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22 dicembre 2012

Anm su incarichi fuori-ruolo dei magistrati

Sia a livello associativo che alivello di autogoverno è stata da tempo avviata una riflessionecritica ispirata dall'esigenza di una equilibrata e seriaregolamentazione della materia, che abbia riguardo alla effettivanatura dell'incarico ed all'utilità che essa comporta, sia inchiave di apporto alle Amministrazioni di destinazione chenell'ottica di arricchimento culturale del magistrato edindirettamente della magistratura nel suo complesso. Imagistrati fuori ruolo costituiscono infatti una risorsaindispensabile e strategica sia per il miglioramentodell'efficienza di importanti settori della PubblicaAmministrazione sia per l'accrescimento del prestigio che lamagistratura nel suo complesso riceve per la qualità dell'opera chela professionalità dei magistrati sa rendere anche al di fuoridell'esercizio delle funzioni giurisdizionali.


Sia a livello associativo che a
livello di autogoverno è stata da tempo avviata una riflessione
critica ispirata dall'esigenza di una equilibrata e seria
regolamentazione della materia, che abbia riguardo alla effettiva
natura dell'incarico ed all'utilità che essa comporta, sia in
chiave di apporto alle Amministrazioni di destinazione che
nell'ottica di arricchimento culturale del magistrato ed
indirettamente della magistratura nel suo complesso.



I magistrati fuori ruolo
costituiscono infatti una risorsa indispensabile e strategica sia
per il miglioramento dell'efficienza di importanti settori della
Pubblica Amministrazione sia per l'accrescimento del prestigio che
la magistratura nel suo complesso riceve per la qualità dell'opera
che la professionalità dei magistrati sa rendere anche al di fuori
dell'esercizio delle funzioni giurisdizionali.



E' indiscutibile il contributo
tecnico ed organizzativo che molti magistrati apportano alle
attività di enti interni e sovranazionali, contributo la cui
valenza non può essere svilita da campagne demagogiche. In molte
posizioni sostituire i magistrati con dirigenti amministrativi o
funzionari sarebbe impossibile o provocherebbe significativi danni,
sia per la qualità professionale dei magistrati che per lo
specifico e non surrogabile  apporto culturale relativo alla
pregressa esperienza giudiziaria. Occorre dunque  evitare il
rischio di una autolesionistica demonizzazione dei magistrati che
vanno a ricoprire tali incarichi.



Tuttavia occorre oggi più che mai
operare per introdurre o rendere più efficaci, nella normativa
primaria e secondaria, alcuni principi di fondo volti a
contemperare le esigenze delle amministrazioni "di destinazione"
con quelle dell'amministrazione giudiziaria. Al riguardo, va
evidenziato che le norme introdotte dalla legge 6 novembre 2012, n.
190  (c.d. legge anti-corruzione) lasciano insoddisfatte
alcune esigenze avvertite dalla magistratura come necessarie per la
razionalizzazione del sistema.



Esse riguardano:



1)  ACCESSO AGLI
INCARICHI



La valutazione della ricaduta in
termini di efficienza della giurisdizione impone che venga
adeguatamente considerato l'indice di scopertura dell'ufficio di
provenienza del magistrato, per individuare il limite di tolleranza
sopportabile in un contesto in cui si assiste spesso ad un
progressivo e costante aumento delle scoperture alle quali
l'amministrazione giudiziaria non riesce a fare fronte.



A tal fine, ferma la necessità di
mantenere una cadenza almeno annuale per l'indizione del concorso
per l'accesso in magistratura, si avverte l'esigenza di ridurre il
numero dei magistrati fuori ruolo, anche in ragione delle numerose
deroghe alla ordinaria dotazione organica, effetto che può essere
raggiunto con una effettiva tipizzazione degli incarichi che
l'Organo di autogoverno può autorizzare, così finalmente
selezionando preventivamente quali di essi rispondono alle finalità
dell'istituto in precedenza evidenziate.



Sotto il profilo soggettivo, fatta
eccezione per gli incarichi apicali e strettamente fiduciari, 
per gli altri incarichi appare necessaria l'introduzione di
adeguate forme di pubblicità della "chiamata", seguita poi da una
selezione dei titoli degli aspiranti, quantomeno al fine di formare
una rosa di soggetti ritenuti adeguatamente attrezzati
culturalmente e professionalmente, all'interno della quale operare
la scelta.



Per gli incarichi di natura
fiduciaria, poiché è difficile assimilare la procedura di
autorizzazione a quelle concorsuali, si dovrebbe  incidere
sulla disciplina dei requisiti e presupposti che il singolo
magistrato deve possedere in caso di chiamata e delle condizioni
oggettive che  devono sussistere per ritenere in concreto
attuale l'interesse dell'Amministrazione Giudiziaria a "prestare"
il singolo all'Amministrazione richiedente.  A tal proposito,
sembra utile indicare che i requisiti soggettivi debbano consistere
nell'assenza di significativi rilievi disciplinari e nel
conseguimento almeno della seconda valutazione di professionalità,
con l'auspicio che il curriculum professionale dei prescelti sia
sempre all'altezza dell'incarico da ricoprire.  Essi
costituiscono presupposti che garantiscono compiutamente che il
singolo magistrato chiamato all'incarico possieda il necessario
bagaglio culturale e professionale che possa soddisfare la finalità
sottesa all'istituto.



