Buon giorno a tutti.
Ringrazio e saluto il Presidente Santacroce e tutte le Autorità
presenti. E' per me motivo di onore e di orgoglio essere qui
oggi a testimoniare la presenza dell'Anm Roma in costante difesa
dei valori della Costituzione che presiedono all'esercizio della
giurisdizione: autonomia, indipendenza,
imparzialità dei magistrati, uguaglianza dei cittadini
dinanzi alla legge.
Permettetemi per prima cosa di
esprimere la mia personale vicinanza ai familiari dei colleghi che
quest'anno ci hanno lasciato e che tutti indistintamente, e
ciò non suoni vuota retorica, con le loro capacità
professionali, con la passione e la dedizione che hanno
profuso nel lavoro, al riparo da improprie esposizioni
mediatiche, hanno rappresentato per i colleghi e le
colleghe del Distretto esempi concreti di un modello di magistrato
che si legittima ogni giorno con il silenzioso lavoro nel suo
ufficio. Mi riferisco ai colleghi Pietro Saviotti,
Silverio Piro, Loris D'Ambrosio, Rino Nebbioso e da
ultimo Alberto Caperna, tutti appartenenti, o
appartenuti per molti anni, all'Ufficio della Procura della
Repubblica di Roma.
Ma veniamo al presente. Come
Anm Roma auspichiamo che si sia aperto un nuovo capitolo nei
rapporti tra magistratura e politica caratterizzato da un diverso
tono del dibattito, non più improntato allo scontro e alla
contrapposizione, ma al dialogo e al confronto.
E tuttavia dobbiamo costatare la perdurante carenza di risorse
umane e di mezzi materiali e finanziari,
l'insufficienza della informatizzazione degli Uffici, che
sono concause dell'intollerabile lentezza del processo su cui
- con dati di fatto inoppugnabili - si sono soffermati il
Presidente Santacroce e il Presidente Bresciano.
A nostro avviso occorre distinguere due diversi piani: quello
della legislazione e quello della efficienza/organizzazione.
Sotto il primo profilo sono stati fatti dei progressi importanti
specie nel settore civile: il c.d. "filtro" in appello,
il Tribunale delle Imprese, i programmi di smaltimento
dell'arretrato, il processo telematico.
Passi in avanti sono stati fatti
con la revisione della geografia giudiziaria.
Nel penale, sul piano legislativo, la legge sulla
corruzione ha segnato una inversione di rotta rispetto al
passato, ma non può essere ancora considerata sufficiente a
consentire un efficace vaglio di legalità sulla Pubblica
Amministrazione di fronte al dilagare di fenomeni
corruttivi ad ogni livello. E nel penale molti altri
interventi restano da fare: primo su tutti l'introduzione di
norme che incidano sulla prescrizione che attualmente
tende a favorire tecniche dilatorie e impugnazioni
palesemente infondate e quindi a favorire l'allungamento del
processo.
Sotto il profilo organizzativo una Magistratura più moderna e
credibile esige che la scelta della dirigenza sia affidata a
criteri di valutazione della professionalità e delle capacità
organizzative trasparenti ed oggettivi, comprensibili e
verificabili da tutti.
Ma la seria attuazione di qualunque programma di ammodernamento del
sistema passa attraverso la individuazione di standard medi di
rendimento.
Senza la individuazione di standard
medi di rendimento, da un lato si espongono i colleghi
a procedimenti disciplinari ingiusti, dall'altro si
rischia di incentivare un tipo di magistrato-impiegato di un
"sentenzificio", con la mente tutta rivolta alla resa
produttiva e quantitativa, senza impegno sulla qualità
del "prodotto", un tipo di magistrato che alla
fine tradisce la sua formazione culturale e
professionale, il suo ruolo di interprete e l'essenza stessa
della giurisdizione.
Questo è proprio ciò che l'Anm non
vuole: contro questa deriva sono certa che ci sarà l'impegno
di tutta la Magistratura unita e, mi auguro, del nuovo
Parlamento e della opinione pubblica.