provvede al 'lavaggio' del provento
illecito);

- estensione della previsione dello scambio elettorale
politico-mafioso (416 ter) anche a specifiche utilità diverse
dall'erogazione di denaro.



4. E' assolutamente indispensabile
affrontare globalmente il tema della prescrizione dei reati.



Proprio alcune delle considerazioni
che precedono impongono di porre con decisione il tema della
necessità di rivisitare globalmente la disciplina della
prescrizione dei reati.

L'attuale sistema, infatti, ancorandola all'entità della pena e
prevedendo il suo imperterrito decorrere fino al passaggio in
giudicato della decisione di eventuale condanna, manifesta ormai
tutti i propri limiti sistematici e in realtà anche
tecnico/culturali, per almeno queste ragioni:



- inquina ed esaspera il punto
dell'entità della pena per la singola tipologia di reato, giacché
induce  ad operare su di esso per fronteggiare le
problematiche dei tempi di acquisizione della notizia, della
tipologia di mezzi di ricerca della prova utilizzabili, della
complessità delle indagini e della trattazione dibattimentale, dei
tempi di trattazione delle fasi processuali anche nei gradi di
impugnazione, così snaturando quel tipico apprezzamento di 'merito
legislativo' che attiene alla valutazione dell'oggettivo
disvalore;



- è del tutto incoerente con la
propria natura, che è ('solo') quella di prevedere un tempo certo
entro il quale la pretesa punitiva dello Stato si manifesta
inequivocamente, tant'è che significativamente i Paesi europei
hanno discipline del tutto diverse, prevedendo momenti del
procedimento (da ritenersi univocamente sintomatici della palese
manifestazione di quella volontà) oltre i quali la prescrizione non
opera più o ridecorre;



- sovrappone due tematiche del tutto
differenti : la prescrizione dell'azione penale (intesa appunto
come inequivoca manifestazione della volontà punitiva dello Stato
per un determinato fatto/reato) e i tempi 'ragionevoli' entro i
quali deve giungere la decisione definitiva. E che l'
'irragionevolezza' dei tempi di decisioni porti alla 'cancellazione
della volontà punitiva' dello Stato, già manifestata con inequivoca
certezza, costituisce aspetto del tutto asistematico (e, appunto,
unico nel panorama europeo e fonte delle relative censure). La
problematica della complessiva durata del processo trova e deve
trovare rimedi diversi, prima tra tutti la responsabilità anche
patrimoniale dello Stato (cui compete apprestare la disciplina
normativa e le risorse di uomini e mezzi per la celebrazione
efficace e tempestiva dei processi), nei limiti affermati dai
principi europei e dalla legislazione nazionale;



- induce alla presentazione
sistematica di impugnazioni che hanno il solo scopo di sfruttare
l'inadeguatezza strutturale e normativa attuale (è noto ad esempio
che le corti d'appello costituiscono in genere il più rilevante
punto critico del sistema, non riuscendo a trattare molti dei
processi pendenti prima della prescrizione dei relativi reati,
sicché tale oggettiva situazione di disfunzione si aggrava in modo
esponenziale ulteriormente incentivando l'interesse ad impugnazioni
solo strumentali, in una spirale perversa rispetto alla quale allo
stato manca alcuna ragione di speranza di inversione).




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