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13 gennaio 2018

Rientro in ruolo dei componenti togati del CSM

Senza nessuna preventiva interlocuzione con l’ANM e con il CSM, che pure, ai sensi dell’art. 10 legge n. 195 del 1958, svolge una funzione consultiva per le leggi in materia di ordinamento giudiziario ed amministrazione della giustizia, sono state abrogate tout court le previsioni contenute nel terzo e quarto periodo dell’art. 30 D.P.R. n. 916 del 1958, che stabilivano l’obbligatorio rientro in ruolo dei magistrati alla cessazione della carica di componenti del CSM nella sede di provenienza e nelle funzioni in precedenza esercitate, ponendo altresì il divieto, per i suddetti magistrati, di accedere ad incarichi direttivi o semidirettivi o di essere nuovamente collocati fuori ruolo prima del decorso di un anno dalla fine del mandato.


L’ANM esprime forte dissenso rispetto alla scelta operata dal Legislatore, ritenendola errata nel metodo e nel merito e opaca nella genesi.


In primo luogo, da un punto di vista metodologico, evidenzia come si sia intervenuti nella delicatissima materia dell’ordinamento giudiziario, che attiene all’organizzazione di uno dei poteri dello Stato, con una norma inserita nella legge di stabilità, deputata ad occuparsi di tematiche ben diverse da quelle ordinamentali o, comunque, attinenti all’amministrazione della Giustizia. Si è trattato, peraltro, di un intervento ad hoc e non urgente che rischia di danneggiare l’immagine del CSM e della sua componente togata.


Nel merito, rappresenta come la ratio sottesa alla norma abrogata sia quella di evitare possibili trattamenti di favore per chi aveva rivestito lo status di componente togato dell’Organo di Autogoverno e l’eventuale strumentalizzazione, o anche il sospetto di strumentalizzazione, dell’incarico in funzione di interessi particolari, specie nell’ultimo anno di consiliatura.


La disciplina del ricollocamento in ruolo del componente del CSM alla fine del mandato meritava, peraltro, di essere affrontata nell’ambito della più ampia tematica, su cui è da tempo aperto il dibattito in seno all’ANM ed ai gruppi che la compongono, attinente all’esercizio delle funzioni fuori ruolo, prevedendosi una disciplina uniforme per tutti quei magistrati che, dopo avere, a vario titolo, esercitato funzioni diverse da quelle giudiziarie, presentano una domanda per accedere ad un incarico direttivo o semidirettivo ovvero presso la Corte di Cassazione o la DNA.


Come già deliberato dal CDC dell’ANM in data 7 luglio 2017, per tutte queste fattispecie deve essere introdotto, quale requisito di legittimazione, l’esercizio effettivo delle funzioni giudiziarie, per almeno dodici mesi, prima di poter proporre domanda.


L’ANM, ribadendo che ogni interlocuzione con il Parlamento ed il Governo deve avvenire necessariamente attraverso gli organi rappresentativi della Magistratura, chiede al Legislatore di ripristinare il regime normativo abrogato e di intervenire organicamente e uniformemente sulla materia del passaggio dal ed al fuori ruolo.


L’ANM invita, altresì, i consiglieri uscenti e i candidati alle prossime elezioni del CSM a non avvalersi delle prerogative di cui alla modifica normativa.


Roma, 13 gennaio 2018


Il Comitato Direttivo Centrale



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