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26 ottobre 2022

L'ANM sul phase 4 report dell'OCSE in tema di lotta alla corruzione

Il 18 ottobre scorso è stato pubblicato il Phase 4 Report dell’Ocse sull’applicazione da parte dell’Italia della Convenzione sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri.

Si tratta di un documento assai significativo perché di importanza strategica è l’impegno di tutte le Istituzioni dello Stato nel contrasto al fenomeno della corruzione, anche in riferimento a quei fatti posti in essere da pubblici ufficiali di altri Stati.
La Magistratura italiana, su questo versante di azione, svolge il proprio compito con massima dedizione e cura per l’accertamento di fatti criminosi la cui prova è spesso non agevole.

Nel rapporto si dà atto di come, nonostante le difficoltà probatorie connaturate alla peculiarità del fenomeno criminoso, si riscontri un significativo livello di applicazione delle norme di repressione dei fatti illeciti, in progressiva crescita rispetto agli anni trascorsi.
Si ritiene al contempo di segnalare, mediante un’analisi che non può, evidentemente, giovarsi della conoscenza di ponderosi, e spesso assai complessi, fascicoli processuali, il numero, ritenuto eccessivo, di giudizi conclusi da pronunce assolutorie, e di imputare tale risultato anche ad una asserita incapacità di Tribunali e Corti di compiere una lettura complessiva e non frammentaria delle prove indiziarie.

Su tale valutazione si innesta, poi, la raccomandazione, sempre contenuta nel Report, a "che l'Italia fornisca formazione e sensibilizzazione alle autorità giudiziarie sul trattamento delle prove circostanziali nei casi di corruzione all'estero".
Il giudizio appena richiamato – seppur formulato in un quadro di utili rilevazioni che confermano, ove mai ce ne fosse bisogno, quanto sia importante l’attività di monitoraggio svolta dai Gruppi di lavoro dell’Ocse – è ingeneroso.

Appare come il frutto di una considerazione non approfondita della realtà giudiziaria italiana, che si qualifica nel contesto europeo per la spiccata professionalità di una magistratura formatasi a livelli molto alti nella acquisizione e nella valutazione della prova indiziaria, anche in forza del contrasto ai fenomeni di criminalità organizzata.

Gli approdi giurisprudenziali in tema di prova indiziaria sono il precipitato di decenni di esperienza applicativa, ispirata da principi di garanzia che appartengono alla nozione di giusto processo di derivazione sia costituzionale che convenzionale.
La capacità professionale dei magistrati, è appena il caso di ricordarlo, non si misura sui risultati di condanna ma sulla corretta e rigorosa applicazione delle regole dell’accertamento penale.


 



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