2) DURATA



La l. 190/2012 individua in dieci
anni  il limite di durata massima del periodo spendibile fuori
ruolo per il singolo magistrato, consentendo che tale periodo possa
svolgersi in via continuativa.



Se il termine massimo di dieci anni
è coerente con la natura dell'istituto ed idoneo a evitare abusi
dello stesso, riconoscendo la peculiarità del positivo esercizio
della giurisdizione per la gran parte della carriera, tuttavia la
possibilità di trascorrere in via continuativa fuori-ruolo l'intero
periodo rischia di determinare l'impoverimento del singolo sotto il
profilo professionale. A tal proposito, appare inopportuna
l'ulteriore previsione di proroga per legge della durata degli
incarichi dei magistrati attualmente fuori-ruolo da più di un
decennio, possibile sulla base dell'art. 1, comma 71 della nuova
normativa per diverse categorie di incarichi.



La limitazione della durata del
singolo incarico a cinque anni, fatte salve deroghe predeterminate
e facilmente individuabili, e il divieto di transito da un incarico
ad un altro che comporti il superamento di tale limite appaiono
rimedi idonei a scongiurare il rischio di impoverimento
professionale.  Nel caso in cui la normazione  secondaria
dovesse optare per tale soluzione, appare ragionevole prevedere
(rectius: mantenere la previsione) di un intervallo minimo di tre
anni prima di poter assumere altro incarico fuori ruolo.



E', inoltre, opportuno che l'Organo
di autogoverno effettui una ricognizione e mappatura degli
incarichi rivalutando autonomamente la permanenza del concomitante
interesse dell'Amministrazione Giudiziaria, anche alla luce della
auspicata tipizzazione, al mantenimento della singola posizione
fuori ruolo.



3) VALUTAZIONE
DELL'ATTIVITÀ PRESTATA FUORI RUOLO



Certamente si pone un problema che
riguarda i criteri di valutazione dell'attività prestata fuori
ruolo ai fini della valutazione di professionalità del
singolo,  che soffrono di un livello di determinatezza
inferiore rispetto a quelli dettagliatamente previsti per i
magistrati in ruolo. L'attività fuori ruolo, che comunque deve
rientrare a pieno titolo nel curriculum del magistrato, non può
essere né privilegiata né sottovalutata rispetto a quella
giurisdizionale, sia sotto il profilo culturale che organizzativo,
all'atto dell'attribuzione di incarichi direttivi o semidirettivi o
di legittimità, ferma restando la sopra richiamata importanza del
positivo esercizio della giurisdizione per la gran parte della
carriera.



Un approccio obiettivo al tema
rende necessario assicurare che gli organi di autogoverno possano
disporre di precisi e dettagliati elementi di conoscenza
sull'attività svolta dal magistrato in posizione di fuori ruolo,
idonei, da un lato, a impedire che si creino situazioni di
vantaggio nelle valutazioni e, dall'altro,  atti ad evitare
inopportune sottovalutazioni del livello di professionalità
espresso nell'incarico fuori ruolo.



L'obbligo di una dettagliate
relazioni periodiche da parte del singolo magistrato che ricopre
l'incarico, che descriva ed analizzi la propria attività sotto ogni
profilo rilevante (organizzazione, finalità, risultati) e la
verifica in concreto della qualità dell'opera prestata e
dell'aggiornamento professionale durante tale periodo appaiono -
fra gli altri  -  possibili strumenti idonei a fornire
attendibili chiavi di lettura per gli organi deputati all'attività
valutativa.



Appare, dunque, imprescindibile la
necessità che il CSM individui specifici e obiettivi parametri per
le valutazioni di professionalità dei magistrati impiegati in
funzioni non giudiziarie.



4)  RIENTRO IN
RUOLO



La posizione fuori ruolo non deve
costituire un vantaggio o un canale preferenziale nel momento del
rientro in ruolo del singolo, determinando peraltro effetti
significativi sulla disciplina razionale della mobilità
orizzontale.



Il rientro in ruolo dei magistrati
al termine dei rispettivi incarichi va assicurato limitando il
ricorso al c.d. "concorso virtuale" ai soli casi assolutamente
necessari, al fine di eliminare ingiustificate disparità di
trattamento nelle procedure di trasferimento. Il ritorno
all'ufficio di provenienza deve essere la regola ed è auspicabile
che sia introdotta al riguardo la possibilità del rientro in
sovrannumero.




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